Foto Tambako The Jaguar via Flickr

Sarà il trasformismo a salvare l'Europa

Claudio Cerasa

La svolta leghista sull’euro rilanciata da Ft e Telegraph, il ritorno della coalizione di centrodestra, i passi del M5s verso il Pd, la nuova fase dei sovranismi. L’estremismo non va più tanto di moda e le giravolte dei populisti italiani diventano un esempio in Europa

L’intervista rilasciata oggi al Foglio dall’ex ministro della Lega Gian Marco Centinaio conferma che in giro per l’Europa non esistono più rilevanti movimenti antisistema disposti a far rientrare la messa in discussione dell’euro nella propria grammatica euroscettica. Centinaio – prendendo spunto dalle parole rilasciate lunedì al Foglio da Matteo Salvini, che ha definito l’euro nientepopodimeno che “irreversibile”, un anno dopo averlo definito “reversibile” sempre su questo giornale – dice che “la voglia di protagonismo mediatico di qualcuno non può confondersi con il programma politico della Lega” e sostiene che ormai “anche all’estero i movimenti sovranisti chiedono meno Europa ma hanno smesso da tempo di dire ‘No euro’”.

 

Le parole di Centinaio mettono a fuoco un tema che ha una sua rilevanza sia a livello europeo sia a livello italiano. A livello europeo è sufficiente scorrere la lista dei partiti euroscettici appartenenti allo stesso gruppo parlamentare della Lega per capire che ormai all’interno della famiglia euroscettica resta solo l’AfD a essere diffidente nei confronti dell’euro. A gennaio, Marine Le Pen ha affermato che “adottare una nuova moneta non è più la priorità” e pochi mesi dopo lo stesso hanno affermato i leader del partito della Comunità fiamminga del Belgio. Oggi la svolta pro euro riguarda il più importante partito sovranista presente in Europa e non è un caso che le parole consegnate lunedì scorso da Salvini abbiano colpito molti osservatori fuori dall’Italia. Se ne è accorto ieri sul Telegraph l’international business editor del giornale, Ambrose Evans-Pritchard e se ne è accorto ieri sul Financial Times anche Wolfgang Münchau, che nella sua newsletter quotidiana ha notato che la Lega sta provando a fare di tutto per presentarsi di fronte agli elettori con un profilo più moderato. Il tempo ci dirà se il tentativo disperato di Salvini di essere altro rispetto a quello che è potrà mai dare i suoi frutti. Ma intanto la svolta della Lega e il tramonto dell’internazionale antieuro in Europa sono due fatti importanti che per quanto possano essere reversibili – come segnalato deliziosamente sulla Stampa da Mattia Feltri – non possono non essere registrati.

 

 

E’ un fatto la svolta della Lega. E’ un fatto la fine degli antieuro in Europa. E’ un fatto il tentativo di Boris Johnson di dare vita a una Brexit contenente il minor tasso possibile di antieuropeismo. Così come è un fatto che l’Italia del post populismo si stia candidando a diventare in Europa un incredibile esempio sul modo in cui l’incontro con la realtà possa in qualche modo educare i partiti antisistema. L’essere diventati nel giro di pochi mesi un laboratorio dell’antipopulismo dopo essere stati per molti mesi un laboratorio del populismo è un privilegio che il nostro paese si può permettere grazie alla certificazione plastica del fallimento dell’esperienza populista di governo. E se si vogliono mettere in fila i fatti, non si potrà non notare che i due partiti antisistema che hanno guidato l’Italia per quattordici mesi arrivando a pensare di poter costruire insieme un percorso politico extra governativo per rendere strutturale la saldatura populista, oggi si ritrovano in uno scenario difficilmente immaginabile fino a qualche mese fa: la Lega, oltre ad aver messo da parte la retorica antieuro, è stata costretta a mettere da parte anche la retorica isolazionista all’interno del centrodestra, e mai come oggi, pur tra mille sbuffi, sa quanto sia importante avere al proprio fianco un partito appartenente a una famiglia politica europea affidabile come può essere Forza Italia (sabato il Cav. sarà in piazza con Salvini contro il governo).

 

Dall’altra parte si può essere scettici quanto si vuole sulla possibilità che il Pd, come sembra volere Nicola Zingaretti, possa costruire un rapporto stabile e strutturale con il M5s (e noi lo siamo). Ma non si può non ritenere un fatto rilevante la possibilità che un movimento antisistema come il Movimento 5 stelle dopo aver rinnegato le battaglie contro l’euro, dopo aver rinnegato le proprie battaglie contro l’Europa, dopo aver rinnegato le proprie battaglie contro il Parlamento arrivi ora a rinnegare anche un altro tratto del suo essere antisistema considerando possibile un’alleanza con il Pd capace di andare anche oltre l’esperienza di governo.

 

 

E in un’Europa instabile, tra Brexit, Catalogna, gilet gialli e scricchiolii tedeschi, l’Italia non può essere considerata come un esempio virtuoso di stabilità (e nemmeno di crescita) ma può essere tranquillamente considerata un esempio di come si trasforma il rischio d’instabilità (vedi alla voce pieni poteri a un partito antieuropeista) in un’opportunità per stabilizzare il sistema. Non basterà certo una svolta per trasformare un populismo impresentabile in un populismo presentabile, ma nell’attesa di avere dei partiti antipopulisti all’altezza della sfida, i fatti ci dicono che il trasformismo dei populisti è forse una delle migliori notizie registrate in Europa negli ultimi mesi. Aprite gli occhi: il mondo sta cambiando.

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.