Matteo Salvini (foto LaPresse)

La Corte ci porta verso uno splendido proporzionale

Claudio Cerasa

Argini al nazionalismo. La nuova legge elettorale aiuterà le alternative al salvinismo a competere sul riformismo. La Consulta, che assist!

La decisione della Corte costituzionale di bocciare la proposta farlocca di referendum maggioritario richiesto da otto consigli regionali teleguidati dalla Lega ha come primo effetto plastico quello di dare una spinta decisiva a un processo politico che con la spada di Damocle del referendum sarebbe stato più difficile rispetto a come si presenta oggi. Il processo a cui facciamo riferimento è quello legato al percorso della nuova legge elettorale e la possibilità che il Parlamento possa dotarsi in tempi ragionevoli di un sistema proporzionale simile a quello già depositato da Pd e M5s alla Camera (soglia di sbarramento al 5 per cento) è una buona notizia per tutti i partiti che in questa pazza fase della politica italiana sognano di arginare le derive populiste del nostro paese.

 

E’ una buona notizia per il Pd, perché la storia recente ha dimostrato che la rincorsa al voto utile avviene con più facilità quando ai maggioritari farlocchi si sostituiscono i proporzionali puri (vedi il caso delle europee). E’ una buona notizia per tutti coloro che sognano di non avere un Pd grillizzato, perché un proporzionale puro rende impossibile un accordo strutturale con il M5s (cosa che un pezzo di Pd vorrebbe). E’ una buona notizia per Forza Italia, perché avere una destra non truce a cui viene permesso di competere con una destra truce può permettere di trasformare un partito destinato a essere un vassallo di Salvini in un suo possibile antagonista. Ma è una buona notizia anche per quel partito che al momento non si vede e che tuttavia negli ultimi tempi sta facendo qualche passo in più in avanti per provare a esserci. Il partito a cui facciamo riferimento è un partito che un tempo si sarebbe chiamato di centro e che corrisponde a uno spazio politico formato da elettori che faticano a riconoscersi tanto in un centrodestra che sceglie di far propria l’agenda del nazionalismo quanto in un centrosinistra che sceglie di far propria l’agenda del grillismo.

 

A presidiare quello spazio ci sono oggi tre volti destinati a incrociare nel tempo i propri destini. Il primo è quello rappresentato da Matteo Renzi, la cui scissione non ha fatto male al Pd, che nei sondaggi si trova con percentuali superiori rispetto a quelle incassate alle elezioni del 2018 e ha contribuito a creare all’interno del governo una sfida al rialzo su alcuni temi importanti come le tasse e la giustizia. Il secondo volto è quello rappresentato da Carlo Calenda, il cui partito, ambizioso nelle idee, è destinato a convergere sempre di più con il partito di Renzi e con il partito di +Europa nelle occasioni in cui il Pd non riuscirà a evitare candidature come quelle sul modello Emiliano. Il terzo volto, che con questi primi progetti condivide lo spazio del pensiero ma non lo spazio della politica, è quello di Mara Carfagna che con la sua associazione da poco fondata potrebbe essere tentata un giorno di dare una spinta al processo di aggregazione di un nuovo centro.

 

Molto dipenderà dal destino che avrà la maggioranza di governo – è possibile che una vittoria della Lega in Emilia-Romagna possa mettere in discussione l’esecutivo, ma è difficile che metta in discussione la legislatura. Ma anche qui se il governo riuscirà a dare un senso alla sua storia e se il Pd riuscirà a portare avanti l’ambizioso processo di rinnovamento promesso da Nicola Zingaretti parte del merito sarà anche di quelli che molti giornali chiamano “litigi” e che altro non sono invece che “competizioni”.

 

Un Pd che si ritrova al suo fianco un soggetto che lo sfida sul terreno del riformismo e che in prospettiva potrebbe anche essere un alleato per provare a governare senza doversi nuovamente appoggiare al M5s è un Pd che è costretto a fare un qualche sforzo in più per tirare fuori il meglio di sé. E allo stesso modo un governo puntellato ogni giorno da un alleato a volte capriccioso che ha fatto della difesa del garantismo un suo punto di forza (vedi la prescrizione) è un governo costretto a fare qualche sforzo in più per non cedere sul tema del rispetto dello stato di diritto. Un giorno forse l’Italia avrà la fortuna di avere un maggioritario diverso rispetto a quello farlocco proposto dalla Lega per via referendaria. Ma nell’attesa che arrivi quel giorno e che gli elettori possano votare a livello nazionale con lo stesso metodo con cui votano nelle proprie città non resta che godersi uno degli effetti migliori innescati da un’Italia splendidamente avviata sulla via del proporzionale: competere sul riformismo per non morire di salvinismo.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.