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L'Europa si è già presa i nostri migranti

David Carretta

Da Lifeline alle “linee rosse” al vertice Ue. Numeri oltre la propaganda

Bruxelles. La nave Lifeline è entrata ieri nel porto di La Valletta, i 234 migranti a bordo hanno ricevuto i primi soccorsi, poi saranno ricollocati in otto paesi europei – tra cui l’Italia – che hanno dato disponibilità per la redistribuzione. Lifeline sarà messa sotto sequestro, e Malta si occuperà dell’inchiesta sull’operato di questa nave dell’ong tedesca. “Altro successo del governo italiano”, ha tuittato il ministro dell’Interno Matteo Salvini, “dopo anni di parole, in un mese arrivano i fatti!”. Dopo Aquarius, un’altra nave di una ong è stata dirottata in porti non italiani, e questo per il governo italiano rappresenta al meglio “il cambio di paradigma” nelle discussioni europee sull’immigrazione e il nuovo ruolo energico dell’Italia. Alcune fonti hanno confermato ieri le “linee rosse” poste dall’Italia: senza un meccanismo di condivisione dei migranti salvati in mare – con l’apertura di altri porti e la redistribuzione – il governo italiano non darà il via libera alle conclusioni del Consiglio europeo che si apre oggi a Bruxelles.

 

Quale sia la direzione imboccata – respingimenti unilaterali? – e quali saranno le conseguenze è ancora da vedere. La retorica italiana del “siamo da soli” ad affrontare un’emergenza che riguarda tutti – da cui la proposta di trasformare i confini italiani in confini europei – inizia a trovare molti detrattori, e i dati raccontano una storia diversa rispetto a quella che ancora ieri ha spiegato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Prima di tutto non siamo in una fase di emergenza, essendoci stata una sostanziale diminuzione degli sbarchi e un cambiamento delle rotte: secondo gli ultimi dati, dal primo al 24 giugno, per esempio, la Spagna ha registrato 5.300 arrivi, l’Italia 2.964. In secondo luogo centinaia di migliaia dei 700 mila migranti che sono sbarcati in Italia dal 2013 a oggi – gli irregolari di cui l’Italia non può farsi carico da sola e che nelle intenzioni del governo dovrebbero essere tutti rimpatriati, e paesi come l’Ungheria si offrono, in questo unico caso, di dare una mano – sono già diventati richiedenti asilo di responsabilità del resto d’Europa. 

 

Gran parte di questi 684 mila migranti sbarcati in Italia in cinque anni è partita dagli hotspot di Pozzallo o Taranto, ha attraversato i valichi di Ventimiglia o Bardonecchia malgrado i gendarmi francesi, ha superato il Brennero nonostante la minaccia di carri armati e barriere, e ha raggiunto la Germania, la Francia, l’Olanda, il Regno Unito, perfino la Norvegia per chiedere o richiedere nuovamente asilo. Ben prima della crisi dei migranti del 2015 i movimenti secondari – i migranti che dal paese di primo ingresso si spostano in altri stati membri, in violazione delle attuali regole di Dublino – erano serviti a liberare l’Italia dalla pressione migratoria. Nonostante la stretta imposta dall’Ue nei punti di sbarco (hotspot, impronte digitali, richieste di creare centri chiusi) e la chiusura di diverse frontiere (il dispositivo messo in pratica dalla Francia attorno ai valichi o i controlli tra Germania e Austria), in questi anni l’Italia ha continuato a condividere con il resto d’Europa buona parte del fardello migratorio in un meccanismo informale di ripartizione dei migranti. Gli alleati europei del ministro dell’Interno Matteo Salvini, come il cancelliere austriaco Sebastian Kurz o il collega tedesco Horst Seehofer, si sono stancati di questa redistribuzione di fatto al punto da minacciare il futuro del governo di Angela Merkel in Germania e da tagliare fuori l’Italia dall’area Schengen. “I tedeschi dicono che le 68 mila domande di asilo in Germania quest’anno devono essere in qualche modo legate ai movimenti secondari”, spiega al Foglio una fonte comunitaria. 

