Matteo Salvini nel 2014 con la maglia "Basta euro" (foto LaPresse)

Dramma No euro

David Allegranti

Sono stati eletti, pompati e nominati con la propaganda anti-euro, ma ora Salvini li smentisce. Reazioni e storie

Roma. Con la martellante propaganda anti euro, c’è chi si è garantito un posto in Parlamento, al governo o in tv da ospite fisso dei talk-show. Tutti nella Lega, peraltro, che ha promosso un’intera classe dirigente di twittaroli per portarla in posti di responsabilità. Alberto Bagnai, il “santone” dei No euro, è presidente della commissione Finanze del Senato, Claudio Borghi è presidente della commissione Bilancio della Camera, Antonio Maria Rinaldi – l’allievo del ministro Paolo Savona che sembra un personaggio dei film di Alberto Sordi – è protagonista quotidiano di inarrivabili supercazzole televisive. Adesso però navigano in acque agitate. Dopo aver titillato lo spirito fieramente No euro, raccogliendone il consenso, in queste settimane sono costretti a spiegare all’elettorato che cosa sta succedendo. 

 

D’altronde, l’Italia è sempre nell’euro e nessuno ha intenzione di imbarcarsi in avventure troppo spericolate. Lunedì, parlando alla stampa estera, Matteo Salvini ha sepolto definitamente le speranze dei no-euro. A chi gli chiedeva conto della svolta, visto che ormai il capo della Lega non invoca più l’addio alla moneta unica, Salvini ha risposto che “nel programma di governo della Lega e del centrodestra non c’era nessuna ipotesi di uscita dalla moneta unica o dall’Unione Europea”. Salvini ha detto di aver scritto lui “il programma di governo” e, lo ha ripetuto ancora una volta, “nel programma della Lega e del centrodestra non c’era nessuna uscita dall’euro né dall’Europa. E’ così da tempo, perché io ragiono con il reale, con il contingente, con l’oggi. Se lei mi chiede – ha detto rivolgendosi a un giornalista straniero – se l’euro è stata un’invenzione geniale, utile, intelligente, la storia di questi anni mi dice che se costruisci una casa, parti dalle fondamenta e non dal caminetto. E quindi una moneta senza popolo, senza banca e senza radici nella storia dell’uomo non ha molti precedenti. Però questo è, questo ci teniamo, in tasca abbiamo l’euro, in tasca avremo l’euro. E ci riproponiamo di andare in Europa per cambiarla dall’interno. Non ho nessuna idea di Brexit all’italiana in testa”.

 

In un colpo solo, Salvini ha sconfessato anni di battaglia dei no-euro, ma anche se stesso. Non è vero, infatti, che nel programma delle elezioni politiche 2018 non c’è scritto che la Lega vuole uscire dall’euro. A pagina nove si legge che “l’euro è la principale causa del nostro declino economico, una moneta disegnata su misura per Germania e multinazionali e contraria alla necessità dell’Italia e della piccola impresa. Abbiamo sempre cercato partner in Europa per avviare un percorso condiviso di uscita concordata. Continueremo a farlo e, nel frattempo, faremo ogni cosa per essere preparati e in sicurezza in modo da gestire da un punto di forza le nostre autonome richieste per un recupero di sovranità”. E ora chi glielo spiega ai tizi con la bandierina italiana su Twitter che la loro battaglia è stata liquidata? Dovrebbero farlo Borghi e Bagnai, ma anche per loro è difficile tenere a bada la ciurma, che da tempo è in preda al panico. Basta farsi un giro nelle chat su Telegram o nei gruppi su Facebook o, ancora, su Twitter, per vedere il malessere dei no-euro. “Visti i problemi che ci sono in Francia, l’Europa può ripartire dal dialogo tra Berlino e Roma. L’asse franco-tedesco sta mostrando dei limiti, farò di tutto per rinnovare un nuovo asse Roma-Berlino”, ha twittato Salvini (“E Tokyo?”, ha risposto ironicamente CasaPound).

 

Meritano di essere lette le repliche deluse al tweet: “Non ci posso credere, questo non è il Salvini che ho votato… Bagnai, Borghi, che succede??”. Eccolo, Borghi: “Invece io sto vedendo un grande politico che ha capito esattamente dove incunearsi in quello che dopo l’elezione di Macron sembrava essere un asse eurista inscalfibile”. Il presidente della Commissione Bilancio, insomma, vede una geniale strategia. Di sicuro quella che l’ha fatto eleggere lo era. “Facciamo che il prossimo che dà per fatta un’alleanza della Lega alle politiche con chicchessia senza uscita da euro nel programma lo clicco”, cioè lo blocco, diceva il 24 aprile scorso. Anche Bagnai è pronto a “rassicurare”, si fa per dire, citando una frase di Salvini di maggio, pronunciata durante una riunione: “Vi succederà di non capire. Ci sono due modi di non capire: non capire aspettando di capire, e non capire rompendo i coglioni. Scegliete voi”. Poveri no-euro, illusi e mazziati dal grande bluff di Borghi e Bagnai.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.