Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Nuove regole, contenuti, primarie aperte. Ecco come costruire il futuro di Forza Italia

Paolo Romani*

Paolo Romani delinea la strategia per far ripartire il partito dopo i risultati delle europee: “Non serve un'avventura simil-sovranista né la fusione con Fratelli d'Italia”

[Pubblichiamo l'intervento del senatore Paolo Romani all'ufficio di presidenza di Forza Italia]


 

All’indomani del risultato delle elezioni europee Forza Italia deve ripartire dai principi e valori propri del movimento popolare, liberale, laico e riformista che è stato sin dal 1994, da quando Tu, Presidente, lo hai fondato dando il via alla straordinaria esperienza politica del centrodestra, al bipolarismo ed alla seconda repubblica. Oggi deve recuperare la sua capacità di rappresentare una società basata sulle radici cristiane dell’occidente e le sue naturali e più moderne evoluzioni e le diverse realtà territoriali all’interno di una strategia di Paese unitaria che promuova l’interesse nazionale e politiche di crescita, benessere, sviluppo; che tuteli le nostre imprese, attivando politiche specifiche per le PMI, ma anche per i grandi gruppi industriali, adeguate al secondo paese manifatturiero d’Europa, attraverso investimenti in infrastrutture, riduzione delle tasse per le imprese e le famiglie e politiche energetiche di diversificazione delle fonti; che guardi al rilancio de patrimonio artistico e culturale e al contrasto del dissesto idrogeologico come elemento fondamentale di messa in sicurezza del territorio e di valorizzazione.

 

Da forza europeista quale è sempre stata dovrebbe ricoprire un ruolo fondamentale nella ricostruzione di un’Unione politica prima di tutto, superando gli euroburocratismi e attivando una politica estera più incisiva in grado di riportare l’Italia in una posizione non più gregaria ma da protagonista dei processi decisionali in tutti i consessi internazionali. Forza Italia deve riaffermare la propria maturità e competenza che la rendono in grado di affrontare la complessità dei fenomeni sociali e dei problemi contingenti: di regolare e guidare la pressione migratoria, di elaborare politiche di sicurezza contro la criminalità organizzata e il traffico di stupefacenti e bloccare la proliferazione delle aree di degrado dove lo Stato risulta assente. Ma deve dimostrare di essere anche capace di interpretare un Paese radicalmente trasformato, di mettere in campo politiche sociali e di welfare più rispondenti alla realtà e il suo futuro avvenire; di affrontare il tema della parità di genere e di guardare al futuro dei giovani eliminando ogni alterazione della competitività a livello internazionale nella formazione e nella preparazione al mondo del lavoro. Infine, Forza Italia deve rivendicare fra i suoi obiettivi primari la difesa e la valorizzazione delle istituzioni repubblicane e dello Stato.

 

La rielaborazione del progetto politico a Forza Italia non può non passare inoltre da una ristrutturazione del partito stesso che preveda la legittimazione dal basso della futura classe dirigente, l’introduzione di nuovi strumenti di comunicazione, partecipazione e raccolta del consenso e la costituzione di organismi permanenti, elettivi e deliberanti, dove discutere ed elaborare in maniera trasparente e condivisa ogni strategia, posizionamento e decisione politica; dove sia possibile il confronto e possano trovare legittimità tutte le posizioni e le sensibilità, di maggioranza e di minoranza, interne al partito stesso.

 

Non è certo un’avventura simil-sovranista, anche se temperata da adesioni e aggiunte di liste civiche, né tantomeno la fusione con Fratelli d’Italia, la strada da perseguire per il nostro futuro anche se riconosco la assoluta legittimità del dissenso interno di Giovanni Toti, contrario come sono all’ennesima scissione che, come tutte le precedenti scissioni, ha portato poca fortuna a chi le ha fatte ma ha, nel contempo, impoverito il nostro partito in termini di quantità di consenso, di ricchezza di sensibilità politiche e, forse anche, in termini di qualità del personale politico.