 

Le statistiche di Eurostat sulle richieste di asilo sembrano confermare che l’esodo intraeuropeo oggi è soprattutto dall’Italia verso il nord. Dal marzo del 2016, in seguito all’accordo contestatissimo con la Turchia (che ora diventa un modello da imitare anche in Libia) e alle frontiere messe dai paesi dell’est Europa sulla rotta dei Balcani, la Grecia è stata isolata dal resto dell’Ue: fuori dalla zona Schengen, di fatto. I numeri lo confermano: nel 2017 la Grecia ha ricevuto 58.650 richieste di asilo a fronte di 42.305 ingressi dalla Turchia e 6.396 dall’Albania. Per contro, lo scorso anno ci sono state 222 mila richieste di asilo in Germania e 99 mila in Francia.

 

I dati dei primi tre mesi del 2018 confermano il trend: la Germania ha avuto circa 40.140 mila domande di asilo, la Francia 27.195, l’Italia 18.760. Come prima del 2015, cioè prima della grande emergenza, quella sì, delle migrazioni, quando c’era una ripartizione interna informale nell’Ue con i movimenti secondari, Germania e Francia stanno registrando richieste di asilo doppie rispetto all’Italia. “Il numero di migranti irregolari individuati dalla Francia, che erano stati identificati perché avevano precedentemente chiesto asilo o avevano attraversato illegalmente la frontiera in Italia, è aumentato sostanzialmente tra il 2016 e il 2017”, spiega Frontex nel suo ultimo rapporto Risk Analysis: “Molti migranti irregolari transitano in Francia con l’intenzione di raggiungere il Regno Unito”, con buona pace del governo inglese che, per evitare la libera circolazione delle persone, si troverà a dover gestire frontiere per merci e capitali molto problematiche.

 

I dati sui richiedenti asilo e migranti sono per loro natura delle stime, tanto più quando si tratta di presenze illegali o irregolari sul territorio. Tra albanesi che non si riescono a rimpatriare, badanti rumene in nero che non si sono registrate, cinesi con passaporti di qualche familiare deceduto e studenti americani a cui è scaduto il visto, il numero complessivo potrebbe essere molto superiore ai 500-600-700 mila che, prima e dopo le elezioni, veniva sventolato per invocare espulsioni di massa. Ma le stime e le statistiche sul numero di migranti irregolari mostrano cifre significativamente più basse. L’Ocse, utilizzando proiezioni di dati del 2009, ha scritto che i migranti irregolari in Italia sono tra i 279 e i 461 mila. Secondo i dati di Eurostat, invece, nel 2017 in Italia sono stati individuati 36.230 migranti presenti illegalmente sul suo territorio contro i 156.710 della Germania, i 115.085 della Francia e i 54.910 del Regno Unito. Nel suo ultimo rapporto Risk Analysis, l’agenzia Frontex ha indicato che nel 2017 il numero di migranti presenti illegalmente nel territorio dell’Unione europea era di 435.786: senza dare cifre precise paese per paese, nella classifica l’Italia si posizionava comunque dietro a Francia, Germania, Polonia e Austria. La maggioranza dei migranti illegali individuati “continua a essere associata con gli effetti dei movimenti secondari dei migranti che sono entrati nell’area Schengen/Ue dalla rotta del Mediterraneo centrale”, ha spiegato Frontex. Tradotto: dall’Italia.
Allora quanti migranti accoglie effettivamente l’Italia? Il numero di “migranti in accoglienza” è pari a 167.739, secondo i dati del ministero dell’Interno aggiornati al 31 maggio scorso. Insomma, buona parte dei 700 mila sbarcati si è incamminato verso nord, e questo è dimostrato dalle richieste di asilo fatte negli altri paesi, dal momento che è da escludere che tutti questi migranti siano arrivati con un volo diretto su Francoforte o Parigi.

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