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Un altro 25 aprile

Giuliano Cazzola

Perché un anniversario più che mai divisivo può diventare una grande affermazione di “libertà in Europa”

La Festa della Liberazione è sempre stata divisiva. Del resto, anche in Francia il giorno della vittoria alleata in Europa nella Seconda guerra mondiale non ha lo stesso valore unificante del 14 luglio 1789 quando venne presa la Bastiglia. Così negli Stati Uniti si festeggia il 4 luglio (la proclamazione dell’Indipendenza nel 1776) e non il 9 aprile, quando, nel 1865, si concluse, con la resa della Confederazione, la Guerra di Secessione, l’evento da cui ri-nacque veramente (come raccontato in un celebre film) la nazione americana.

 

In Italia, fin dall’immediato dopoguerra, è sempre stata ragguardevole sul piano elettorale e attiva su quello politico, una forza "nostagica", che rifiutava di riconoscersi nella nuova Italia nata dalla Resistenza. Col trascorrere degli anni e con il mutamento del quadro politico è emersa, a sinistra, una linea di tendenza esclusivista, protesa ad annettersi quella ricorrenza e a precluderla ad altri partiti, di recente costituzione, che non avevano preso parte alla sottoscrizione del patto del 1948. In sostanza, quando, agli inizi degli anni 90, dei partiti del cosiddetto arco costituzionale fu risparmiato solo il Pci, questo partito e i sui derivati cercarono di intestarsi l’eredità della Resistenza e della Liberazione e di usarla come motivo di delegittimazione politica di Silvio Berlusconi e del centro-destra, talvolta anche in modo settario.

 

In diverse circostanze è sembrato addirittura che gli avanguardisti dell’antifascismo fossero diventati i militanti dei Centri sociali. Ma in questo 2019, la Festa si celebra in un contesto politico e sociale del tutto inedito. A stare ai sondaggi (per fortuna non si tratta ancora di voti espressi) se, il 25 aprile, gli italiani fossero chiamati alle urne, la Lega si avvicinerebbe, in ambedue le Camere, alla maggioranza assoluta dei seggi forse da sola; certamente in alleanza con gli ascari di Fratelli d’Italia. Come la mettiamo? Evitiamo pure di accusare di neofascismo questa possibile coalizione (anche se FdL non rinnega le sue radici), ma segnali di preoccupazione ce ne sono e tanti. Come si spiega questa ‘’passione’’ dei nostri concittadini per Matteo Salvini? Un personaggio che “comanda lui’’, che ama le divise, che si fa riprendere armato di mitra? La sua fortuna politica è legata a narrazioni esagerate se non addirittura inesistenti: gli italiani sarebbero invasi dai negher, se non ci fosse lui a bloccarequando serve – gli sbarchi dei profughi scrocconi, a difendere l’integrità dei confini e smantellare senza pietà gli istituti e le esperienze d’integrazione e di solidarietà. Se poi qualche clandestino riesce a sottrarsi agli ukase del solerte ministro di Polizia, i ‘’bravi italiani’’ sono stati messi in grado di provvedere da sé alla loro sicurezza: sparando a chiunque, avvicinandosi sotto casa, incuta loro un motivo di grave turbamento.

 

Almeno i pentastellati hanno dato attuazione al loro delirante programma: il RdC è legge dello stato; la prescrizione, dal prossimo anno, sarà sospesa dopo la sentenza di primo grado; sono stati tagliati i vitalizi e le pensioni d’oro; resta bloccata la Tav. E’ vero, Salvini si è intestato quota 100, sottraendone il (de)merito a Giggino Di Maio che è pur sempre il ministro competente. Ma il Capitano è tutto ‘’chiacchiere e distintivo’’, ‘’vorrei ma non me lo lasciano fare’’, ‘’chi si ferma è perduto’’, ‘’noi tireremo diritto’’. Siamo in attesa del più celebre motto: ‘’E’ l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende’’ (visto che vuole ripristinare il servizio militare obbligatorio). Anche gli scandali (veri o presunti) non erodono i consensi del Truce. Per di più la sinistra non esita a venire in soccorso del governo, proprio quando ne ha più bisogno. Si prenda, da ultimo, l’annuncio della presentazione da parte del Pd di una mozione di sfiducia. Nella maggioranza se le danno di santa ragione, litigano su tutto, ma la mozione li rimetterà d’accordo. In ogni caso, sull’aura del 25 Aprile incombe minacciosa l’ombra di Matteo Salvini, il quale – lo ha detto Maurizio Crozza in trasmissione – ha definito la ricorrenza della Liberazione come un derby tra comunisti e fascisti a cui lui non è interessato, tanto che in quel giorno sarà a Corleone a combattere la mafia.

 

Ma perché continuiamo a osservare il dito (Salvini) anziché la Luna (gli italiani)? Salvini è un problema di riflesso; quello vero riguarda tanti nostri connazionali, ormai indifferenti verso un nascente autoritarismo per di più impegnato nella costruzione di un’alleanza europea di partiti eredi dei Cavalieri dell’Apocalisse che sconvolsero il Vecchio continente tra le due guerre del secolo breve. I medesimi di sempre: il nazionalismo, il populismo, l’identitarismo e il razzismo. Ecco perché il 25 Aprile 2019 non deve essere il 74° anniversario della Liberazione, ma il primo di una nuova Resistenza contro i nemici di quell’Europa che, nel 1945, piangeva sessanta milioni di morti, orrori e devastazioni, ma che trovò la forza e il coraggio per garantire alle generazioni future un’epoca di pace, di libertà e di benessere.

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