Antonio Ingroia (foto LaPresse)

Il nuovo sussulto di Ingroia, che rivendica il copyright di "Azione civile"

Riccardo Lo Verso

"Il nome del partito di Renzi è mio". Così l'ex pm della Trattativa "illumina" la crisi di governo di mezza estate con una polemica degna della sua recente, e sfortunatissima, esperienza politica

Un sussulto, quasi un brivido. Antonio Ingroia torna a fare parlare di sé sui media. Qual è la novità? Che di mezzo c'è di nuovo la politica che ha sedotto e, alla luce dei consensi raccolti, abbandonato l'ex magistrato.

 

Un giorno d'estate, in mezzo alla tempesta della crisi del governo gialloverde, si presenta nientepopodimeno che Matteo Renzi. L'ex rottamatore vuole fondare un nuovo partito e chiamarlo “Azione Civile”. Eh, no. Questo partito, o meglio, questo movimento esiste già. L'ex procuratore aggiunto di Palermo ne ha registrato il nome dopo la disastrosa esperienza della sua prima creatura politica, “Rivoluzione civile”.

 

La rivoluzione era partita dopo una parentesi in Guatemala dove, su incarico dell'Onu, Ingroia era diventato capo dell'Unità di investigazione della Commissione internazionale contro l'impunità. Ci rimase due mesi appena, troppo poco per attuare il piano di esportare il metodo Falcone-Borsellino in Centro America, ma sufficiente per partecipare ai talk show televisivi con tanto di palme al vento a fare da sfondo nei collegamenti via satellite.

 

Era il 2013, il magistrato e profeta della trattativa stato-mafia, si era messo alla guida di un centrifugato politico che mescolava i Verdi, il Movimento Arancione di Luigi De Magistris, Italia dei valori, Rete 2018 di Leoluca Orlando, il Pdci e Rifondazione comunista. La sua scalata a Palazzo Chigi - voleva fare il premier - andò male. Anzi malissimo. “Rivoluzione Civile” restò molto al di sotto dello sbarramento del 4 per cento. Ingroia se la prese con il Pd, allora guidato da Pierluigi Bersani, e con l'operazione “oscuramento” messa in atto dai media contro di lui. Forse si riferiva alla riuscitissima parodia di Maurizio Crozza, questa sì rimasta impressa nei ricordi dei più.

 

La batosta elettorale frenava le sue ambizioni, ma non i progetti politici. Ed ecco nascere “Azione Civile”, il nome che oggi Ingroia rivendica come suo. Da avvocato, l'ex pm indossa un'altra toga, avrà la capacità di fare valere i propri diritti. Di “Azione Civile”, al netto di qualche comunicato, si erano perse le tracce. Ingroia, d'altra parte si era preso una pausa, abbracciando il crocettismo - da Rosario Crocetta, penultimo governatore siciliano - che lo aveva voluto accanto a sé in nome dell'antimafia dura e pura. Dove? In un posto di sottogoverno, alla guida di Sicilia e-Servizi, una partecipata regionale, la cui gestione gli è costata qualche grana giudiziaria. Nel 2017 un nuovo sussulto, politico e militante. Nasceva, per volontà di Ingroia e del giornalista Giulietto Chiesa, “La mossa del cavallo”. Si proponeva come un movimento antisistema, contro chi “straccia la Costituzione” e “ci ha venduto alle lobby europee”. Sembrava di sentire un discorso dei grillini. Ingroia strizzava l'occhio all'antipolitica contro il Palazzo, dopo essere uscito dal palazzo della Regione. Fu un disastro in termini di consensi.

 

 

La presentazione de “La mossa del cavallo”, scherzo del destino, avveniva mentre i giudici di Caltanissetta si preparavano a condannare per calunnia Massimo Ciancimino, il testimone chiave della Trattativa che Ingroia aveva eletto a “quasi icona dell'antimafia” nei salotti della televisione e sulle pagine dei giornali di inchiesta dove svelava la Verità sui misteri italiani. Ciancimino jr sarebbe stato qua e là sbugiardato, persino nel processo sulla Trattativa dove sono arrivate le condanne di primo grado benché sia crollato il pilastro delle dichiarazioni del figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo.

 

Poi altri due anni di oblio politico. Le recenti apparizioni mediatiche di Ingroia sono legate alle polemiche sulla revoca della scorta o ai casi giudiziari che segue da avvocato. Poca luce rispetto ai riflettori di un tempo. Una mattina di estate, però, in piena crisi di governo, l'idea di Renzi e il sussulto. Quasi un brivido. “Giù le mani dal mio nome”, dice Ingroia.

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