Matteo Salvini a Pontida (foto LaPresse)

Prove di Salvini 2.0

Annalisa Chirico

Fedeltà all’atlantismo (“senza se e senza ma”). Rassicurazioni sull’Europa (“non voglio uscire”). Chiarezza sull’euro (“assolutamente irreversibile”). E poi Conte, Di Maio, Renzi, Zingaretti, Trump, Savoini, le tasse, la giustizia e le idee per la Lega che verrà. Una chiacchierata con Matteo Salvini

“Quanto è costato quel tweet?”. Matteo Salvini si concede una pausa caffè tra una lezione e un selfie con i giovani partecipanti alla Scuola di Fino a prova contraria a Napoli. Il tweet a cui si riferisce l’ex ministro dell’Interno è il celebre “Giuseppi”, endorsement trumpiano al premier Giuseppe Conte il quale, gli facciamo notare, ha dichiarato di non essere servo di nessuno. Anzi, si è paragonato a Bettino Craxi. “Conte come Craxi? Penso che Craxi si rivolterebbe nella tomba. Con tutte le distanze e le battaglie fatte a suo tempo contro il Psi, io ero un ragazzino, ricordo che a Sigonella Craxi la schiena non la piegò. Conte ha fatto il contrario. Venne da me imbarazzato, scusandosi, quando uscì fuori il video in cui chiedeva consiglio ad Angela Merkel. Ma ti pare che il presidente di uno stato sovrano pietisca consigli su come arginare l’avanzata di uno che ti ha portato al governo? Tra Craxi e Conte esiste un abisso, sono come il giorno e la notte. La verità è che ormai il presidente del Consiglio ha perso la testa, è capace di dire qualunque cosa”.

 

“Conte come Craxi? Ricordo che a Sigonella Craxi la schiena non la piegò. Conte ha fatto il contrario con la Merkel”

Il Russiagate che ha inseguito lei per mesi, adesso porterà il premier a riferire dinanzi al Copasir circa gli incontri organizzati tra l’Attorney general statunitense e i vertici dei nostri servizi segreti. Siamo alla nemesi? “Il tempo è galantuomo, sempre e comunque. Io cerco di non condizionare mai la mia attività politica dalle vicende giudiziarie, sennò dovrei cambiare idea ogni quarto d’ora. La giustizia è uno dei grandi problemi del nostro paese. A me hanno chiesto se avessi preso soldi dalla Russia ma non ho mai visto un rublo o un dollaro. Setaccino pure: non troveranno nulla. Non so se Conte abbia fatto qualcosa di sbagliato ma, a giudicare dalle dichiarazioni degli ultimi giorni, lo hanno smentito tutti. Tira in ballo Mattarella e viene smentito da Mattarella; tira in ballo gli americani e viene smentito dagli americani; tira in ballo i servizi segreti e viene smentito dai servizi segreti; tira in ballo il Pd e viene attaccato dal Pd. Conte ha la coscienza sporca. O è abbastanza confuso o non ha la coscienza a posto”.

  

Lo scorso 15 agosto, cinque giorni prima che il premier Conte desse a lei il benservito con il discorso in Senato, il direttore del Dis Gennaro Vecchione, su richiesta del premier, ha incontrato il ministro della Giustizia americano William Barr. Il tweet d Donald Trump è del 27 agosto. Coincidenze? “La domanda che sorge spontanea è: in cambio di cosa? Trump che arriva a definire Conte un uomo di enorme talento… sì, va bene, ma in cambio di cosa? Lo scopriremo solo vivendo. Il Copasir adesso ha un presidente, il nostro Volpi, e svolgerà i dovuti approfondimenti. Mi sembra che in questo caso si parli di fatti concreti, non di fuffa come la storia dei rubli che io non ho mai visto”.

