Davide Casaleggio (foto LaPresse)

Così il governo Salvini-Casaleggio spinge l'Italia verso Russia e Cina

Nicola Biondo

Gli incontri con Bannon, gli abbracci con lo zar, l'isolazionismo europeo e gli affari con Pechino. Chi ci mangerà prima?

Mettiamoci l’anima in pace, non ci sarà una notte in cui l’Italia uscirà dalla Ue. Siamo già immersi in quella notte. Se c’è una lezione da imparare dagli ultimi avvenimenti – Brexit, guerre informative digitali e l’avvento al potere degli avatar di Casaleggio – è che tutto è possibile.

La domanda centrale è cosa sarà l’Italia tra dieci, vent’anni? A quale soluzione geopolitica si accoderà? C’è un piano per abbandonare i referenti storici dell’Italia e sostituirli con Russia e Cina?

 

L’incontro Bannon-Casaleggio

Lega e Movimento seguono in politica estera l’uno le tracce dell’altro. Ma mentre il dispositivo diplomatico di Salvini è più in chiaro – Putin, Le Pen, trumpismi e autoritarismi di ogni tipo, un panorama se vogliamo novecentesco – quello del Movimento è meno conosciuto e ha una variabile che la Lega non ha: Davide Casaleggio. È lui il dominus del partito, è lui che sceglie la direzione anche e soprattutto in politica estera, sia per questioni ideologiche che di business. È nelle stanze di via Morone che si decide la svolta filo-Putin.

Fino a oggi è rimasto segreto l’incontro che Casaleggio ha avuto all’inizio di giugno scorso a Roma con Steve Bannon, l’agitatore politico americano, l’uomo che lega la finanza di ultradestra americana, Robert Mercer in testa, con i due “capolavori” sovranisti: la Brexit e la rivoluzione trumpista.

 

La segretezza dell’incontro, avvenuto quasi in contemporanea con l’avvio del governo, è stata richiesta dallo stesso Casaleggio e rispettata dall’americano. I motivi sono molteplici: il dominus non vuole svelarsi chiaramente per ciò che rappresenta e l’incontro se reso noto avrebbe dato la stura ad una serie di ipotesi. Bannon è la mente politica di Cambridge Analytica e, fatte le dovute distinzioni, cosa è stata la Casaleggio Associati e oggi l’associazione Rousseau se non una versione di Cambridge Analytica che parla italiano? Oggi la creatura di Bannon si chiama The Movement, e chissà se non avrà un ruolo nelle prossime elezioni europee.

  

Il trojan horse di Putin

Il governo Casaleggio-Salvini, pur avendo questi amori in comune, fa però a gara nell’ottenere i favori degli stessi interlocutori.

Prendete Salvini: ogni volta che può si smarca dall’alleato. Sul medio oriente – “Hezbollah terroristi” ha detto – su Maduro e con qualche distinguo anche sulla Francia e Macron.

Quasi volesse dire agli Usa, “sono io quello più affidabile”.

Ma qui il problema è Putin.

Con lo zar Salvini si è baciato, abbracciato e ci ha firmato un patto. Mosca lo ha proposto pubblicamente anche a Di Maio, ma non sappiamo se l’accordo sia stato chiuso. Benedetta trasparenza!

I report dell’intelligence americana lo dicono chiaro, “Salvini è il trojan horse di Mosca, come la Le Pen”, chiaro, netto, senza sfumature diplomatiche.

 

Step by step, incontro dopo incontro, accordo dopo accordo la collocazione storica dell’Italia nell’occidente democratico viene meno. Prima Putin, poi Bannon, che più che Trump, incarna il trumpismo isolazionista, e i fautori della Brexit. La nuova via italiana guarda a Putin dal punto di vista ideologico ma da quello del business non può far a meno di volgere lo sguardo verso Pechino.   

 

La via della seta e il 5G

Il ruolo coloniale della Cina in Africa è ormai noto. Recentemente la nostra diplomazia ha stilato un rapporto da Gibuti, dove insiste un importante contingente, il cui senso è: siamo circondati da Pechino. E siamo arrivati alla parola che tutti dicono sottovoce: e la Cina? Quanto conta nelle stanze del governo?

Ecco i fatti. Al governo c’è un tandem che viaggia spedito sulla nuova via della Seta, quella che da Pechino vuole entrare nel cuore dell’Europa. A guidarlo ci sono Luigi Di Maio e Michele Geraci – sottosegretario al Mise, l’unico leghista che viene ospitato sul blog cinque stelle. Il progetto di Geraci è semplice: trasformare il porto di Trieste nel nuovo hub della via della Seta.

 

Ma la grande e pericolosa partita con la Cina va sotto il nome di 5G, la rete di ultima generazione, che Huawei, asset strategico del governo di Pechino, è pronto a far sbarcare in Italia fagocitando ogni dato, ogni informazione statale, industriale, militare. Per intenderci, Inghilterra, Germania e Francia hanno stoppato qualunque affare del genere con Huawei.

Palazzo Chigi ha invece ricevuto il primo alert da Washington: la minaccia di interrompere i dispositivi di info-sharing con l’Italia se i cinesi entreranno con le loro reti.

 

Adesso è chiaro perché certi accordi commerciali possono spingere l’Italia ad abbandonare i suoi partner storici? O essere abbandonata da loro?

E come dimenticare i boatos che accompagnarono la visita di Tria a Pechino secondo i quali la possibilità di una vendita di ingenti pezzi di debito a est era una ipotesi sul tappeto. A Bruxelles l’Italia si è astenuta sul regolamento per lo screening degli investimenti esteri in Europa: astensione che vale come voto contrario. Domanda: è o no interessante sapere se Casaleggio ha interessi (clienti o fornitori) cinesi?

Al governo Salvini-Casaleggio non interessa sapere se potenze straniere stanno per acquisire beni strategici in Italia, i sovranisti di casa nostra sono pronti a cedere quote di sovranità a destra e a manca.

 

Lo splendido isolamento

Non serve immaginare la notte in cui l’Italia potrebbe fare la sua Italexit, dicevamo. Tutto arriverebbe per consunzione, perché Roma è completamente isolata. L’Italia ha rifiutato di firmare con la Francia un patto come quello di Aquisgrana, tra Parigi e Berlino.

 

Dopo aver chiuso i ponti con Parigi, sono i consiglieri di Mattarella che tengono aperto il dialogo con l’Eliseo, chiusi quelli con Berlino – al netto delle sviolinate di Conte alla Merkel – anche per la Spagna Palazzo Chigi è un alleato perduto. Da mesi vengono rinviati i summit, la pressione dei media spagnoli sul loro governo è fortissima, per loro Salvini è l’uomo nero con cui Pedro Sánchez non deve avere niente a che fare.

“Non si va contro la propria storia” chiosa uno dei consiglieri più lucidi di un ministro di primo piano. “È uno dei periodi più confusi degli ultimi decenni e noi cosa facciamo, cosa pensiamo di diventare? Una nuova Svizzera, un’altra Malta?”. O forse la domanda è: chi ci mangerà prima?

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