Angela Merkel e Pedro Sanchez. Foto LaPresse

Tsipras, Sánchez e la "coalizione dei volenterosi"

David Carretta

Atene e Barcellona vanno in aiuto della Merkel contro le azioni unilaterali sui migranti dell’“asse degli ingrati”

Bruxelles. Alexis Tsipras e Pedro Sánchez si sono arruolati nella “coalizione dei volenterosi” di Angela Merkel ancor prima che la cancelliera l’annunciasse ieri al Bundestag per aggirare un mancato accordo sulla “soluzione europea” alla crisi politica dei migranti. Qualche ora prima del veto minacciato dall’Italia ieri sera sulle conclusioni del Consiglio europeo – niente voto senza la parte sui migranti, ha detto il premier Giuseppe Conte – Federica Mogherini diceva “niente panico” perché “i numeri sono gestibili”. La crisi politica tocca Bruxelles, dove i capi di stato e di governo sono più divisi che mai su campi di detenzione dentro l’Ue, centri di sbarco extra-Ue, superamento del principio di responsabilità dei paesi di primo ingresso. La crisi politica tocca soprattutto Berlino, dove Merkel subisce l’offensiva del suo ministro dell’Interno Horst Seehofer, che minaccia di effettuare respingimenti al confine con l’Austria provocando un effetto domino che porterebbe all’esclusione dell’Italia da Schengen. Merkel ha bisogno della benedizione europea ad accordi bilaterali o trilaterali tra stati membri per limitare i movimenti secondari per dire a Seehofer di andare a negoziare direttamente con Matteo Salvini la ripresa dei migranti. Tsipras e Sánchez, che hanno costruito la loro carriera cavalcando la demagogia anti merkeliana e presentandosi come radicale alternativa alla visione tedesca, non hanno esitato a scegliere Merkel. 

 

Per un interesse nazionale molto banale: una Germania nazionalista come quella di Seehofer sarebbe un disastro per tutti. Alexis Tsipras ieri ha accettato la richiesta della cancelliera di negoziare un accordo sul rimpatrio in Grecia dei migranti che riescono a fuggire in Germania. Nel 2015 il premier di Syriza aveva rischiato la Grexit per contestare l’austerità tedesca, spingendosi a usare il ricatto dei migranti per cercare di strappare concessioni sulla ristrutturazione del debito. Tre anni dopo vede l’Ue senza il filtro populista: non solo Merkel ha salvato i greci dalle intransigenze di Yanis Varoufakis e dalla rappresaglia del suo ministro delle Finanze di allora, Wolfgang Schäuble, che avrebbe schiacciato volentieri il bottone della Grexit, ma ha anche svuotato la Grecia di gran parte dei siriani sbarcati dalla Turchia. Questo è il momento della gratitudine per una leader che, per quanto esitante, si è dimostrata pragmatica. “Non è giusto che tutta questa gente vada in Germania, se crediamo che questo sia un problema europeo”, ha detto il premier greco al Financial Times sui movimenti secondari. Il socialista Sánchez è pronto a fare altrettanto. “Bisogna capire la realtà sociale della Germania” perché “non si possono avere prospettive nazionali o unilaterali quando si tratta di una sfida condivisa”, ha detto il premier spagnolo al Guardian, senza mancare di bacchettare “l’unilateralismo” italiano. Per Sánchez non si tratta solo di coltivare il profilo europeista in chiave anti-Ciudadanos. La Spagna ha un interesse esistenziale a una Germania europeista, che continui a proteggerla da una crisi sui mercati e a finanziare la politica agricola comune e le grandi infrastrutture con il bilancio dell’Ue.

  

Una Germania nazionalista come quella sognata da Sehoofer porterebbe a un’Ue molto diversa. “Nein” ad aiuti finanziari ai paesi in difficoltà: perché pagare per il debito accumulato dai fannulloni del sud? “Nein” a 10 miliardi in più di contributo tedesco al bilancio Ue: perché finanziare i paesi dell’est che fanno concorrenza all’industria tedesca? “Nein” alla ridistribuzione di migranti: perché farsi carico di altri richiedenti asilo quando l’Italia usa già i movimenti secondari come valvola di sfogo? “Nein” alle sanzioni alla Russia: perché difendere i paesi dell’est dalla minaccia di Putin se la Germania ha bisogno del suo gas? Gli istinti egoistici sono il collante dell’alleanza Monaco-Vienna-Roma-Budapest. Ma è un “asse degli ingrati”, ironizza un diplomatico europeo: con la decisione di aprire le porte ai siriani nel 2015, di cui paga ancora oggi il prezzo, Merkel liberò l’Austria, l’Ungheria e l’Italia da centinaia di migliaia di migranti.
David Carretta