Il governatore della regione Liguria, Giovanni Toti (Foto LaPresse)

Toti si muove per primo per prendersi Forza Italia

Fabio Massa

Il governatore della Liguria riunisce i fedelissimi e presenta il suo progetto al Teatro Brancaccio. Tra dubbi e rivalità il nord si schiera

Nessuno l’ha mai trovata, tra gli alchimisti. Ma la pietra filosofale è qualcosa su cui ancora fantasticare, almeno in politica. La pietra che, al solo toccarla, non solo tramuta qualunque cosa in oro, ma soprattutto “ripara dalla corruzione” e rende onniscienti. Insomma, mica robetta. Se i chimici hanno gettato la spugna da un po’, sulla pietra filosofale, i politici pare che non si rassegnino mai. Ma forse è meglio così, giacché dalla ricerca di una panacea per tutti i mali a volte arriva la soluzione a un problema specifico.

 

In Forza Italia è tutto un trepidare in attesa del 6 luglio, giorno per il quale Giovanni Toti, governatore ligure ma interessato a maggiore centralità per il centrodestra cui appartiene, ha affittato un teatro da 1.300 posti a Roma per rendere noto ufficialmente il suo progetto politico. Che sarà all’interno di Forza Italia, si intende. Lui lo sta assicurando a tutti i suoi: “Non voglio uscire, non voglio uscire, non voglio uscire”. Un po’ perché tra delfini e tonni andati via dal partito, senza contare i pesci piccoli, molti sono rimasti negli ultimi dieci anni senz’acqua in cui nuotare. E un po’ perché Silvio Berlusconi, alla sua veneranda età, è ancora capace di prendere 520 mila preferenze per il Parlamento europeo, un consenso che lo rafforza nella sua eterna convinzione: per il successore, c’è tempo. Fuoriclasse assoluto. In più, la cabala del 6 luglio non aiuta: nel 2003 vennero separate due gemelle siamesi. Morirono poco dopo. E c’è anche la cabala del Brancaccio: gli ultimi che si si riunirono lì per rifare la sinistra, uscirono più divisi di prima. Per certe cose, meglio rimanere uniti, dunque.

 

Certo è che il fermento c’è, eccome, al Pirellone dove si incrocia ancora il potere forzista che poi – giù giù – si palesa anche a Palazzo Marino con gli epigoni delle filiere politiche a popolare anche le case comunali di tutta la regione. Secondo le previsioni dei totiani, saranno 300 o 400 gli amministratori che “scenderanno dalla Lombardia”. E sarà dunque una dimostrazione di forza enorme. Che parte dalle piccole dinamiche locali. Come quella di Gottolengo, nel bresciano, dove il giovane sindaco Giacomo Massa sta facendo incetta di sindaci. In una intervista al Corriere della Sera ha spiegato che serve un passaggio generazionale e che Berlusconi è ancorato al passato. Eppure con Berlusconi pare proprio che Toti stia dialogando. Alcuni suoi emissari, secondo rumors, sarebbero andati a bussare ai cancelli di Arcore per capire come ricomporre. Ne avrebbero parlato con il potentissimo Niccolò Ghedini: “Non facciamo nessuna cosa bianca con la Meloni, e non usciamo dal partito. Vogliamo solo un cambio radicale”.

 

Non si sa bene se è per questo che Berlusconi ha sorpreso tutti e invece di Licia Ronzulli (come vaticinato da molti) ha scelto Massimiliano Salini come successore di Mariastella Gelmini al coordinamento regionale. Lei, Gelmini, si era dimessa proprio perché attaccata frontalmente da Claudio Pedrazzini, parlamentare supporter del governatore ligure. E ora della Lombardia non ne vuole più sapere. Insieme a Pedrazzini, le truppe dell’ex delfino di Berlusconi dalla Lombardia sugli scranni di Roma sono ovviamente Alessandro Sorte (già assessore lombardo) e Stefano Benigni.

 

In Consiglio regionale la questione è più complicata. Nomi non se ne vogliono fare, anche se qualcuno mormora che Giulio Gallera stia valutando la situazione politica. Per Toti sarebbe un bel colpo. Un altro consigliere regionale indeciso è Paolo Franco, anche se rischia di spaccare il partito a Bergamo – dove comunque ha avuto un litigio clamoroso con Mariastella Gelmini. Alessandro Fermi, presidente del Consiglio regionale, comasco, spiega tranquillamente che ha visto Giovanni Toti quando è venuto in Consiglio, per capire che cosa pensa. Poi c’è Mauro Piazza: anche lui probabilmente al Brancaccio ci andrà. Infine c’è chi mormora che pure Paolo Romani stia guardando con attenzione, e con lui ovviamente il figlio che siede in Consiglio. Quelli che non sono sicuramente totiani sono Alessandro Mattinzoli, il vicepresidente Fabrizio Sala, Marco Alparone, Ruggero Invernizzi, Paolo Romeo, Claudia Carzeri. Nei loro pensieri, vale un grosso dubbio che nei paraggi del Pirellone diventa grande come una casa: a che cosa serve l’operazione Toti? A fare un partitello, un cespuglio sotto la Lega? Alle regionali della Liguria del prossimo anno? Anche perché, come al solito, è tutto nelle mani di Silvio Berlusconi. Se davvero aprirà al processo democratico (come si pensa che farà), allora tutti si riallineeranno e sarà stagione di congressi. All’interno di questa stagione, Toti andrebbe a costituire una corrente. Insomma, rispetto all’idea di trovare la pietra filosofale, è quantomeno un obiettivo assai più raggiungibile.

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