Il segretario del Pd Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

Civici e comitati. Come reagirà Zingaretti alla scissione non scissione di Renzi

Mentre il fiorentino si prepara a prendere alla sprovvista persino i suoi fedelissimi, il segretario medita l'allargamento a sinistra

Contrordine: la scissione, per la verità invocata più dagli altri che da Matteo Renzi medesimo, non ci sarà. Né in realtà c’è mai stata anche se ogni giorno da più di un mese in qua era quello giusto per giornalisti, commentatori e politici. A dire il vero la parola scissione l’ex presidente del Consiglio non l’ha mai pronunciata, nemmeno quando meditava seriamente di dire addio al Partito democratico. Il che non vuol dire che l’ex premier non stia pensando a qualcosa di nuovo e di diverso. Ma l’idea di fare una cosa che appaia anche lontanamente come una scissione in vecchio stile, beccandosi magari l’accusa di averla fatta perché non aveva abbastanza sottosegretari, non attira affatto Renzi. “Farò una cosa nuova”, continua a promettere ai suoi. I quali, sia detto per inciso, vagano anche loro nel buio circa le sue reali intenzioni. Quello che ha in mente Renzi è sconosciuto ai più. Ieri circolava anche l’indiscrezione secondo la quale non era più sua intenzione nemmeno fare i gruppi parlamentari autonomi. Perché comunque sebbene non di scissione si trattasse, almeno tecnicamente, sarebbe stato difficile sostenere che la nascita di nuovi gruppi parlamentari non fosse uno strappo nei confronti del Partito democratico. Perciò nella giornata di ieri si accavallavano ipotesi e telefonate. “Nulla è mutato”, rispondevano i renziani di stretta osservanza ai tanti dirigenti dei comitati civici voluti dall’ex premier. “Forse il piano originario è cambiato”, spiegavano altri renziani di altrettanta stretta osservanza. Insomma, un classico di Renzi: preparare tatticamente la sorpresa, pronto a prendere alla sprovvista persino i fedelissimi. 

 

Quale che sia la forma nuova che l’ex premier ha in mente per la sua “rinascita” politica, intanto un risultato lo ha portato a casa: i riflettori sono tutti puntati su di lui. Oggi andrà da Bruno Vespa, a “Porta a Porta” e svelerà il resto. Comunque, quali che siano i mezzi che deciderà di adottare, l’operazione di Renzi ha come preciso scopo quello di partecipare alla scomposizione e ricomposizione del quadro politico italiano. Partendo da un dato di fatto: non resterà immutato il centrodestra ma nemmeno il centrosinistra o il movimento 5 stelle. “Fuori dal Pd – dicono a questo proposito i suoi – c’è una prateria. Ci sono quelli di Forza Italia che mal sopportano l’egemonia leghista, gli ex Ncd, e ci sono i tanti che non hanno più votato”. Sì perché l’ambizione più grande di Renzi è quella di coinvolgere una parte almeno del popolo degli astensionisti. “Sarà quella che farà la differenza”, spiegano.

 

Ma mentre Renzi lavora alla sua operazione, Nicola Zingaretti non sta certo con le mani in mano. Al Nazareno hanno fatto una mappatura di tutte le liste civiche che sono sorte negli ultimi tempi. E’ su di loro che il leader del Pd vuole focalizzare la sua attenzione. Anche lui, dunque, come Renzi su un popolo che poi alle elezioni nazionali magari nemmeno vota. Invece l’idea di un’alleanza organica con i 5 stelle non è nella mente di Zingaretti, che, piuttosto, pensa a come svuotare elettoralmente quel movimento. Goffredo Bettini, che del segretario del Pd è stato per anni il consigliere, pensa che la fuoriuscita di Renzi sia opportuna proprio perché potrà consentire questa operazione di allargamento a sinistra e alla società civile. Il che non vuol dire riportare Leu a casa: “Se ci limitassimo a una cosa del genere non andremmo da nessuna parte”. Dunque, tutto è in movimento. Si tratta solo di capire se alla fine Zingaretti e Renzi dopo aver allargato i rispettivi campi saranno in grado di unificare le forze o se si assisterà al l’ennesima e poco proficua guerra interna al centrosinistra.

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