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I Cinque stelle votano per diventare come tutti gli altri partiti

David Allegranti

In ogni regione assemblee per modificare lo statuto. Dalla Toscana il sì a togliere il limite per i consiglieri al 90 per cento

Roma. Il M5s cambia pelle. Qualche settimana fa le assemblee regionali del partito di Beppe Grillo hanno messo in votazione le proposte di Luigi Di Maio per modificare le rocciose regole statutarie. I punti in discussione erano due, come in tutta Italia: il dialogo con le liste civiche e il superamento del limite dei due mandati per i consiglieri comunali.

 

Il Foglio ha potuto leggere la relazione dell’assemblea toscana. Il sessanta per cento dei partecipanti (circa 280) ha votato sì a un’alleanza con le liste civiche, purché vengano presentati i casellari giudiziari, i candidati non abbiano alcuna tessera di partito in tasca e il candidato sindaco sia del M5s. In diversi si sono espressi anche per produrre un contratto con le liste civiche “sulla falsa riga di quello nazionale”.

 

L’altra questione, che è stata posta in maniera non del tutto intelligibile, riguardava il doppio mandato dei consiglieri comunali: “Se deve essere cambiata la regola che il vincolo del doppio mandato sia assoluto o se, invece, un mandato da consigliere possa essere non vincolante per altri due successivi su diversi livelli”. Il novanta per cento, stando alla relazione, ha votato per cambiare quella che è sempre stata una regola cardine del M5s: non più di due mandati da consigliere comunale. La modifica non è secondaria perché se poi fosse approvata dal comitato centrale, pardon, dalla Casaleggio Associati tramite l’ologramma Di Maio, allora alcuni sindaci di peso come Chiara Appendino e Virginia Raggi, già al secondo mandato (prima da consigliera comunale e poi da sindaca) potrebbero anche ripresentarsi. In più, questa votazione sembra essere propedeutica alla modifica dell’altra regola che potrebbe essere messa presto in discussione: il limite dei mandati per i parlamentari.

 

Il cento per cento dei partecipanti invece – un sogno per Davide Casaleggio – ha votato per continuare a usare Rousseau come piattaforma, anzi per usarla “maggiormente” al fine di “discutere e votare sempre di più su temi e argomenti del dibattito politico”. Vette di surrealismo invece sono state raggiunte con l’istituzione dei “referenti regionali”: “Si è ravvisata l’esigenza di avere uno o più referenti per ogni tema a livello nazionale che si interfaccino con i vari livelli istituzionali, in modo da avere una linea politica condivisa, dai territori fino al governo nazionale, sui diversi argomenti. Bisognerà stabilire come individuare questi referenti e decidere in che modo verrà delineata la posizione del Movimento sull’argomento in questione (es. gruppi tematici nazionali). Per avere un maggior dialogo con i territori, si è deciso di introdurre la figura dei referenti regionali”. Segue chiosa: “Si rende noto che l’assemblea ha ritenuto doveroso sottolineare che le indicazioni del ‘quesito’ non erano abbastanza chiare”. Purtuttavia, anche questo caso la proposta di modifica è passata e l’assemblea ha detto sì ai referenti regionali. E come devono essere scelti? Su Rousseau naturalmente.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.