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Il buon “modello Emilia” sui rifiuti e il protagonismo della monnezza

Marianna Rizzini

Grandi progressi in questi anni per raggiungere l'autosufficienza nello smaltimento: Bonaccini: “Qui gli inceneritori iniziamo a spegnerli, mentre Salvini propone di costruirne uno in ogni provincia”

Roma. In principio fu il cosiddetto “Dies Iren”, ovvero, per dirla con Beppe Grillo e il M5s del 2012, il giorno che doveva sancire “la fine degli inceneritori” (dove Iren indicava il nome della multiutility che doveva realizzare l’inceneritore a Parma). “Non c’è una sola buona ragione per costruirli”, gli inceneritori, si leggeva sul blog dell’ex comico: “Danneggiano la salute, l’ambiente, fanno aumentare i costi dello smaltimento dei rifiuti scaricati poi sulla collettività”. Ma l’utopia-distopia purista si è scontrata presto, nell’Emilia-Romagna che tra due giorni va al voto, non soltanto con la realpolitik – lo stesso sindaco di Parma Federico Pizzarotti, poi uscito dal M5s, aveva difeso la scelta di siglare un patto con i sindaci pd della zona per il governo di Iren – ma con i dati che danno all’Emilia-Romagna la nomea di regione che sulla “monnezza” può essere considerata un modello. “Quando siamo subentrati alla guida di Parma – diceva Pizzarotti nel 2018 – la raccolta differenziata era al 49 per cento. Oggi è all’80 per cento… Molte città italiane ed europee vengono da noi per studiare il modello. Da noi, poi, la riduzione del consumo di suolo (chiamiamola cementificazione) è oggi prima in Italia”.

 

 

A Parma – diceva il sindaco, “abbiamo un termovalorizzatore che non è stato possibile chiudere, ma al tempo stesso abbiamo lavorato tanto per contenere la quantità di rifiuti urbani mandati a smaltimento aumentando la raccolta differenziata”. E ora ci si trova con la capitale d’Italia che sui rifiuti vive il pasticciaccio di Monte Carnevale (sito indicato dal sindaco di Roma a Cinque stelle Virginia Raggi per la nuova discarica, ma inviso a ben dodici consiglieri comunali del M5s come lei) e con l’Emilia che vede crescere la raccolta differenziata (68 per cento di media), con alcuni comuni che superano, con due anni di anticipo, gli obiettivi fissati dal Piano regionale di gestione dei rifiuti. Secondo i dati che si riferiscono al 2018, su tutte le province dell’Emilia-Romagna la raccolta differenziata dei rifiuti urbani è aumentata del 4 per cento rispetto all’anno precedente, con le punte di Parma (78,3 per cento), Reggio Emilia (77 per cento), Ferrara (76,2 per cento).

 

Esiste quindi, nei fatti, un “modello Emilia” che punta all’autosufficienza nello smaltimento: aumentare la percentuale di rifiuti destinati alla raccolta differenziata e il riciclaggio dei prodotti, e ridurre la produzione pro capite di rifiuti urbani. La strada per arrivarci? Ottimizzare gli impianti presenti, incrementare ulteriormente la raccolta differenziata (fino al 70 per cento entro il 2020), riciclando ove possibile, per raggiungere il 65 per cento di prodotti riciclati sul quantitativo totale. E pensare che il modello Emilia-Romagna era a un certo punto anche arrivato sul tavolo del sindaco di Roma (che aveva già visto dimettersi il suo primo assessore all’Ambiente, Paola Muraro). Dall’Emilia era arrivata infatti l’altro assessore Pinuccia Montanari, dimessasi un anno fa dopo la bocciatura da parte della giunta Raggi del bilancio di Ama. Dopo essersi a lungo occupata di rifiuti come assessore all’Ambiente a Reggio Emilia, Montanari a Roma parlava di “economia circolare del recupero” (oggetto di una legge varata in Emilia nel 2015) e “gestione dei flussi”, e su questi temi è stata paradossalmente accusata di eccessivo “ideologismo” da alcuni settori del Movimento che sui rifiuti aveva sempre ideologicamente agito. E quando, nel dicembre scorso, Matteo Salvini e la candidata leghista alla Regione Lucia Borgonzoni hanno attaccato il Pd per aver “trasformato l’Emilia-Romagna nella pattumiera d’Italia e di Roma in particolare, così da salvare la Raggi e Zingaretti”, Bonaccini aveva ribattuto: “Qui gli inceneritori iniziamo a spegnerli, mentre Salvini propone di costruirne uno in ogni provincia”. E l’immondizia, metaforicamente elevata dal suo stato, si conferma co-protagonista delle passate e future campagne elettorali.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.