 

Per dare il via concretamente ad un percorso di ristrutturazione del partito e di riformulazione del progetto politico rimangono sul tavolo tre questioni metodologiche ed una operativa da affrontare. La prima: le regole; la seconda: i contenuti; la terza: la, o meglio, le leadership. Le nuove regole vanno definite da un tavolo il più largo possibile: quando parliamo di selezione della classe dirigente, di nuovi organismi legittimati dal basso, di nuovi strumenti di partecipazione - congressi o primarie - di nuovi strumenti di comunicazione e raccolta del consenso - piattaforme digitali o data mining - non possiamo non immaginare un tavolo al quale partecipano eletti nelle assemblee europee, nazionali e regionali insieme ai sindaci e consiglieri comunali più rappresentativi. Un tavolo da aprire immediatamente che consenta a tutti coloro che credono ancora ad un futuro per Forza Italia di partecipare alle scelte fondanti di un nuovo partito finalmente democratico e contendibile.

 

Altra questione i contenuti: un partito popolare, moderato, liberale, riformista, laico che dia voce a quell’area politica che sembra ormai esclusa dallo scenario, con un 40 per cento di voto sovranista, un Pd che tende a recuperare lo spazio politico che tradizionalmente ha occupato e un Movimento 5 Stelle che, perso l’impeto innovativo dei primi tempi, si riduce ad una componente giustizialista, pauperista e anti-sviluppo per di più incattivita dal pessimo risultato elettorale; un partito che sappia declinare civiltà, integrazione e sicurezza, come nella Milano di oggi, dove il 28 per cento dei milanesi che lavorano, perfettamente integrati, non sono nati italiani, ma che al contempo non possa tollerare che la mancata gestione dei clandestini riduca un luogo di ingresso nella città, come la Stazione Centrale, ad un bivacco di ubriachi.

 

Quarta questione: fase operativa. L’articolo 17 del nostro statuto prevede già per la celebrazione del nostro congresso nazionale la costituzione con nomina da parte del comitato di Presidenza di una commissione che determini le modalità di partecipazione e l’elezione dei delegati. I delegati sono nominati su base provinciale e nulla toglierebbe al potere di nomina del Presidente che i congressi provinciali convocati possano esprimere una preferenza per la carica di coordinatore regionale. Della Commissione per il Congresso Nazionale, che potrebbe rappresentare una fase costituente del processo di democratizzazione del partito, dovrebbero fare parte eletti europei, nazionali, regionali e i sindaci e consiglieri comunali più rappresentativi. La sua composizione può rappresentare dunque il primo segnale a tutto il partito del senso del rinnovamento interno avviato. Ricordo che la rivoluzione francese iniziò dopo la costituzione degli Stati generali con la richiesta del terzo stato che le votazioni avvenissero per teste e non più per stato. Fu un cambiamento epocale che determinò in fondo la rilevanza anche in quella sede della territorialità rispetto al potere degli ottimati in quella sede rappresentata dai nobili e dal clero. Una modalità di cambiamento e di rinnovamento contraddistinto dalla cautela e da un processo progressivo del passo dopo passo. Nessuna rivoluzione. Non è l’assalto al palazzo d’inverno, ma una Magna Charta che preveda diritti doveri ed assunzioni di responsabilità. Un’ultima battuta sulle leadership. Se le regole alle quali ho appena accennato verranno stabilite, chi si vorrà proporre per candidature regionali o nazionali avrà tutto lo spazio per correre e concorrere per la futura classe dirigente apicale del nostro partito. Le primarie del Pd con la partecipazione di 1.600.000 cittadini italiani sono state probabilmente un buon viatico per la raccolta di 6 milioni di voti alle europee. So che è un argomento sensibile, ma anche i congressi provinciali non potranno prevedere la partecipazione dei soli iscritti. La formula del “un voto un euro” dei simpatizzanti non mi sembra così peregrina.

 

Queste sono alcune brevi riflessioni con le quali intendo contribuire all’avvio di un sano percorso di ristrutturazione del partito e di rielaborazione del progetto politico che mi vede impegnato sin dall’inizio accanto al Presidente Berlusconi.