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Mappa ragionata di chi vuole cosa al summit di Malta sui migranti

Luca Gambardella

E' il giorno del vertice alla Valletta per creare un sistema di quote. Germania possibilista, Francia più cauta. La strada è in salita ma potrebbe essere il primo passo per una svolta. Qui trovate tutto quello che c'è da sapere

E’ il giorno del summit di Malta sui migranti e si vedrà alla fine di questa giornata se l’azione diplomatica avviata con nuovo vigore dal governo rossogiallo darà qualche risultato. Negli ultimi giorni, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese hanno avuto diversi incontri bilaterali con i principali partner europei disposti a discutere sul tema dell’accoglienza. Qui intendiamo allora spiegare per bene chi, tra i paesi che partecipano al summit, vuole cosa e perché il mini vertice della Valletta è considerato così importante.

 

 

Cosa è il summit di Malta, chi partecipa e cosa vuole ottenere

Il vertice della Valletta in programma oggi è stato voluto fortemente dai governi di Italia e Malta. Le basi per questo incontro sono state poste lo scorso luglio, in occasione di una riunione a Helsinki in cui il nostro paese era rappresentato dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. L’obiettivo della riunione è di creare un sistema di accoglienza dei migranti sbarcati in questi due paesi e di distribuirli con quote fisse tra i paesi europei che decidono di aderire al progetto. Gli stati partecipanti al momento sono pochi: oltre a Italia e Malta ci sono anche Germania, Francia, Finlandia – che è il paese che ha la presidenza di turno dell’Ue – e la Commissione Ue. Al momento, Roma e La Valletta sono i due più interessati a trovare a una soluzione, in quanto paesi di primo arrivo dei migranti che attraversano il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Il Regolamento di Dublino (formalmente si tratta del Regolamento Ue n. 604/2013”) è entrato in vigore il 1° gennaio del 2014 e definisce i criteri per determinare quale stato dell’Ue debba prendere in carico la richiesta di asilo presentata da un cittadino terzo o apolide in uno degli stati membri. In Europa infatti non esiste ancora una politica comune d’asilo, che permetterebbe al cittadino di scegliere autonomamente a quale paese dell’Ue fare domanda di asilo. Oggi, solo uno stato membro può prendere in esame una richiesta di protezione internazionale e quello stato, secondo quanto preciso dal Regolamento di Dublino, è quello di primo ingresso. E’ per questo che Italia e Malta sono i più interessati a trovare una soluzione e spingono molto per una riforma radicale del sistema attuale (qui trovate tutti i motivi che hanno portato la riforma di Dublino, finora, ad arenarsi). Al summit di Malta i quatto paesi volenterosi vogliono creare un sistema che deroghi in via provvisoria a questo principio generale: l’idea è che i migranti arrivati in Italia e a Malta vengano fatti sbarcare e che poi siano ricollocati tra i paesi che aderiscono dove potranno fare richiesta di asilo. Un sistema simile – limitato ai soli richiedenti asilo – era già stato messo in piedi nel 2015 in tutta l’Ue, ma dopo appena tre anni il sistema di fatto è morto, anche perché alcuni paesi europei non hanno mai accolto nemmeno una persona (è il caso di Ungheria e Polonia, che insieme a Slovacchia e Repubblica Ceca formano il Gruppo di Visegrád, che ancora oggi rifiuta qualunque condivisione degli oneri dell’accoglienza). Ora si spera che le cose vadano diversamente: Italia e Malta puntano molto ad allargare il più possibile il numero dei paesi coinvolti in questo sistema. Ma la strada, come detto, è in salita perché ogni paese ha interessi talvolta configgenti. Qui sotto vi spieghiamo chi vuole cosa.

 


Giuseppe Conte col premier maltese Joseph Muscat (foto LaPresse)


 

 

Italia e Malta

Il governo italiano e quello maltese hanno piani simili. Entrambi si aspettano che gli altri paesi accolgano almeno una parte dei migranti sbarcati, sia richiedenti asilo sia i cosiddetti migranti economici. Chiedono anche che il modo in cui queste persone sono arrivate sulle proprie coste – sia in modo autonomo, cioè direttamente coi barconi con i quali sono salpati da Libia o Tunisia, sia con salvataggi compiuti dalle Guardie costiere o da ong – non siano un discrimine e che anche questi vengano suddivisi in altri paesi. Il distinguo non è irrilevante perché gli sbarchi autonomi sono molti di più dei salvataggi (in Italia, per esempio, nel 2019, i primi sono stati 6.760, i secondi appena 1.344). Inoltre, entrambi i paesi sostengono un sistema sanzionatorio o, per meglio dire, di compensazione, per gli stati che si rifiutano di accogliere i migranti promessi (si parla di “multe” pari a circa 30 mila euro per persona non accolta). Il piano di Conte è di arrivare al Consiglio europeo dei ministri dell’Interno (il 7 ottobre a Lussemburgo) con una buona base di accordo da allargare ad altri paesi.

