Nicola Zingaretti, segretario del Pd (foto LaPresse)

Così su Autostrade il Pd si allinea al M5s. Renzi non ci sta

Redazione

Conte stralcia la proposta di Atlantia: "Lo stato non sarà mai socio dei Benetton". Bettini benedice la linea della fermezza: "La sinistra non usa più i guanti bianchi coi poteri forti". Italia viva si oppone

Giuseppe Conte mostra i muscoli, il Pd si adegua, Matteo Renzi protesta. L'istantanea del lunedì mattina lo immortala così, il travaglio della maggioranza di governo intorno alla gazzarra sulla revoca della concessione ad Autostrade.

 

Ad innescare la polemica è il premier, con un'intervista al Fatto Quotidiano in cui di fatto cestina senza troppo garbo la proposta transattiva inoltrata dai vertici di Atlantia al governo nel weekend. Quella, cioè, che prevedeva un esborso da parte della società di 3,4 miliardi in favore dello stato, e soprattutto la riduzione delle quote di Aspi detenute da Atlantia (cioè dei Benetton) sotto al 51 per cento. "Una risposta ampiamente insoddisfacente, per non dire imbarazzante", la liquida Conte. "Tutto meno che un’accettazione piena e incondizionata delle richieste del Governo". Il premier, poi, gioca anche la carta della propaganda emozionale: "I Benetton non prendono in giro il presidente del Consiglio e i ministri, ma i familiari delle vittime del Ponte Morandi e tutti gli italiani. Non hanno ancora capito che, dopo molti mesi, questo governo non accetterà di sacrificare il bene pubblico sull’altare dei loro interessi". Per poi bocciare in modo risoluto il senso di tutta l'operazione di Atlantia: "Sarebbe davvero paradossale se lo Stato entrasse in società con i Benetton", sentenzia Conte. "Non per questioni personali, che non esistono, ma per le gravi responsabilità accumulate dal management scelto e sostenuto dai Benetton nel corso degli anni dal crollo del Morandi e anche dopo".

 

Questo, si diceva, il passaggio decisivo. Perché se, come dice Conte, il governo non accetta alcuna forma di convivenza con i Benetton, allora qualsiasi mediazione sembra impossibile. Ed è un po' quello che, non a caso, si premura di segnalare, di buon mattino, Matteo Renzi. Che di avvisi ai naviganti, su Aspi, ne aveva già mandati. E che ora ribadisce che no, la via della revoca della concessione non è proprio percorribile. "La strada è un’altra. Se proprio lo Stato vuole tornare nella proprietà – dice l'ex premier su Facebook – l’unica possibilità è una operazione su Atlantia con un aumento di capitale e l’intervento di CDP. Operazione trasparente, società quotata, progetto industriale globale. Non ci sono alternative serie e credibili".

 

 

Soluzione, questa prospettata da Renzi, che tuttavia cozza evidentemente con la contrarietà di Conte ad avallare un ingresso dello stato nell'azionariato di una società dove ci sia dentro anche la famiglia Benetton. Il M5s la fa facile. Esulta di fronte alla rinnovata intransigenza di Conte (che d'altronde resta quello di: "Sul ponte di Genova non aspetteremo i tempi della giustizia penale"...) e dice che sì, con la revoca si può procedere spediti. "I sette miliardi di indennizzo per la revoca li sborserà il prossimo concessionario, e neppure un posto di lavoro verrà messo a rischio", dice il viceministro grillino ai Trasporti, Giancarlo Cancelleri, al Corriere.

 

Lo stesso giornale a cui concede un colloquio anche Goffredo Bettini. E il dato politico sta qui, nella convinzione con cui il gran suggeritore di Nicola Zingaretti sposa la linea  della fermezza grillina. "Sulle Autostrade ci sarebbero state da subito – dice Bettini a Maria Teresa Meli – tutte le ragioni per una revoca: inadempienze sulla manutenzione, il crollo del ponte di Genova, le tariffe tra le più alte d’Europa, con smisurati profitti ai Benetton. Ci sono pile di documentazioni che dimostrano nel merito come in questo caso il privato abbia provocato danni e disservizi". Insomma, si sarebbe potuti perfino agire prima. E ora, sembra suggerire Bettini, non si può più indugiare. E infatti prosegue: "Ma le voglio dire una cosa: la sinistra nel passato (per fortuna non ora) è stata troppo subalterna e intimorita di fronte alle grandi imprese globali industriali e finanziarie. Abbiamo usato i guanti bianchi con i grandi poteri, considerando, invece, le piccole e medie imprese radicate nei territori come i primi responsabili dell’evasione. Questa impostazione va radicalmente rovesciata". 

 

Nell'attesa di rovesciare l'impostazione, di certo Bettini pare rovesciare molti dei dubbi che il Pd, nelle scorse settimane, aveva espresso al riguardo della revoca, per bocca di parlamentari e dirigenti (non del suo segretario Zingaretti, che invece ha sempre evitato di esprimere una posizione di merito, al riguardo). E non è un caso, allora, che la svolta filogrillina di Bettini finisca per irritare più di un deputato e di un senatore dem: "Ma chi la ha decisa questa linea?", si chiedono. A"lmeno qualcuno ha deciso una linea. Che rispetto al nulla in un certo senso è un passo avanti", sbuffa, sconsolato, Matteo Orfini. "La decisione deve essere coerente con l’interesse pubblico, e non orientata da pregiudizi in un senso o nell’altro senso", precisa Andrea Marcucci, capogruppo del Pd a Palazzo Madama, quasi a volersi smarcare. Si preannuncia una giornata di passione. L'ennesima.

Di più su questi argomenti: