Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Cosa dicevano i grillini sull'immunità prima del caso Salvini

Da "se ne fa un uso ignobile" a "#castasalvacasta". Ora invece i ranghi sono serrati in difesa dell'alleato leghista. Breve rassegna dell'inversione a U del Movimento

“Chiunque sostenga che il Movimento ‘è a favore dell’immunità parlamentare’ non solo dimostra ignoranza assoluta sui temi e le battaglie che il M5s sta combattendo da sempre, ma fa sospettare il dolo”. Sembra sia passato un secolo, ma si tratta di una nota del M5s di Camera e Senato dell'estate 2014. Ora il mondo si è capovolto. Dopo il voto online espresso lunedì sera dai militanti grillini sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini, è arrivato di conseguenza anche lo stop in Giunta al Senato. Così tutti i dogmi grillini sembrano essere rimessi in discussione, anche uno dei pilastri su cui si basava, fino a ieri, “il governo dei cittadini”.

 

Sempre nel 2014, i grillini bocciarono la proposta di riforma del Senato avanzata dal centrosinistra. Secondo quel progetto, i senatori avrebbero continuato a godere dell’immunità parlamentare. Ecco come il M5s spiegava il secco "No" con un altro post del 26 giugno 2014:  “L’immunità parlamentare è stata un istituto a tutela dell’indipendenza del Parlamento dagli altri poteri dello Stato ed ha assolto ad una funzione importante nel radicamento della Democrazia. Tuttavia, non si può non notare che, negli ultimi quaranta anni, se ne è fatto un uso ignobile che ha coperto il sistematico latrocinio di una classe politica sempre più indecente”. 

 

Anche Luigi Di Maio, sempre sul Blog delle Stelle, non aveva esitato a criticare con fermezza chi si avvaleva dell’immunità. In un post del 22 giugno 2014 aveva attaccato Roberto Calderoli, che proponeva di estendere la tutela anche a sindaci e consiglieri regionali che avrebbero dovuto sedere in Senato secondo la proposta di riforma. “Nel Movimento 5 Stelle i nostri parlamentari hanno finora sempre rinunciato a qualsiasi immunità – aveva proclamato l’attuale vicepremier – Vogliamo essere cittadini comuni, senza godere di alcun privilegio, eccetto quello di essere portavoce di milioni di italiani”. Una versione ribadita da Di Maio anche a distanza di due anni. Secca la chiusura, via Twitter, del leader politico: “Non credo ci sia qualcuno che voglia votare SI per un Senato non elettivo che dà l'immunità ai consiglieri regionali”.

 

 

Nel marzo 2017 è stata la volta dell'affaire Lotti&Minzolini, rispettivamente di Pd e Forza Italia, "salvati" dai voti della Giunta per le Autorizzazioni a procedere. #castasalvacasta fu l'hashtag lanciato all'epoca. "Forza Italia ha dato una mano al Pd a salvare il ministro renziano Luca Lotti dalla mozione di sfiducia del M5s; oggi il Pd salva dalla decadenza il senatore forzista Augusto Minzolini, condannato in via definitiva per peculato continuato: questo è un vero e proprio scambio di favori, un do ut des all’insegna dell’impunità, ‘io salvo i tuoi, tu salvi i miei’, una mano lava l’altra, tutte e due lavano il viso. Casta salva Casta".

  

 

L'abolizione dell'immunità fu al centro della campagna del M5s contro il referendum proposto da Matteo Renzi. Tra i motivi per convincere i cittadini a votare No i grillini puntarono sul caso che coinvolgeva il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, all'epoca indagato per presunto voto di scambio (accusa archiviata un anno dopo). "Se dovesse vincere il SI, un personaggio del genere potremmo ritrovarcelo in Senato a godere dell’immunità parlamentare – fu la denuncia del Sacro Blog – Cos’altro deve accadere perché questo presidente impresentabile liberi la Campania della sua presenza?".