La manifestazione

Cantanti, manager, chef e malagiustizia: ecco la Leopolda di Salvini

Altro che Capitano, la svolta pro Draghi spinge il capo del Carroccio a cambiare formule politiche. Parola d'ordine: "Prima l'Italia"

Simone Canettieri

Sabato a Roma l'evento del leader della Lega. Niente comizio né bandiere di partito. Prove tecniche da federatore di centrodestra

Non è la spiaggia alcolica del Papeete, né il pratone nordista di Pontida. Matteo Salvini sceglie piazza della Bocca della Verità, a Roma, per adeguarsi al nuovo spirito del tempo. Ed è subito Matteo Zelig: radicale e referendario, con gli chef e le trattorie, un po’ liberal, attorniato da cantanti e attori, ma anche manager e “ospiti internazionali” pronti a collegarsi e a fare “ciao” con la manina. Un sabato da mattatore per Salvini. “Prima l’Italia: bella, libera e giusta”, è il titolo dell’evento che sfida il sole giaguaro delle quattro del pomeriggio. Per la prima volta non sono previsti simboli della Lega perché Salvini guarda al futuro, studia da leader federatore del centrodestra, il contenitore che può metterlo al riparo dall’avanzata di Giorgia Meloni. “Uno-due-tre: prova”. Niente comizi, hanno scocciato, pensa.

Meglio due ore di tutto e un po’: per raccontare la ripresa e le storie positive, la noia per le mascherine pronte a essere riposte in tasca all’aperto, senza bava alla bocca, se non per i casi di malagiustizia. Altro che “questi devono marcire in carcere”. Uno show, ma molto politico. “Quasi fighetto, per la prima volta”, racconta chi ha lavorato alla manifestazione. Una Leopolda di piazza, ma con l’altro Matteo. Una roba imponente – “con quattromila palloncini e altrettante bottigliette d’acqua” – nel solco della svolta draghiana. Un palco utile, tra le altre cose, a didascalie non banali: rivendicare i prossimi allentamenti in materia anti Covid, ribadire  insomma che l’agenda Draghi è quella della Lega.

“Sulle tasse per esempio noi e il premier la pensiamo alla stessa maniera: altro che Pd”. E sarà dunque un Salvini “no logo” come non lo si era mai visto. Poco leghista nel vestito e molto di centrodestra nell’anima. Per non divagare troppo ci saranno Simonetta Matone ed Enrico Michetti per ricordare che a ottobre, insomma, si vota nella capitale. Ma non saranno i candidati al Campidoglio, prosindaca e sindaco, i veri protagonisti del pomeriggio. I pezzi forti saranno altri. Sul palco si alterneranno imprenditori e manager come il ceo di Yamamay e Carpisa Gianluigi Cimmino. La quota chef sarà occupata  da Alessandro Circiello, quella delle trattorie e dei ristoranti sarà invece affidata a Paolo Bianchini dell’associazione Mio. Niente Va’ pensiero, come i tempi birrosi che furono su al nord, ma la voce flautata di Annalisa Minetti. Alla conduzione la coppia Hoara Borselli e Nicola Porro. Quest’ultimo curerà la parte sulla giustizia, con i sei referendum proposti da Lega e Partito radicale, il nuovo ticket forse bello, ma fino all’altro ieri di sicuro improbabile.  
Ci saranno alcune testimonianze e gli interventi – tra gli altri – di Giulia Bongiorno e Maurizio Turco. Tutti convocati nel Carroccio: ministri, governatori, sottosegretari e parlamentari. Sono le truppe più scettiche, anche se non lo possono dire, di questa ultima strambata del Capitano, che così non vuole più essere chiamato. Adesso si sente l’ad di una nuova “cosa” con Silvio Berlusconi  nel ruolo di presidente e Fratelli d’Italia a fare il  controcanto alle facili omologazioni.

L’ultima volta che Salvini scese in piazza risale a un anno fa. Era il 4 luglio, i vaccini non abitavano nei nostri pensieri, e con Tajani e Meloni si diede il cambio sul palco di piazza del Popolo. Non si poteva parlare di Mes, che piaceva agli azzurri. Il capo della Lega urlava contro la dittatura sanitaria di Giuseppe Conte e poi si buttava, senza mascherina, tra gli abbracci e le foto dei fan in un assembramento selvaggio. Sembra passata una vita.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.