  

“Trump che arriva a definire Conte un uomo di enorme talento… sì, va bene, ma in cambio di cosa? Lo scopriremo solo vivendo”

Lei forse no, ma c’è qualcuno che, usando il nome della Lega, negoziava affari al Metropol di Mosca. Matteo Renzi ha chiesto più volte perché lei, in qualità di segretario della Lega, non abbia querelato Gianluca Savoini per diffamazione. “A differenza sua, io non batto cassa con le querele, nella mia vita non mi ha mai mosso la sete di denaro. Non querelo quasi mai nessuno, neanche gli avversari e i giornalisti che ogni giorno me ne dicono di tutti i colori. Ho querelato Roberto Saviano, lui sì, perché ‘ministro della malavita’ è troppo. Penso che se sporgessi ogni volta querela, avrei già comprato un castello ma io non sono fatto così. Al di là delle indiscrezioni giornalistiche, io non vedo reati in questa storia moscovita. Perché dovrei mettere alla gogna una persona per mezza intercettazione smozzicata? Non agisco in base agli audio rubati, non è il mio metodo, non è la mia forma mentis. Savoini non è un dirigente della Lega, lo conosco come una persona perbene. In generale, se qualcuno sbaglia paga, se è della Lega paga doppio, e se prende soldi viene cacciato, anzi lo prendo a calci nel sedere. C’è una procura che indaga da mesi, ripongo massima fiducia nel lavoro dei magistrati milanesi. Mi devono dimostrare che sono usciti i soldi. Sa qual è la mia previsione? Che questa storia finirà in una bolla di sapone”.

  

Tornando al Russiagate: lei ha capito perché Conte abbia tenuto per sé la delega ai servizi e abbia voluto a capo del Dis Vecchione? Voglio dire: persona rispettabilissima, un generale di divisione, ma inferiore in grado, per esempio, all’attuale numero uno dell’Aise, Luciano Carta, che è un generale di corpo d’armata. “Le rispondo così: questioni di famiglia. A parte tutto, quando al governo si è in due, ti assumi onori e oneri. Alcune nomine le abbiamo sbagliate, altre no. Così come i provvedimenti: tornando indietro non rifarei il reddito di cittadinanza, di certo non nel modo in cui è stato fatto. Purtroppo era una misura bandiera dei Cinque stelle: prendere o lasciare. Non c’è stato verso di farli ragionare, adesso vediamo che due volte su tre ci sono irregolarità, che magari lo pigliano gli ex terroristi e non chi ha davvero bisogno. Il reddito di cittadinanza non fa parte della mia mentalità, non è il core business della Lega. Secondo me questo paese ha necessità di un massiccio taglio delle tasse per chi fa impresa, non di redistribuire redditi prima che essi vengano creati. Se non crei ricchezza, redistribuisci povertà. I navigator dovevano servire a reinserire le persone nel circuito lavorativo, mi pare che in Campania De Luca non li abbia assunti. Quindi a Napoli c’è il reddito d cittadinanza ma non ci sono i navigator, insomma si naviga a vista, tanto c'è il sindaco De Magistris sulla tolda di comando, siamo in ottime mani…”.

  


Idee per una Lega non truce. “Io voglio stare in Europa, e non per passione ideale ma perché nel mondo di oggi l’Italia, fuori dall’Europa, è destinata a non contare nulla. E sulla Russia…”


   

Senatore, lei ha una straordinaria capacità di farsi nemici. O di farsi fraintendere, non so. Partiamo dagli Stati Uniti. Nei quattordici mesi di governo lei è stato il più filoamericano nella coalizione gialloverde. Alcuni esempi: sul Venezuela e l’opposizione a Maduro; sul memorandum d’intesa con la Cina fortemente voluto dal M5s; sul 5G e l’esercizio del Golden power con i Cinque stelle contrari. Nel suo appartamento c’è una bandiera a stelle e strisce… Allora, perché non fa chiarezza una volta per tutte? “Io detesto le etichette, sempre. Vorrei essere giudicato per i fatti, per le cose che faccio. Io sono italiano a favore degli italiani”.

  

“Per guidare la Farnesina servono competenze specifiche, devi saper maneggiare con disinvoltura la politica estera, la diplomazia, la geopolitica, le lingue straniere… I casi sono due: o Di Maio è un genio o Di Maio si vende per poco. Sarà la storia a giudicare”

Per un uomo di stato le relazioni internazionali non sono un dettaglio: vanno curate. Lei vive di impeti… ma così fa un gran casino. “Un po’ è vero, nel senso che negli scorsi mesi non sono riuscito a eccellere in ogni cosa, non sono onnipotente, qualcosa mi è sfuggito. Mi sono accorto, per esempio, che mentre io ero molto scettico sul memorandum d’intesa con la Cina, qualcun altro se ne faceva promotore a mia insaputa. S’impara anche dai propri errori. Ma chi mette in dubbio il mio atlantismo merita uno sberleffo. L’Italia fa parte della Nato, e l’Alleanza atlantica è funzionale al nostro interesse nazionale. Dico soltanto che è utile anche coltivare buoni rapporti con la Russia piuttosto che litigare con la Russia, è più utile avvicinare la Russia al contesto europeo piuttosto che abbandonarla in mani cinesi. Noto che al governo qualcuno tiene rapporti forti con il colosso cinese, e nessuno dice niente, nessun giornalista fa un’inchiesta per approfondire certi legami, niente. Si vede che Pechino è una grande democrazia”.

