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La procedura d'infezione dell'Italia

Claudio Cerasa

Il virus è il contratto. L’Ue ci ricorda che il guaio italiano non è quello che il governo non fa, ma è quello che ha fatto finora

La notizia del via libera alla procedura di infrazione per debito eccessivo contro l’Italia ufficializzato ieri mattina dalla Commissione europea ci ricorda con la forza di uno schiaffo che il problema di fronte al quale si trova oggi il nostro paese non ha niente a che fare con l’incapacità da parte di Salvini e Di Maio di prendere decisioni a causa dei litigi costanti, ma ha a che fare con i problemi creati al nostro paese dalle decisioni prese in questi dodici mesi dai gemelli diversi del populismo italiano. Il guaio dell’Italia, ha detto ieri la Commissione, non è legato a ciò che il governo non fa, ma è legato a ciò che il governo ha scelto di fare in questi mesi con le risorse racimolate nella legge di Stabilità.

 

Matteo Salvini e Luigi Di Maio potranno anche accusare la Commissione di essere eccessivamente severa e di non essere politicamente legittimata a dare giudizi sulla nostra economia. Ma quando la Commissione dice che la regola del debito in Italia “non è stata rispettata” nel 2018, nel 2019 e non lo sarà nel 2020, quando dice che “le nuove misure (introdotte dal governo, ndr) capovolgono in parte gli effetti positivi delle riforme pensionistiche del passato e indeboliscono la sostenibilità a lungo termine” delle finanze, quando dice che “l’introduzione della nuova possibilità di pensionamento anticipato rappresenta un passo indietro rispetto alle precedenti riforme pensionistiche” da cui dipende la sostenibilità del debito. Quando dice tutto questo, in realtà, la Commissione non sta facendo altro che confermare quanto ha riconosciuto lo stesso governo all’interno del Documento di economia e finanza presentato alla fine dello scorso aprile, quando ha dovuto ammettere che la crescita per il 2019 non sarebbe stata dell’1,5 per cento come stimato in precedenza ma dello 0,2 e quando ha dovuto ammettere che nel 2019 il debito pubblico italiano sarebbe effettivamente aumentato, passando dal 132,2 al 132,7 per cento del pil.

 

La differenza tra la Commissione e il governo non è legata solo al fatto che la prima considera la violazione delle regole un fatto pericoloso mentre il secondo considera la violazione delle regole un fatto virtuoso. E’ legata a qualcosa di più: alla differenza tra chi finge di non capire e chi invece capisce che i guai dell’economia italiana derivano non da un problema relativo a una calamità congiunturale o a una eccessiva litigiosità ma dalla calamità naturale costituita dalla presenza di un governo che da dodici mesi non fa altro che cancellare a poco a poco tutto ciò che l’Italia ha fatto dal 2011 a oggi per tornare a essere credibile di fronte a tutti coloro che ogni giorno devono scegliere se investire nel nostro paese. Il tempo ci dirà se la richiesta di procedura di infrazione verrà approvata o no dal Consiglio europeo ma a prescindere da quella che sarà la scelta dell’Europa sul nostro debito il tema che ogni osservatore e ogni politico con la testa sulle spalle dovrebbe mettere a fuoco riguarda un’evidenza ormai difficilmente negabile rispetto al presente dell’Italia: la presenza di una costante e progressiva procedura più di infezione che di infrazione. La procedura di infezione riguarda il danno creato dalla politica all’economia, riguarda l’impatto avuto dal populismo sulla nostra crescita, riguarda il modo in cui il cocktail letale formato da riforme irresponsabili, dichiarazioni scellerate e indifferenza per i conti pubblici ha trasformato l’Italia nel vero malato d’Europa.

 

La litigiosità tra Salvini e Di Maio non è la causa delle difficoltà italiane ma è semmai l’effetto dei guai creati al paese da un contratto di governo assistenzialista, indifferente alla tenuta dei conti pubblici, disinteressato alla sostenibilità del secondo debito pubblico più grande d’Europa, incompatibile con il benessere della settima economia più importante del mondo.

 

Ieri, sul Giornale, il direttore Alessandro Sallusti ha scritto che il problema dell’Italia è avere “un governo che in un anno di vita ha pensato più alle risse interne che a governare”. La Commissione europea ieri ci ha ricordato che in realtà il problema non è quello che il governo non ha fatto ma è quello che ha fatto. L’infezione dell’Italia arriva anche dall’applicazione del contratto di governo. E prima Salvini si accorgerà che quel contratto va sepolto e prima l’Italia potrà ricominciare a pensare a cosa fare per combattere fino in fondo l’ideologia nociva della decrescita infelice. E per farlo non basta cambiare qualche ministro: bisogna con urgenza cambiare governo.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.