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Il fattore F

David Allegranti

Non solo Renzi. C’è anche Dario Franceschini a dare le carte. Il cinismo come arte di governo

La freddezza governista di Dario Franceschini è proverbiale, perché – per citare un apocrifo Vujadin Boskov – maggioranza è dove l’ex ministro dei Beni culturali siede. Nel Pd (con Bersani, con Renzi, con Zingaretti), al governo. E’ stato lui a luglio, in un’intervista al Corriere della Sera, ad aprire lo spiraglio di un’alleanza con i Cinque stelle. Vagheggiata da molti e da mesi nel Pd, convinti che prima o poi il governo felpastellato sarebbe finito e che bisognava star pronti. Ecco Franceschini, come noto, è uno nato pronto. “E’ un errore mettere Lega e grillini sullo stesso piano… Il reddito di cittadinanza o il no alla Tav sono errori politici ma non sono la stessa cosa del far morire la gente in mare o dell’accendere l’odio, che è ciò che Salvini fa ogni giorno”, ha detto a luglio, di fatto anticipando il canovaccio con cui il Pd va avanti in questi giorni giorni: bisognava e bisogna far di tutto pur di fermare Salvini. “E poi c’è la differenza tra le persone”, ha aggiunto l’ex segretario del Pd aggiungendo materiale al copione con il rapporto Pd-Conte, ormai descritto come un soave statista, finalizzato a fregare Luigi Di Maio. “Conte non è Salvini, e quando nel campo avversario si vedono delle differenziazioni l’opposizione deve valorizzarle”. Le reazioni all’intervista – di luglio, non di dieci anni fa – furono furenti. Basti ricordare quella di Renzi: “Se qualcuno vuole davvero fare l’accordo con i Cinque Stelle ci provi, alla luce del sole, senza dover attaccare me. Io non condivido questa scelta e, per il rispetto che devo a chi mi ha eletto nel collegio, non voterò la fiducia a un Governo Pd-Cinque Stelle. Chi vuole provarci lo faccia: nessuno potrà impedirmi di oppormi ad alta voce come è mio diritto. E come è mio dovere. Si può rinunciare a una poltrona, come io ho fatto più volte, ma non si può rinunciare alla dignità”. Todo cambia. Renzi di recente ha dato la sua benedizione parlamentare al governo giallo-Rousseau.

 

Qualcuno potrebbe pensare che Franceschini parli così perché sono proprio i grillini ad appassionarlo, invece no: “Nessuna passione, quella è una generazione cinica”, dice di lui un compagno di partito che lo conosce bene. “Siamo in tre poli, per andare al governo si può solo con loro”. E’ questione di calcolo più che di consanguineità. La razionalità prevale sulla coerenza, sulla compatibilità politico-culturale, sui valori. La differenza fra Franceschini e uno come Carlo Calenda, sul punto, non potrebbe essere più evidente. Franceschini vede un’opportunità, Calenda il disastro delle conseguenze inopportune. Tronca e sopisce, l’ex ministro. Di Maio è un problema? Ci si rivolge a Beppe Grillo, apprezzandone persino lo sproloquio dell’altro giorno, immortalato in un video che ha commosso il Pd: “Per una volta Beppe Grillo è stato convincente”, ha garantito Franceschini. “Una sfida così importante per il futuro di tutti non si blocca per un problema di ‘posti’. Serve generosità. Per riuscire a andare avanti allora cominciamo a eliminare entrambi i posti da vicepremier”, uno dei quali sarebbe dovuto toccare – nella divisione dei pani e dei pesci – a lui. Sembra un gesto di nobiltà, ma è solo un modo per far tacere Di Maio; Franceschini si rivolge a Grillo perché Giuseppe Conte intenda.

 

Non è solo, l’ex ministro, in questa continua partita al rialzo con i Cinque stelle. Nel senso che dopo anni in Parlamento, Franceschini può contare su una pattuglia parlamentare – oggi ridotta – che gli è fedele. Un tempo c’era Ettore Rosato, che oggi coordina i comitati civici di Renzi. Sono rimasti però gli altri di AreaDem. Alberto Losacco, da luglio commissario del Pd in Sicilia, poi Piero Fassino, Marina Sereni, Roberta Pinotti, David Sassoli. Ma più forte ancora è il legame antico di provenienza Dc, quando c’era il gruppo dei giovani della sinistra democristiana. Erano tutti insieme. Nel gruppo di cui facevano parte Simone Guerrini, Enrico Letta, Renzo Lusetti, Franco Gabrielli (oggi capo della Polizia), Roberto Di Giovan Paolo, Francesco Saverio Garofani sono nati rapporti che durano ancora oggi. Con Di Giovan Paolo, giornalista ed ex senatore, e con Garofani, giornalista ed ex deputato, tra i fondatori del quotidiano Europa, Franceschini ha lavorato al settimanale “La Discussione”. E’ quest’ultimo il tramite con il Quirinale, visto che Garofani dal 27 marzo 2018 è Consigliere per le questioni istituzionali del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Da qui infatti arrivano le molte sicurezze che Franceschini spende con i suoi compagni di partito, quando parla di questioni quirinalizie. Da qui arrivano anche, forse, i suggerimenti per rendere più preciso il calcolo governista.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.