Il sindaco di Torino Chiara Appendino e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli (foto LaPresse)

Barberis ci dice perché Torino s'è stufata dei Cinque stelle

David Allegranti

Parla il presidente dei Giovani Imprenditori torinesi: contro lo sfascismo serve una nuova marcia dei quarantamila

Roma. “Il M5s e la sindaca sono riusciti a scuotere l’animo dei torinesi, di solito pacati nei modi e nei toni”. Alberto Barberis, presidente dei Giovani Imprenditori di Torino (foto a destra), spiega al Foglio come una città riservata e che fa dell’understatement la sua cifra abbia deciso di ribellarsi ai tanti, troppi no del M5s. “I torinesi possono concedere una seconda possibilità, ma c’è un limite a tutto. Spacchetti il Salone del Libro e loro si muovono e si mobilitano, facendo diventare un successo il salone alternativo; blindi il G7 a Venaria e loro dicono ‘va bene, lo capiamo’; togli le luci d’artista da via Roma e dicono ‘ok, ce ne facciamo una ragione’; blocchi la candidatura alle Olimpiadi e ci rimangono male, anche perché in giro si vedono ancora persone con le giacche a vento dei volontari delle Olimpiadi del 2006; quando però tocchi le tematiche di sviluppo del territorio non ce la fanno più. E se si muovono i ‘bogia nen’, significa che sei andato oltre”.

 

Se blocchi la Tav e ti perdi le Olimpiadi per scarsa convinzione e perché nella tua giunta c’è chi non è a favore dello sviluppo vuol dire, spiega Barberis, significa che devi dare un “gettone politico” al M5s. Ai torinesi però questo interessa poco, perché vedono solo che “l’amministrazione sui temi importanti e strategici di sviluppo si blinda dietro dei no”. Per questo “se non riusciamo a guardare al futuro con ottimismo siamo anche disponibili a partecipare a forme di dissenso che sono poco torinesi. Sono cose che succedono quando sei esasperato”.

  

In città manca il lavoro e le occasioni culturali da sole non bastano anche se non mancano, come dimostra il fine settimana appena concluso, pieno di eventi, a partire da Artissima. “Ben venga il turismo, in una città naturalmente non ci vai solo per lavoro ma anche se ti offre altro e se la qualità della vita è elevata. E’ vero però che una serie di opportunità concrete di rilancio del territorio sono state messe da parte perché non considerate come primarie. Anche aver detto no a un evento olimpico, per quanto difficile da realizzare, è significativo. Invece eventi come le Olimpiadi generano ripercussioni positive per l’occupazione, idem la Tav. Possiamo certo concentrarci su come spendere al meglio i soldi e come investire sul territorio le ricadute economiche che ci sarebbero, ma non possiamo deciderla se farla o no. Sono vent’anni che se ne parla, a che serve l’ennesima analisi su costi-benefici? Quelle che sono già state fatte in passato non andavano bene?”.

 

Barberis è convinto che non sia tutta responsabilità della sindaca Chiara Appendino, “neanche c’era in Consiglio comunale quando hanno votato il No alla Tav. Però si è trattato comunque di un autogol, credo dovuto anche a inesperienza e non per cattiva fede”. Fatto sta che alla fine i torinesi si sono stufati. “E’ vero che comunichiamo molto poco quello che realizziamo, ma se non vediamo neanche la volontà di farle le cose ci arrabbiamo. Perché un conto e fare e non comunicare, un altro conto è non comunicare perché non hai fatto niente”. Ma gli imprenditori non hanno delle responsabilità nell’aver concesso troppo credito a Chiara Appendino, che peraltro viene dal mondo dell’impresa? “Noi dobbiamo sicuramente confrontarci con chi governa e rappresenta le istituzioni, e da parte nostra c’è sempre stata la volontà di dialogare per confrontarci sui progetti. Ma l’amministrazione si è concentrata sui problemi più piccoli o limitati senza guardare alle questioni strategiche. La volontà di realizzare progetti per garantire lo sviluppo della città non c’è stata, lo vediamo anche a livello nazionale. Confindustria fa fatica a essere considerato un interlocutore, visto che questo governo disintermedia, non ascolta le categoria o in generale i corpi intermedi e parla direttamente alla pancia del popolo. Anche a livello locale abbiamo patito questo approccio. Non tanto da parte di Chiara Appendino, che conosco e la reputo una ragazza intelligente e capace, quanto dalla sua giunta che per motivi ideologici non ha voglia di confrontarsi”. Per questo oggi c’è chi evoca la marcia dei quarantamila degli anni Ottanta, dice Barberis. “Era da allora che non si discuteva e non si alzava una voce così chiara e netta. E’ che siamo preoccupati”. Anche i torinesi, insomma, nel loro piccolo s’arrabbiano.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.