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La Cina vuole i porti italiani, Venezia firma per aumentare il traffico

Giulia Pompili

Ieri è stato firmato ad Atene un memorandum d’intesa finalizzato “a potenziare i rapporti e i traffici” tra il porto di Venezia e quello del Pireo, controllato dal colosso pubblico cinese Cosco

Roma. La Cina sembra sempre più attenta a entrare per vie preferenziali nei porti italiani. E l’accelerazione viene soprattutto dal fatto che la congiunzione astrale favorevole per siglare accordi strategici potrebbe non durare ancora a lungo. Quello portuale è infatti il settore che più spesso viene paragonato alla questione del 5G, almeno per quanto riguarda i dossier che valutano l’influenza di Pechino nei paesi stranieri. Non è un caso se nella proposta di legge sulla Golden power europea, di cui l’Italia era promotrice salvo poi un dietrofront del governo gialloverde, sia i porti sia le infrastrutture telefoniche ricadessero nell’ambito dello screening europeo sugli investimenti stranieri.

 

Ieri è stato firmato ad Atene un memorandum d’intesa finalizzato “a potenziare i rapporti e i traffici” tra il porto di Venezia e quello del Pireo, controllato dal colosso pubblico cinese Cosco. L’accordo, secondo il presidente dell’autorità di sistema portuale dell’Adriatico settentrionale, Pino Musolino, “si somma alla collaborazione siglata negli scorsi mesi con Cosco Shipping per un collegamento settimanale Pireo-Venezia”, e serve a “dimostrare che lo sviluppo dei traffici richiede primariamente accordi commerciali, ottimizzazione dei servizi e interventi infrastrutturali mirati”. Venezia, secondo le mappe della Belt and Road Initiative, è il punto di arrivo del mastodontico progetto infrastrutturale e d’influenza cinese, lanciato nel 2014 dal presidente Xi Jinping, nella sua rete “marittima”. Un memorandum d’intesa non è una cessione a Pechino, ma di certo un piccolo favore ai traffici che partono dal Pireo. Su questo, Musolino ha un approccio serio e pragmatico. Il 16 dicembre dello scorso anno su questo giornale, intervistato da Alberto Brambilla, Musolino diceva: “Noi come Italia ed Europa non abbiamo bisogno di finanziamenti cinesi, a noi interessa semmai avere flussi commerciali maggiori, che anche i cinesi possono offrire, e aumentare i traffici nei nostri porti”. E poi: “E’ preferibile mettere le società pubbliche in condizioni di lavorare meglio anziché procedere a una privatizzazione dei porti con delle Spa private messe sul mercato perché, eventualmente, molti soggetti privati, tra cui anche i cinesi, ci farebbero un lauto pasto. Non è una prospettiva molto remota, in quel caso, la cessione del controllo di una struttura strategica per l’economia e per l’esistenza stessa di un paese costiero come il nostro. Di certo dobbiamo fare affari con tutti, ma se proprio dobbiamo fare una scelta preferisco l’alveo euro-atlantico piuttosto che finire sotto un Beijing consensus”. Fare affari con tutti, ma con cautela.

 

Il problema, semmai, è capire cosa vuole fare esattamente il governo delle sue infrastrutture strategiche. Quel che sappiamo è che la Cina punta non solo al porto di Venezia, ma a vari infrastrutture nell’Adriatico. A giugno dello scorso anno il porto di Ravenna è diventato la sede europea della Cmit Europe, società della compagnia statale China Merchants Group. A metà dicembre una delegazione di Ravenna guidata dal sindaco Michele De Pascale e dal presidente dell’Autorità portuale Daniele Rossi è volata a Hong Kong. A breve uscirà il bando il Progetto Hub Portuale Ravenna, un investimento da oltre 260 milioni di euro, che però scarseggiano. Il porto di Ravenna ha bisogno di soldi e investimenti, la China Merchants Group è già lì.

 

Del porto di Trieste si parla già da tempo. Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Michele Geraci, oltre alle molte missioni in Cina è presente spesso anche a Trieste, che più volte ha indicato come “terminale” della Belt and Road Initiative cinese. “Trieste e il nordest Adriatico offre tantissime opportunità di sviluppo e la cooperazione con partner stranieri, vista anche la posizione strategica a ridosso della frontiera”, ha detto durante una visita ai cantieri insieme con il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi. Il 21 settembre 2018 Geraci ha agevolato un incontro tra il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, l’assessore alle Attività produttive della regione Friuli Venezia Giulia, Sergio Emidio Bini, e il presidente dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico orientale, Zeno D’Agostino. Legittimo, se non fosse per un particolare, il luogo in cui è avvenuto: la città di Chengdu, nella provincia industriale del Sichuan, dove era in corso la fiera Western China International che serve a promuovere proprio la Belt and Road Initiative.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.