  

A margine dell’Assemblea delle Nazioni unite, l’imprenditore Davide Casaleggio, presidente dell’Associazione Rousseau, ha tenuto uno speech sulla cittadinanza digitale. Qualcuno lo ha criticato perché a New York c’era pure il ministro Luigi Di Maio. Ha visto che ora è diventato ministro degli Esteri? “Fantascienza: quando l’ho letto, non ci credevo. Va bene tutto ma un minimo di umiltà nella vita ci vuole. Se l’avessero proposto a me, che pure non difetto di autostima, avrei detto: no, grazie. Non ci si può improvvisare così, bisogna avere rispetto delle istituzioni. So che detto da me può suonare strano, i miei avversari mi dipingono come un mezzo eversivo ma io ho un enorme rispetto delle istituzioni. Quando ho lasciato il Viminale, me lo ha confermato l’affetto della gente che ci lavora ogni giorno. Il ministro dell’Interno puoi farlo al massimo se stai dietro ai dossier e hai una squadra all’altezza: io, in quattordici mesi, ho dimezzato gli sbarchi. Punto. Ma per guidare la Farnesina servono competenze specifiche, devi saper maneggiare con disinvoltura la politica estera, la diplomazia, la geopolitica, le lingue straniere… I casi sono due: o Di Maio è un genio o Di Maio si vende per poco. Sarà la storia a giudicare”.

   

Risposta secca, senatore: il suo modello di democrazia è Mosca o Washington? “La seconda, non ho dubbi. Premesso che non mi appassionano i modelli preconfezionati, è chiaro che la democrazia russa ha pochi anni alle spalle, quella americana qualche secolo. Se è per questo, anche il ‘sogno americano’, il suo immaginario culturale sono intriganti perché diversi dal nostro. Io sono sempre incuriosito dal diverso. Mi descrivono come un gretto che vuole innalzare muri: ma quali muri? Ma quale chiusura? Io dico: apriamo le finestre, aria, aria… senza farci fregare però. Quando tornerò al governo, perché ci tornerò dalla porta principale, sogno di mettere attorno allo stesso tavolo Mosca e Washington: è meglio tenere con loro il filo del dialogo piuttosto che sentir parlare di riarmo e missili a medio raggio, come stava facendo la Russia qualche tempo fa. Non voglio che i miei figli crescano in un continente dove ci si riarma con i missili a medio raggio”.

  

 

In passato, lei ha elogiato la politica dei dazi, ora però l’Italia rischia di subire un grave danno economico in seguito all’entrata in vigore, il 18 ottobre, di quelli autorizzati dal Wto. Su questo, il presidente Trump si può criticare? “Trump persegue l’interesse nazionale americano. Sui dazi: ce ne sono di buoni e di cattivi. Il riso italiano, per esempio, va protetto con i dazi, e se malauguratamente li togli, come ha fatto in passato l’Europa salvo poi cambiare idea, il mercato del riso viene invaso da quello proveniente dalla Cambogia e dal Vietnam che impiegano i bambini per un dollaro al giorno e usano fertilizzanti e pesticidi vietati da noi. Alcuni dazi servono a proteggere la qualità, l’eccellenza italiana, ma anche un certo modo di concepire il lavoro e i diritti dei lavoratori”.

   

I dazi in questione rispondono ad aiuti di stato, ritenuti illegali, a favore di Airbus, una partita che non ha riguardato l’Italia. “Siamo cornuti e mazziati! Guardi, quando mi dicono: tu vuoi uscire dall’Europa, io penso: ma di cosa stanno parlando? Di cosa ciarlano? Chi parla così vive di schematismi, non conosce la realtà che è ben più complessa. Io voglio stare in Europa, non per passione ideale ma perché nel mondo di oggi l’Italia, fuori dall’Europa, è destinata a non contare nulla, a essere una provincia del mondo. Dico però che ‘questa’ Europa, così com’è, non va. Va riformata. Trump vuole questi dazi per ripicca nei confronti dell’Europa che, secondo l’accusa, avrebbe protetto l’industria aeronautica francese e tedesca. Perfetto: francesi e tedeschi sbagliano e i dazi ce li prendiamo noi! Sulla Russia i tedeschi sbagliano e i dazi ce li prendiamo noi, adesso sulla Turchia qualcuno sbaglia e magari le conseguenze si scaricano di nuovo sull’Italia… Evidentemente contiamo poco a livello internazionale ma sono sicuro che adesso che c’è ‘Giuseppi’, lui saprà cavarci d’impaccio”.

 

  

“La Lega non ha in testa l’uscita dell’Italia dall’euro o dall’Unione europea. Lo dico ancora meglio, così i giornalisti smetteranno di alimentare fantasie strane: l’euro è irreversibile. Ciò non significa che io abbia cambiato idea su com’è nata la moneta unica: è nata male, per interesse di pochi”

Se parliamo di isolamento italiano, lei ha inseguito per mesi i paesi di Visegrád dai quali, francamente, non ha ricavato nulla sul fronte immigrazione. Le alleanze in Europa sono il suo tallone d’Achille, lo sa pure lei. “Certo che lo so, e quando tornerò a governare imposteremo un discorso nuovo in Europa. Per renderla più forte e per contare di più. Io sono un pragmatico: i problemi sono abituato a risolverli, non a crearli, per questo era impossibile continuare a governare con chi voleva soltanto mantenere la poltrona, non fare le cose. Io, al Viminale, ho portato risultati certificati dai numeri. Vado a memoria: gli sbarchi nel 2017 erano stati 120 mila, nel 2018 sono stati 23 mila, nel 2019 settemila. Per me vale il motto: ‘Chi fa da sé fa per tre’. Se avessi dovuto aspettare gli accordi di Malta, Conte, Merkel e Macron, campa cavallo… al terzo vertice ho capito che aria tirava e ho detto ai miei: qua o facciamo noi oppure ci prendono per fessi. Risultato: entro un paio di mesi il Tribunale dei ministri deciderà se devo essere processato per sequestro di persona aggravato e continuato per la presenza di minori a bordo, pena prevista fino a quindici anni di carcere”.

  

Stiamo sull’Europa: anche il presidente della Repubblica Mattarella ha detto che il Patto di stabilità va riformato. Lo dice pure lei, ma con Borghi accanto. Ci dica la verità: per lei l’euro è reversibile oppure no? “Lo dico una volta per tutte, e poi spero che nessuno, dentro e fuori il mio partito, sollevi di nuovo questo tema. La Lega non ha in testa l’uscita dell’Italia dall’euro o dall’Unione europea. Lo dico ancora meglio, così i giornalisti smetteranno di alimentare fantasie strane: l’euro è irreversibile. Ciò non significa che io abbia cambiato idea su com’è nata la moneta unica: è nata male, per interesse di pochi e a vantaggio di molti.

   


“Nessun imbarazzo” per l’alleanza con AfD in Europa. “Questa del fascista è l’etichetta che mi ricamano addosso da quindici anni… Non c’è alcun pericolo che tornino nazismo o fascismo”. Il ricatto della Turchia: “Avete forse visto reazioni sdegnate, manifestazioni di piazza?”. “A Palazzo Chigi arriverò dalla porta principale”


  

È evidente che uno fa la minestra con gli ingredienti che ha, nel contesto attuale sei chiamato a ridurre il danno, restando in Europa e cercando di cambiare le norme più strampalate, come quelle che regolano l’erogazione del credito, le transazioni economiche… Avete visto che è stata bocciata la candidata alla Commissione europea, la più europeista degli europeisti, una signora che ha lavorato con Monti, con Prodi, indicata da da Macron”.

 

Si riferisce alla francese Sylvie Goulard, designata al Mercato interno. “L’hanno segata giustamente perché aveva macroscopici conflitti di interessi, era finita in uno scandalo per l’uso dei rimborsi da europarlamentare… a conferma che non basta il santo patrono”.

 

Lei la farebbe una conferenza con la stampa estera per dire, una volta per tutte, che la Lega non vuole l’Italexit? “L’ho già detto cento volte ma se la fa sentire più tranquilla va bene, facciamola”.

 

“La Lega nel Ppe? Né io né Giorgetti né altri esponenti della Lega ci sogneremmo mai di entrare nell’attuale Ppe a trazione Merkel, ci sono interessi evidentemente contrapposti. Anche perché il Ppe sta governando l’Europa con i socialisti, e io onestamente non ho niente a che fare con questi minestroni”

Giancarlo Giorgetti non esclude che la Lega possa entrare nel Ppe. Del resto, perché il premier ungherese Orbán sì e voi no? “No, attenzione. Io e Giorgetti abbiamo buoni rapporti con alcuni movimenti che fanno parte dei popolari europei ma né io né Giorgetti né altri esponenti della Lega ci sogneremmo mai di entrare nell’attuale Ppe a trazione Merkel. Oggi abbiamo interessi contrapposti. Il Ppe sta governando l’Europa con i socialisti, io onestamente non ho niente a che fare con questi minestroni”.

 

In Europa, senatore, siete alleati con quelli di AfD, i cui esponenti, in base a una recente sentenza del tribunale amministrativo di Meiningen, sono stati dichiarati “fascisti”. Non prova qualche imbarazzo? “Nessun imbarazzo, le spiego perché. Questa del fascista è l’etichetta che mi ricamano addosso da quindici anni. Se uno in Germania dovesse farsi un’idea di me e della Lega dalla stampa italiana, penserebbe di avere a che fare con un criminale. Per come vengo ritratto, io stesso avrei paura a incontrarmi. In democrazia però contano i cittadini. Alle ultime elezioni regionali gli amici di AfD hanno preso milioni di voti: o i tedeschi son diventati tutti fascisti, nazisti, trogloditi e antisemiti, oppure non è come ce la raccontano. Siamo nel 2019: non c’è alcun pericolo che tornino nazismo o fascismo, entrambi puniti dalla storia”.

 

Un deputato leghista è sotto inchiesta per vilipendio nei confronti del presidente Mattarella. Le chiedo: secondo lei, è un’accusa giusta o è diritto di critica? “Ha usato toni esagerati che non condivido. In generale, io non sono mai per processare le idee. In passato, abbiamo raccolto le firme per abrogare i reati di opinione: secondo me, tutte le idee, anche le più strampalate, hanno diritto di cittadinanza. Uno può dire che Stalin era un grande, che Hitler era un grande, secondo me erano matti entrambi ma non mi sentirei di arrestare chi la pensa così. Confuto le tesi altrui con idee suffragate da fatti e verità storiche”.

  

Non ho capito: il reato di vilipendio al capo dello stato va abolito? “Non è una mia priorità”.

 

La Turchia di Erdogan, che ha già ottenuto da Bruxelles sei miliardi di euro per blindare la rotta balcanica, adesso minaccia di mandare 3,6 milioni di rifugiati in Europa. “La Turchia ha detto chiaramente: se non mi lasciate sterminare i curdi e osate parlare di ‘invasione’ della Siria, apro le porte a milioni di profughi. L’ha detto, cioè non ha mandato un messaggio velato ma ha lanciato un ricatto in piena regola. Avete forse visto reazioni sdegnate, manifestazioni di piazza, bandiere della pace, arcobaleni, sollevazioni di femministe o di centri sociali? Niente, silenzio, sembrano tutti distratti, eppure è in corso un vero e proprio massacro contro la minoranza curda che ha già pagato un tributo di sangue per difendere l’occidente contro l’Isis. Con l’aggravante che oggi i bombardamenti turchi nella Siria settentrionale hanno già fatto scappare i primi detenuti dell’Isis. Con il silenzio se non la complicità dell’Italia, dell’Europa e della Nato, qualcuno porta avanti un’operazione di pulizia etnica per interessi nazionali interni, rischiando di mandare a piede libero centinaia di detenuti dell’Isis. Molti di costoro provengono da paesi europei, quindi non stupiamoci poi se le bombe siriane provocassero, dio non voglia, problemi a Napoli o a Milano”.

 

 

Lei chiede più Europa? “L’Europa, quando serve, non c’è. Una politica estera europea non esiste, così come non esiste un esercito europeo. Piuttosto che dialogare con il regime turco che qualcuno vorrebbe addirittura membro dell’Ue, in quella parte di mondo bisogna rafforzare il dialogo con una potenza come Israele che resta l’unica democrazia del medio oriente. Forse il mio difetto è che lo dico gratis, lo dico perché lo penso, mentre altri personaggi parlano su comando, sono più manovrabili e influenzabili, perciò in questa fase appaiono più utili. Io però resto quello che sono, e non sono in vendita”.

  

 

Stiamo sull’immigrazione: la bozza di accordo per i ricollocamenti preventivi, siglata tra Malta, Italia, Francia e Germania, fatica a decollare. “Io sono abituato a giudicare i fatti, non le parole. Conte sembrava così entusiasta, ci ha spiegato che siamo a un passo da una rivoluzione planetaria. Forse il governo ha scoperto di colpo che per fare un accordo non basta che lo firmi tu, devono firmarlo pure gli altri. Il testo di cui si parla riguarda solo gli sbarchi via Ong e navi militari, meno del 10 per cento degli arrivi. Su 28 paesi membri hanno aderito in tre: un successone”.

  

Non tifi per il fallimento, senatore: se fallisce il governo, fallisce l’Italia. “Io indosso la maglia del mio paese ogni giorno, non me ne sto seduto in attesa dell’errore. Se fanno qualcosa di giusto, se ne azzeccano una, io sono contento. A me sembra che le sbaglino tutte: c’è troppa improvvisazione, troppa propaganda”.

  

A proposito di propaganda, il governo ha varato il decreto rimpatri che taglia i tempi da due anni a quattro mesi, così ha detto il ministro Di Maio. “Vede, questo significa vendere bufale. Non c’è una formula magica per ottenere questo risultato: tu puoi pure espellere il migrante per rimandarlo in Senegal ma il Senegal se lo deve prendere. Mi ha stupito che l’abbia firmato pure il ministro Luciana Lamorgese che è un tecnico, un prefetto che conosco e stimo. Al tempo dei governi a guida Pd, Lamorgese eseguiva gli ordini, quindi si occupava di smistare migliaia di immigrati in giro per il Veneto e per la Lombardia. Questo non è il mio approccio. Adesso che è a capo del Viminale, spetta a lei impartire gli ordini, non riceverli. I numeri disponibili sul sito del ministero dicono a me e agli italiani che in un mese di governo giallorosso siamo passati dai 22 arrivi al giorno della gestione Salvini agli 80 della gestione Conte- Renzi-Di Maio-Zingaretti-Boldrini… Possono usare parole bellissime ma io li giudico dai fatti”.

  

Lei adesso è un “senatore semplice”, come dice l’altro Matteo, Renzi, che però, da senatore semplice, ad agosto le ha fatto un bello scherzetto. “Da Renzi mi aspetto di tutto, è uno di quelli che tifa Fiorentina ma per convenienza sarebbe disposto a tifare Juve per poi passare al Napoli, al Milan, all’Inter”.

 

Lo fa il confronto televisivo da Bruno Vespa? “Io sono uno sempre aperto al confronto. Certo, preferirei confrontarmi con Di Maio o con la Fornero che inseguo da anni per un dialogo civile, pacato e democratico. Dovrò accontentarmi di Renzi”.

  

C’è qualcosa che invidia all’ex premier? Lui ha governato per mille giorni. “Io a Palazzo Chigi ci arriverò dalla porta principale, cioè dalle elezioni. Continuano a rinfacciarmi di aver detto ‘pieni poteri’: un’espressione forse equivoca ma sarei l’unico dittatore che chiede di dare la parola agli italiani. Renzi invece ha paura delle urne perché il suo partito è dato fra il tre e il cinque per cento. Una cosa gliela invidio: lui ha la capacità, di cui io sono sprovvisto, di cambiare idea ogni quarto d’ora. Forse dovrei imparare da questa spregiudicatezza: vai al governo per portare a casa ministri, viceministri e sottosegretari, il giorno dopo fondi un nuovo partito. A me fa schifo questo modo di intendere la politica. Se mai io perdessi la voglia di impegnarmi nella Lega, non riuscirei a cambiare partito, a cambiare squadra, a cambiare casacca. Se faccio una cosa è quella: se mi stanco, non prendo in giro la gente”.

