Porto del Pireo (foto LaPresse)

A Xi basta un porto per domarli tutti

Maria Carla Sicilia

Il caso della mega acquisizione cinese del porto del Pireo mostra come nasce il cambiamento di una postura nella relazioni internazionali. L’Italia avrà lo stesso destino greco?

Negli affari non ci sono amici ma soltanto soci, scriveva Alexandre Dumas. Ma più gli affari sono importanti più tra soci si instaurano legami profondi per via della convergenza di interessi. In questo senso, la mega acquisizione cinese del porto del Pireo, in Grecia, è un caso da studiare nel contesto di una incredibile apertura dell’Europa verso la Cina. L’impresa cinese Cosco ha preso il controllo del più grande porto greco nel 2016, comprando per 368,5 milioni di euro il 51 per cento del capitale della Piraeus Port Authority, col placet dell’Agenzia greca per le privatizzazioni, che dovrà monitorare gli investimenti dei cinesi prima di affidare loro un’ulteriore quota del 16 per cento. Intanto, negli ultimi due anni e mezzo le relazioni tra i due paesi sono cresciute e lo dimostrano gli incontri diplomatici, come quello di settembre in Cina tra il ministro degli Esteri greco Nikos Kotzias e il suo omologo cinese e consigliere di stato Wang Yi, che hanno firmato un memorandum proprio sulle rotte marittime.

 

Il laboratorio delle fusioni, infografica di Enrico Cicchetti


  

L’intesa è spiegata bene anche dalle dichiarazioni del ministro dei Trasporti cinesi Li Xiaopeng, che a ottobre ha incontrato il ministro delle Politiche navali e delle isole, Fotis Kouvelis, per firmare un nuovo accordo sulla sicurezza nel settore del trasporto marittimo. In quell’occasione Li ha detto che l’impegno di Cosco nel porto greco non è stato solo una scelta strategica di investimento, ma anche la base per stringere una maggiore sinergia tra le strategie di sviluppo dei due paesi. Il riferimento è agli interessi commerciali, ma alcuni episodi hanno seminato dubbi sull’atteggiamento ellenico nei confronti della Cina anche sul fronte politico.

  

Mentre si completava l’operazione di acquisizione del Pireo, la Grecia ha contribuito a fermare una dichiarazione unitaria dell’Unione europea contro un’aggressione della Cina nel Mar Cinese meridionale. Un anno dopo, a giugno 2017, Atene ha sorpreso gli altri paesi delle Nazioni Unite presentando il suo veto sulla condanna da parte dell’Unione europea alla Cina per le violazioni dei diritti umani. Nel frattempo la collaborazione tra i due paesi si è spostata anche sul piano culturale, con lo scambio di studenti tra la Foreign Studies University di Pechino e la National Athens University, mentre Air China ha lanciato voli diretti tra Atene e Pechino.

 

  

Il Pireo però è solo uno dei porti su cui la Cina ha messo la sua bandiera, all’interno della Belt & Road Initiative (Bri), strategia con cui il paese intende creare una nuova via della seta per raggiungere l’Europa. Un anno fa c’è stata l’acquisizione del secondo più grande porto del Belgio, il terminal di Zeebrugge, e prima ancora i cinesi hanno messo le mani su asset portuali in Spagna e Italia, collezionando circa un decimo di tutta la capacità portuale europea. Ora, dopo l’ingresso in Pirelli, Cdp Reti ed Eni, negli anni passati, la Cina ha ambizioni sul porto di Trieste. Il caso greco mostra come a partire da un sodalizio portuale possa determinarsi il cambiamento di una postura nella relazioni internazionali, favorevole alla Cina. L’Italia avrà lo stesso destino greco?

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