L'intervista

"La mia Napoli deve essere straordinariamente normale". Parla Manfredi

Il candidato carezza: "Salvo Napoli con la buona educazione"

Carmelo Caruso

La città che annega nei debiti, l'eredità di De Magistris, la sfida con Maresca. "Mi ispiro a Delors. Non ho Whatsapp, La mia famiglia era socialista. Mia moglie non voleva che mi candidassi". Intervista a Gaetano Manfredi, ex ministro, candidato sindaco di Pd e M5s a Napoli

Roma. E’ la città dove è meglio perdere che vincere. Luigi De Magistris l’ha “scassata” come aveva promesso. I debiti sono circa cinque miliardi di euro. Se lo stato non decide di salvarla non resta che il dissesto. Perché ha accettato di candidarsi? “Perché Napoli ha già perso tutto. La centralità, il protagonismo. Ha esaurito energie. Mi hanno preso in giro quando ho chiesto tempo per decidere”. E infatti dicevano che Gaetano Manfredi non volesse correre alla carica di sindaco e che il suo prendere tempo, non era altro che incertezza, che la sua dimensione rimane l’università di cui è stato rettore, presidente della Crui. Ministro senza dubbio, ma sindaco chissà. Cosa le ha fatto cambiare idea? “Non l’ho mai cambiata. Al contrario. E’ così serio il mio impegno per Napoli che mi sono chiesto se fossi pronto a modificare la mia vita. Non voglio fare il sindaco di Napoli per velleità. Ho ottenuto tutto quello che potessi desiderare e ho avuto il privilegio di ottenerlo qui, in questa città. Ho detto sì a Pd e M5s perché io posso anche correre il rischio di perdere tutto, ma solo dopo aver restituito a Napoli qualcosa”.

 

Hanno anche detto che con quella faccia un po’ così, da galantuomo, non sarà mai capace di dire una cattiveria. La sua debolezza è la sua (buona) educazione? “E se invece fosse il mio meglio?”. Di De Magistris cosa ne pensa? “Che lascia una città stremata. Vede, sarebbe facile parlarne male. Ma non si amministrano le metropoli con le tossine, con il veleno. Le polemiche sono sempre offensive”. Quanti sono i debiti di Napoli? “Neppure li conosciamo. C’è un debito storico, c’è il debito delle società partecipate, i crediti inesigibili”. E’ vero che a Pd e M5s, al governo, ha premesso “mi candido ma solo se ripianate i debiti di Napoli”? “E davvero si è così stupidi da credere che aiutare Napoli sia un favore che viene fatto a un candidato? Quando dico che Napoli è una grande questione nazionale voglio dire che Napoli ha un valore simbolico inestimabile. Se Napoli fallisce è l’Italia che fallisce. Salvarla riguarda tutti. Sia destra, centro e sinistra”.

 

Si è capito perché Pd e M5s, a Napoli, hanno individuato la figura “vi tengo insieme”, il “candidato signor preside”? Hanno avuto la fortuna di trovare un napoletano alto-alto e magro-magro che non vuole essere simpatico a tutti i costi, ma perbene e dignitoso, corretto e misurato. Non ha WhatsApp sul telefono. E’ forse in lotta contro la tecnologia? “No, semplicemente possiedo ancora un vecchio Blackberry a cui sono molto affezionato. Ci tengo. Sarò costretto a cambiarlo”. E’ sposato e anche in questo caso, come nel caso di Gabriele Albertini, a Milano, la moglie non voleva che si candidasse. “Si preoccupa per me. Mangio poco, viaggio molto. Era insomma contrarissima ma senza di lei non sono niente”. Cosa votava da ragazzo? “Sono cresciuto in una famiglia che votava socialista”. Qualche voto radicale? “Di sicuro i loro temi, le libertà, i diritti sono stati temi che ho condiviso e sostenuto”. Impedire la candidatura dei magistrati in politica non è una bella battaglia radicale? “Mi preoccupa più la macchina amministrativa del comune che è vecchia, dipendenti anziani, per vincere sfide nuove come quelle del Pnrr”.

 

A sfidare Manfredi, a destra, c’è Catello Maresca che è appunto un pm. E sarebbe il candidato di tutto il centrodestra anche se lui se ne allontana e un po’ se ne vergogna e si presenta come “civico”. Pure Manfredi sarebbe un civico ma con i partiti. I simboli dunque non la imbarazzano come il suo avversario? “E perché dovrebbero. Non si può governare senza politica. Bisogna fare in modo che sia buona politica”. In pratica quale sarebbe la sua Napoli? “La città dalla straordinaria normalità. Ci sono i debiti ma poi c’è un guasto del carattere. E’ la tendenza a lasciare correre. E’ quel ‘è cosa ‘e niente’ di Eduardo”.  Chi è il suo grande vecchio? “Una figura che ho sempre apprezzato è stato Jacques Delors”. E Antonio Bassolino, che si candida, non andrebbe forse lodato? “Un politico importante. Ad Antonio rivolgo una carezza convinto che per il bene di Napoli ci troveremo”. Valeva la pena abiurare la fede juventina come ha fatto? “Nessuna abiura. Simpatizzo per la Juventus e non posso che essere il primo tifoso del Napoli”. Dopo Pd e M5s, vuole federare l’impossibile? “Solo sindaco di Napoli. Se i napoletani lo vorranno”.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio