Flash mob contro Salvini e la Lega a Milano (LaPresse)

Ne resterà una sola. La Lega chiude la Seconda Repubblica

Daniele Bonecchi

Piovono inchieste sul “vecchio” partito, ma al congresso conterà di più lo scontro di identità

Non ha l’aria dello tsunami l’inchiesta a strascico della procura di Genova sui 49 milioni confiscati in via definitiva alla Lega (spariti non si sa dove), che ha coinvolto l’assessore regionale all’Autonomia e alla Cultura Stefano Bruno Galli, ma l’accoppiata con la faccenda internazionale (Italia-Russia) che tocca l’imprenditore Bruno Caparini e famiglia, (il figlio Davide Carlo è assessore regionale), mentre sullo sfondo ci sono sempre gli incontri mai chiariti al Metropol di Mosca, non giova al congresso della Lega, ormai alle viste. Attilio Fontana, governatore lombardo, assicura “conosco troppo bene Stefano Bruno Galli per avere dei dubbi sulla sua specchiatezza, quindi si difenderà, farà quanto di sua competenza e la magistratura altrettanto”, ma il partito preferisce tenere il profilo basso, e non solo per motivi giudiziari.

 

Il fatto è che il congresso della Lega, in programma il 21 dicembre prossimo, è l’ultimo atto della Seconda Repubblica, e anche un’inevitabile resa dei conti (per quanto silenziosa) tra ciò che fu il partito del Senatùr e quello che è del Capitano. A un passo dal Natale, forse contando un po’ anche sulla distrazione generale, Matteo Salvini ha deciso di decretare la fine della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania e di far nascere ufficialmente la Lega per Salvini premier, altrimenti detta Lega Italia, il contenitore da 30 per cento dei consensi del sovranismo tricolore. Col vento in poppa, il Capitano avrà all’interno del partito (forse) anche un’opposizione di sua maestà. Le prove generali nel Comitato federale che ha fissato i paletti del congresso. Col ritorno di Umberto Bossi che dice, laconico: “Non si pensi di uccidere la Lega Nord”. E l’inossidabile Gianni Fava, epurato dalla Giunta regionale proprio da Matteo Salvini, che spiega all’AdnKronos: “Io avrei preferito che il partito della Lega fosse rimasto in mano ai leghisti”. Più che dissenso (concetto difficile in un partito di solida tradizione “stalinista”), una caparbia difesa dell’autonomia dei territori, che deve confrontarsi con la totale adesione al sovranismo nazionale.

  

Si è consolidato infatti – complice l’atteggiamento defilato di Salvini – un fronte pro autonomia differenziata, nel singolare format voluto dal ministro per gli affari regionali Francesco Boccia. Che l’ha ricostruita a immagine e somiglianza dei sindaci metropolitani Sala, Raggi, De Magistris. Giorni fa, in teleconferenza, i sindaci hanno confermato “la volontà comune di formulare, in un approccio propositivo verso il governo, alcune proposte di carattere concreto per migliorare l’efficacia dell’azione politica e amministrativa sui propri territori. I sindaci concordano sull’utilità di affrontare unitariamente criticità particolari che accomunano le grandi aree metropolitane cittadine (come trasporto pubblico locale, edilizia scolastica, case popolari, ma non solo), anche in ottica di test sperimentale rispetto alle altre città metropolitane”.

 

Dunque, autonomia, a partire dalla proposta di Luca Zaia, governatore veneto irriducibile, passando poi per la soluzione di Attilio Fontana, cauto e pragmatico, senza dimenticare Stefano Bonaccini, che a fine mese si gioca la riconferma in Emilia Romagna proprio contro la candidata sovranista di Salvini. L’autonomia è l’ultimo bastione della Lega delle origini, che guida le regioni più dinamiche senza scossoni né tentazioni “autoritarie”.

 

Marco Formentini, uno dei fondatori della Lega di Bossi, primo “borgomastro” di Milano, non può che dare un giudizio senza appello del nuovo corso: “Io ho lasciato la Lega per ragioni precise e queste stesse ragioni sono quelle che oggi vengono confermate dalla posizione presa da Salvini. Non mi sorprende nulla, è logico che la Lega abbia abbandonato l’aspetto libertario, assumendo un volto più combattivo che magari può rendere in termini elettorali ma poi non c’è progetto, in definitiva. Non resta molto dell’idea autonomista delle origini, fatico a trovarlo, trovo più le idee di Fini o della Meloni che non quelle di Bossi”. E l’autonomia? “Il fronte dell’autonomia è l’unica bandiera rimasta – conferma Formentini - ma anche quella va realizzata veramente. Non so come vivano questa contraddizione gli amici Fontana e Zaia, che sono autonomisti convinti. La ferocia salviniana e l’autonomia, sembrano fronti opposti”.

 

Già, fronti opposti: il nuovo statuto ha cancellato la norma, interna all’articolo 33, relativa agli iscritti. Il Consiglio federale ha infatti abrogato la parte di testo dove si legge che “la qualifica di Associato ordinario militante è incompatibile con l’iscrizione o l’adesione a qualsiasi altro partito o movimento politico, associazione segreta, occulta o massonica, a liste civiche non autorizzate”. Un modo – spiegano – per facilitare il passaggio alla Lega per Salvini premier dei tesserati del partito di oggi. Iscritti che sono molti di più dei 15 mila certificati. Intanto sul sito leganord.org campeggia il calendario delle manifestazioni contro il Mes e tutte le iniziative alle quali partecipa Salvini. Il tesseramento 2019 è sospeso (in vista del nuovo soggetto politico). Ma nessuna notizia sul congresso fondativo della Lega Italia. In compenso fa bella mostra un video della trasmissione di Mario Giordano che spiega il Mes: “Un meccanismo per aiutare le banche tedesche”. A ognuno il suo.

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