 


Horst Seehofer (foto LaPresse)


 

Germania

Berlino è la più volenterosa tra i partecipanti al vertice di Malta. Questo perché la Germania è il paese europeo che accoglie il maggior numero di richieste d’asilo (139.600 l’anno scorso, 98 mila solo quest’anno) e che si trova indirettamente tra due fuochi: quello della rotta del Mediterraneo centrale e quello della rotta balcanica. L’accordo con la Turchia che finora ha chiuso il rubinetto dei migranti lungo la rotta orientale ora sta mostrando le prime crepe e rischia di dovere essere rinegoziato sotto le minacce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan (qui spieghiamo il perché). Così, per evitare una nuova crisi dei migranti come quella del 2015, il ministro dell’Interno Horst Seehofer è pronto a dialogare su più tavoli per gestire in modo controllato e regole certe i flussi migratori. La Germania si è già detta pronta ad accogliere il 25 per cento dei migranti (compresi quelli economici). La promessa è stata rinnovata al nostro ministro Lamorgese anche in occasione del vertice della scorsa settimana a Berlino con lo stesso Seehofer, che in cambio ha avuto rassicurazioni sulla conclusione dell’accordo sui movimenti secondari che interessa molto alla Germania (leggete qui e capirete perché, si tratta di numeri notevoli). Una decisione importante che ha anche attirato diverse critiche nei confronti di Seehofer, sia da parte della destra estrema dell’Afd sia di partiti più moderati, come i cristianodemocratici della Cdu e della Csu (di cui lo stesso Seehofer fa parte). Lui si difende e dice che i princìpi di “umanità e legalità” devono prevalere e che il suo obiettivo – quello di limitare le richieste di asilo entro le 200 mila unità – sarà ampiamente garantito alla fine dell’anno.

 


 

Emmanuel Macron e Sergio Mattarella (foto LaPresse)


 

Francia

In Francia la situazione è un po’ più complessa e le posizioni del presidente francese Emmanuel Macron sono molto più stringenti. La Francia si è detta pronta a trattare sulla quota dei migranti solo a due condizioni: che non si tratti di migranti economici ma solo di richiedenti asilo e che si ricollochino solo quelli arrivati a Malta e in Italia dopo operazioni di soccorso. Si tratta di due paletti che a Roma e La Valletta difficilmente potranno essere accolti perché limitano di molto il numero dei migranti ricollegabili. Ma perché Macron è così rigido? Prima di tutto per motivi elettorali: in Francia si torna al voto fra sei mesi per le amministrative e il partito centrista del presidente, “En Marche!”, dovrà vedersela ancora un volta con la destra estrema del Rassemblement national di Marine Le Pen. I sondaggi recenti dicono che l’elettorato di destra è estremamente sensibile alle politiche migratorie (la pensa così il 64 per cento di loro) e che negli ultimi anni, dati i numeri elevati dei migranti, non si sente più a casa nel proprio paese. Tra 15 giorni all’Assemblea parlamentare francese inizierà il dibattito sulla riforma della politica d’asilo. La settimana scorsa Macron ha detto che l’immigrazione è un tema che “va guardato in faccia” senza pregiudizi “borghesi” che rischiano di non dare attenzione adeguata alle esigenze del popolo. I socialisti hanno definito una mezza truffa la mossa di Macron che, da un lato, è accusato di avere parlato molto senza presentare proposte concrete, dall’altro starebbe tentando di mettere sul tavolo il tema delle domande d’asilo per distogliere l’attenzione da altre riforme importanti (transizione ecologica, politica fiscale e pensioni). Macron dice di volere regole certe per gestire i flussi migratori. Ma a Malta, se vorrà davvero trovare un accordo, dovrà cedere su qualcosa. Le incognite sono molte.

 

Unione europea

L’Ue non è competente per le politiche d’accoglienza dei migranti perché gli stati membri hanno sempre custodito gelosamente le responsabilità nazionali per la gestione delle frontiere. Finora, la Commissione Ue è stata chiamata in ballo solo per facilitare i negoziati tra i paesi membri ogni volta che si è presentata un’emergenza con le navi ong (in questi mesi l’ha fatto soprattutto il governo italiano con Matteo Salvini). Ora, bisogna sfatare un mito sovranista: è falso dire che “Bruxelles non vuole trovare una soluzione”. Il Berlaymont ha già ideato una bozza di accordo per un sistema automatico e obbligatorio di spartizione dei migranti tra tutti i paesi membri. Nel 2017 la sua proposta è stata emendata e approvata dal Parlamento europeo. Se oggi si è fermi al punto di partenza è perché non è mai arrivato il via libera definitivo del Consiglio europeo, che è composto dai governi dei 28 stati membri.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.