  

E’ vero che lei vorrebbe incontrare Papa Francesco? “Stando ai giornali, non so quante volte avrei chiesto un incontro con il Pontefice. La verità è che io non l’ho mai chiesto. Certo, come tutti i cattolici avrei piacere a incontrare il capo della cristianità dal quale ho solo da imparare. E poi ho la fortuna di incontrare quotidianamente frati, suore, monache, missionari, parroci di periferia”.

 

Tutta questa esibizione di crocifissi e madonnine non sembra molto gradita. “Non m’importa: se una signora mi regala un rosario, io lo conservo con orgoglio. E’ un simbolo di fede e della nostra cultura, la civiltà cristiana, le nostre radici. Chi si vergogna delle proprie radici è destinato a scomparire”.

 

Autonomia differenziata: il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha annunciato una legge quadro. Il governatore Luca Zaia prevede che si andrà alle calende greche. “Il rischio è concreto: questo governo temporeggia su tutto. La storia che l’autonomia farebbe male al sud non sta in piedi: l’autonomia fa meglio al sud che al nord. Penso al caso rifiuti: l’anno scorso la regione Campania, a spese dei contribuenti, ha spedito in altre regioni italiane e all’estero 300 mila tonnellate di rifiuti. Eppure in altre parti d’Italia e del mondo i rifiuti sono una ricchezza perché diventano calore ed energia; interi quartieri e intere città sono riscaldati grazie alla valorizzazione dei rifiuti”.

 

Per farlo, però, servono i termovalorizzatori: l’Italia ne ha 40, la Germania 96, la Francia 126. “In Campania preferiscono tenerli per strada e farci i roghi tossici o le discariche abusive. Non è solo un problema di Napoli: a Roma quel genio della Raggi vuole spedire l’immondizia in Bulgaria, Svezia e Danimarca. Noi paghiamo e quelli, con i nostri rifiuti, fanno i soldi. Autonomia vuol dire che, se sei bravo, ti premio; se non sei capace ti mando a casa. Autonomia fa rima con responsabilità e merito. Autonomia vuol dire che ti vengo a chiedere conto di quello che fai, e questo vale pure per le liste d’attesa in ambito sanitario. E’ immorale che i campani o i calabresi debbano attraversare mezza Italia, in treno o in aereo, per curarsi. Allora, la domanda che pongo a De Luca e agli altri: se già oggi esistono due sanità, due scuole, due sistemi economici differenti, la colpa è dell’autonomia che non c’è?”.

 

Trivelle: il piano, contenuto nel decreto semplificazioni del passato governo, rischia di arenarsi. “Io sono contrario alle estrazioni sottocosta ma questi geni vorrebbero bloccare le estrazioni in corso. A proposito di retroattività, io non so quanti di voi siano andati in vacanza a Viggiano, in Val D’Agri, nella splendida terra lucana. Migliaia di famiglie vivono di quello: se tu blocchi gli impianti, le getti nella disperazione. Ovunque, nel mondo, quando trovano il petrolio, fanno festa, da noi sembra una iattura, un flagello. La decrescita felice è una boiata pazzesca: se uno s’impoverisce, non è felice e s’incazza. Noi abbiamo provato, per un anno, a contaminare il nostro ex alleato, a convincere i Cinque stelle a cambiare impostazione culturale, ma non ci siamo riusciti. Per la manovra finanziaria ormai pensano a tasse su ogni cosa, stanno rispolverando persino quella sulle bibite gassate e sul chinotto. Intanto la flat tax per le partite Iva fino ai 100 mila euro l’hanno già cancellata, e quella per i redditi fino a 65 mila vogliono burocratizzarla. Vogliono terrorizzare i ceti produttivi del paese proprio in un momento in cui serve una spinta alla crescita e agli investimenti. Del resto, viviamo in un paese dove s’impiegano dieci anni per riscuotere un credito, non c’è certezza della legge, incontro molti imprenditori che vorrebbero investire ma sono dissuasi perché non si fidano del nostro sistema giudiziario. Qui, se qualcuno ti frega, prima di tornare in possesso della tua azienda devi aspettare chissà quanti anni, il caso Ilva è istruttivo. Non sappiamo che fine farà l’acciaieria: se il governo decide di applicare retroattivamente la norma sulla responsabilità ambientale, l’Ilva rischia di chiudere. L’Italia, la seconda potenza industriale d’Europa, non può rinunciare all’acciaio”.

