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Il voto anticipato per disinnescare il populismo

Redazione

Sciogliere il Parlamento, per Mattarella, sarebbe un successo, non un guaio

Probabilmente al Quirinale c’è preoccupazione per lo stallo del governo, che non riesce neppure più a riunirsi, per l’incapacità di corrispondere agli impegni assunti con l’Unione europea, per l’evidente isolamento che rischia di declassare l’Italia nella definizione degli incarichi europei. Il fallimento dell’esperimento panpopulista è evidente, ma la situazione marcisce nell’indecisione e nel rinvio. Ovviamente Sergio Mattarella non può intervenire nelle tensioni fra i partiti, ma forse potrebbe far capire che al primo incidente parlamentare non si metterà a cercare soluzioni alternative peraltro inverosimili nell’attuale situazione dei rapporti di forza parlamentari. Sciogliere il Parlamento che ha prodotto questa combinazione governativa bislacca che rischia di portare il paese nel baratro sarebbe una sanzione adeguata al fallimento e l’unica strada per aprire una prospettiva diversa, la cui scelta, com’è ovvio in una democrazia, spetta all’elettorato.

 

La prassi secondo cui il Quirinale deve verificare fino all’esaurimento di tutte le ipotesi la possibilità di costituire un governo è solo una prassi, che vale in situazioni ordinarie, quando c’è da risolvere una crisi fra alleati o c’è lo spazio per un’alternativa. Oggi la situazione non è ordinaria e si tratta di evitare che il fallimento di una formula trascini con sé l’intero paese, il che giustifica, addirittura impone una scelta netta che segni una cesura definitiva. Mattarella non può fare il primo passo, ma può far intendere che non darà tempo e spazio all’ulteriore prolungamento di un galleggiamento paralizzante e può far capire in modo naturalmente indiretto a Matteo Salvini che non esiste alcun alibi per non fare quello che oggi sembra essere l’unica soluzione naturale per dare stabilità all’Italia: votare. Le occasioni per far sentire un monito non mancheranno e c’è da sperare che il Quirinale le sappia cogliere con la chiarezza e la perentorietà che la gravità della situazione impone. Votare il 22 settembre: perché no?