Bruno Astorre, senatore, segretario del Pd in Lazio (foto LaPresse)

Astorre (Pd) invita il governo a "scegliere con la testa, e non con la pancia"

Valerio Valentini

Il segretario del Pd laziale, fedelissimo di Franceschini, spiega che "su Autostrade e Mes si rischia di fare danni, se si segue l'ideologismo. E sulle regionali, il M5s decida o a settembre ci sarà un problema"

Critiche? Avvertimenti. "No, considerazioni di buonsenso fatte ad alta voce, nulla più". E però, in una fase in cui il furore propagandistico e l'insensatezza di certo populismo di governo regnano sovrane, pure il buonsenso rischia di essere provocatorio. "Io chiedo solo che sulla revoca delle concessioni ad Autostrade, così come sul Mes, il governo decida sulla base di ciò che c'è scritto nelle carte, e non sulla base di ciò che suggeriscono le ideologie del momento", dice Bruno Astorre, segretario del Pd laziale che però, ci tiene a sottolinearlo, parla "solo da semplice senatore della Repubblica e membro della commissione dei Lavori pubblici e telecomunicazioni". E però, per quanto "semplice", il Astorre è pur sempre il più fidato dei senatori fedeli a Dario Franceschini, e dunque quasi mai le sue parole cadono inascoltate, all'interno del suo partito. 

 

Teme dunque, senatore Astorre, che le decisioni che Conte si appresta a prendere, su Autostrade e Mes, siano dettate da altro che non dalla ragione?

"Io dico solo che negli atti di governo il pregiudizio non sta bene, non aiuta a prendere le decisioni nel modo corretto. Se anziché utilizzare la testa, ci si affida alla pancia, su Autostrade come sul Mes si rischia di fare danni".

 

Eppure Goffredo Bettini, che ambo le chiavi del cor di Zingaretti tiene, stamane sul Corriere pare sposare la linea della fermezza di Conte e del M5s. Dice che la sinistra non deve più "usare i guanti bianchi coi poteri forti".

"Goffredo ha senz'altro ragione nel ricordarci che dobbiamo essere ed apparire il partito che sta dalla parte degli ultimi, che fa gli interessi dei cittadini meno fortunati. Lo siamo sempre stati, credo, anche se talvolta lo siamo apparsi meno per una certa narrazione che ci è stata cucita sopra, dal caso di Banca Etruria in poi. Detto questo, è proprio pensando all'interesse generale, del paese e dei lavoratori italiani, che dobbiamo ponderare bene le decisioni sui dossier più delicati, evitando di lasciarci condizionare dall'ideologismo. Forse Goffredo, nell'interlocuzione costante con Zingaretti o con altri esponenti di governo, ha avuto modo di leggere le carte del caso Atlantia. Io, che la proposta avanzata dai Benetton ho potuto leggerla solo sui giornali, mi sento di dovere fare questo semplice richiamo alla ragionevolezza". 

 

Ha letto però le carte del Mes.

"Quelle sì, certo. Approfonditamente. E mi sono convinto che nessun ulteriore indugio sia accettabile. Le uniche condizionalità presenti nel nuovo meccanismo del Mes consistono nel finanziare la spesa sanitaria diretta e indiretta: dunque, una decisione di merito va presa. Anche perché qui al Senato i numeri della maggioranza sono talmente risicati che l'ambiguità e l'incertezza del governo sui temi più importanti aumenta in modo pericoloso il rischio di incidenti e di imboscate".

  

Si riferisce alla seduta del Senato di mercoledì, quando si voteranno anche delle mozioni a favore del Mes come quella di Emma Bonino? Che farà il Pd in quel caso?

"Valuteremo nel merito, come al solito, accertandoci che non ci sia alcuna strumentalità nelle proposte avanzate. Non credo sia questo il momento di fare fughe in avanti, tanto più che abbiamo di fronte a noi giornate molto intense e tribolate. Tra il rinnovo delle commissioni, Aspi, e il Mes, ci aspetta un agosto caldo, temo, e non solo a livello metereologico. Senza contare che, ancora irrisolto, c'è anche un altro nodo politico. Che è centrale".

 

Quale?

"Quello delle elezioni regionali d'autunno. Quando Franceschini ha spinto per costruire un'alleanza col M5s, lo ha fatto nella consapevolezza che il Pd non sarebbe potuto riuscire, da solo, a fermare l'avanzata della destra. Del resto non tutta l'Italia è come l'Emilia-Romagna, dove Bonaccini ha vinto a gennaio. E un'alleanza di governo che non produce delle intese anche sui territori è un'alleanza che non ha respiro. Il M5s non può ignorarlo. Nelle Marche sarebbe incomprensibile un mancato sostegno al candidato del centrosinistra Maurizio Mangialardi, così come in Liguria. E, a ben vedere, anche in Puglia la situazione è un po' strana: posso capire che Calenda e Renzi non votino per Michele Emiliano, ma non riesco invece proprio a comprendere come il M5s possa rifiutarsi di appoggiare il governatore più filogrillino di tutto, uno che dall'Ilva alla Tap passando per la Xylella ha sostanzialmente condiviso quasi tutte le posizioni care al M5s".

 

Insomma, è un ultimatum?

"Figurarsi. Ognuno è libero di prendere le proprie decisioni. Dico solo che il 22 settembre, all'indomani della chiusura delle urne, se ci svegliamo con 17 regioni su 21 – contando anche Trento e Bolzano – in mano al centrodestra, un problema esiste. Ma non è un ultimatum".

 

E' buonsenso, certo. Che evidentemente esiste, nel Pd quantomeno; anche se troppo spesso, anche nel Pd, se ne sta nascosto per paura del senso comune.