  

La giustizia inefficiente rende il paese meno competitivo. “L’altro giorno ho letto a pagina 19 del Corriere un trafiletto di dieci righe che dava notizia della conclusione con piena assoluzione dell’inchiesta Finmeccanica per la commessa di elicotteri Agusta in India. L’allora ad Giuseppe Orsi fu arrestato, la vicenda ebbe un enorme clamore e, all’epoca, s’indagò pure per tangenti inesistenti a favore della Lega. Le accuse sono cadute nel nulla ma la stampa se l’è scordato e i cittadini non lo sapranno mai”.

  

“La cultura dei Cinque stelle prevede che gli italiani siano sessanta milioni di presunti colpevoli, fino a prova contraria. E’ la barbarie. Abbiamo provato a cambiarli: non ci siamo riusciti”. “Qualcuno ha notizie di Zingaretti? Da settimane non si hanno notizie di lui, mentre Renzi, che è uscito dal Pd, parla per il Pd”

Si vede che il tema giustizia le è caro: uno degli ultimi Cdm del governo gialloverde durò nove ore per la sua opposizione alla riforma Bonafede. “Ogni quindici giorni dicevo a Bonafede: amico mio, qua il primo gennaio scatta la sospensione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Per evitarlo, dobbiamo velocizzare i processi. A che punto siamo? Niente, la sua riforma era acqua fresca. Mi dava sempre la stessa risposta: sto studiando con i tecnici”. E lei ci credeva? “Volevo crederci. Lui mi diceva: sto studiando. Ad aprile, a maggio, a giugno, a luglio… mi diceva sempre che stava studiando. A un certo punto, gli ho detto: così non funziona. Se togli la prescrizione e non rendi i processi più rapidi, il cittadino diventa un imputato a vita. Io penso inoltre che vada introdotto un criterio di merito e responsabilità nelle aule giudiziarie: se un giudice non scrive una sentenza nei novanta giorni, deve incorrere in una sanzione, come ogni altro lavoratore. Io voglio vivere in un paese dove ci sono sessanta milioni di presunti innocenti, fino a prova contraria. La cultura dei Cinque stelle prevede invece che gli italiani siano sessanta milioni di presunti colpevoli, fino a prova contraria. E’ la barbarie. Abbiamo provato a cambiarli: non ci siamo riusciti”.

  

Secondo lei, sulla prescrizione il Pd terrà il punto? “Quelli ingoiano la qualunque per restare al governo. Io sono preoccupato: qualcuno ha notizie di Zingaretti? Qualcuno lo ha visto ultimamente? Da settimane non si hanno notizie di Zingaretti mentre Renzi, che è uscito dal Pd, parla per il Pd”.

 

Silvio Berlusconi ha aderito alla manifestazione del 19 ottobre a Roma. E’ contento? “Più gente c’è meglio è”.

 

Finga un po’ di entusiasmo, senatore. “Io non sono mica per escludere qualcuno. Sono uno inclusivo. Però si guarda avanti. In Umbria, è vero, c’è il cosiddetto centrodestra, però c’è pure la lista civica degli amministratori, c’è una lista civica del presidente, ci sono gli imprenditori… Non si possono proporre le ricette del ‘94 agli italiani del 2020. Bisogna guardare avanti con immaginazione e fantasia. Bisogna pensare a candidature nuove”.

  

 

Renzi punta sul coté rosa della sua nuova creatura politica, Italia Viva. L’ex premier ha detto che per ogni ruolo ci saranno un uomo e una donna. “Fossi donna, mi sentirei terribilmente offesa. Io voglio persone competenti per un determinato ruolo: magari ci sono due donne e nessun uomo. Perché un maschio e una femmina? In Umbria e in Emilia-Romagna noi candidiamo alla presidenza della regione due donne come Donatella Tesei e Lucia Borgonzoni. Le ho scelte perché sono brave e capaci, non per andare in televisione a fare il fenomeno. Io sono contrario alle quote di genere”.

 

Senatore, sta facendo la trottola per la campagna elettorale umbra. Uno s’immagina che, a sera, lei si rilassi guardando “Temptation Island” o un altro reality. Invece? “Io, per rilassarmi, guardo il solito programma di pesca in tv. L’amo, la superficie dell’acqua, l’attesa. Mi riposo così”.

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