Chiara Appendino (foto LaPresse)

Guai per Appendino

David Allegranti

C’è un consigliere comunale del M5s che voleva le Olimpiadi e non è contro la Tav: “Alla città serve un piano”

Roma. Marco Chessa è un consigliere comunale atipico del M5s di Torino. Ha votato contro l’alleanza M5s-Lega a livello nazionale, era favorevole alle Olimpiadi e sulla Tav, di cui attende l’analisi costi-benefici, non ha un pregiudizio ostile. “Ma c’è da dire, e il discorso vale sia per la Tav sia per le Olimpiadi, che non bisogna incentrare il rilancio di Torino solo su un evento o su una sola opera”, dice Chessa al Foglio. Olimpiadi e Tav sono due cose che “sicuramente possono portare benefici, ma la città ha bisogno di un piano strategico ben definito. Per fare questo servono coordinate a livello orizzontale, non a livello verticale”. La Tav, per dire, “non va elevata a unica salvatrice della patria ma bisogna vedere che effettiva utilità abbia. Sarà che sono un po’ san Tommaso, come tutti i grillini d’altronde…”. L’impostazione di Chessa, si capisce, è assai diversa da quella della maggioranza dei Cinque stelle torinesi. Anche nei toni. “Il M5s è nato come movimento fatto da cittadini che entrano nelle istituzioni, quindi dobbiamo portare sì i dettami e il credo del M5s nelle istituzioni, ma dobbiamo parlare con tutti”. 

 

“Io spero in una maggiore condivisione, creare consenso è giusto ma non a scopo elettorale bensì di unità d’intenti”. A questo proposito, dice ancora Chessa al Foglio, “sa qual è la differenza fra Torino e Milano? Che se c’è un’idea buona, Milano la condivide a prescindere da chi la fa”. Quindi “bisogna trovare un’idea per far crescere la città, dobbiamo creare una sinergia tra ente pubblico e mondo privato per il bene della città”. Chessa l’ha scritto anche in un lungo post su Facebook che ha creato qualche malumore tra la “base” grillina, come si capisce da qualche commento. “La discussione scaturita intorno alla linea ad alta velocità Torino-Lione è sintomatica circa l’attuale stato di salute della nostra città”, scrive Chessa. Una città “che vive in una permanente campagna elettorale scandita da slogan di varia natura e polarizzata in una inutile ‘guerra tra bande’ dove le diverse fazioni provano ad attrarre nuovi sostenitori al fine di annientare l’avversario”. Insomma “sono tanti i treni che abbiamo visto partire negli ultimi anni: penso alla Fiat, alla piccola e media impresa, al settore metalmeccanico e ai grandi centri direzionali del settore finanziario e assicurativo. Molto spesso mi sono interrogato su come mai questi treni siano stati lasciati partire e quanto sia stato fatto dalle istituzioni politiche, dalle associazioni di categoria e dai corpi intermedi per cercare di impedirlo…”. Le continue e annose divisioni “non credo possano fare bene a Torino, soprattutto in questo delicato periodo storico. Le guerre, poi, hanno sempre e solo mietuto vittime, feriti, contusi e dispersi. E’ ora di andare oltre le mere visioni campanilistiche che stanno rallentando la città e che aumentano le distanze con le altre realtà italiane. Dopo la dipartita dell’industria automobilistica, Torino ha cercato di reinventarsi in diverse vesti, come quelle culturali, turistiche, universitarie ed enogastronomiche: opzioni sicuramente utili, ma che non hanno però risolto i veri problemi della città e che stanno perdendo la loro iniziale spinta propulsiva”.

 

Viene naturale, a questo punto, il confronto con Milano, specie dopo le parole di Appendino sul capoluogo lombardo che “scippa” cose a Torino. Anche qui Chessa pare avere un approccio diverso rispetto alla sindaca ma anche al resto del gruppo. Chessa ci ha lavorato per anni a Milano, dice al Foglio che le due città “sono differenti”, che Milano “ha una identità ben precisa, mentre Torino se la sta creando”. Turismo e cultura “possono essere un ambito di rilancio per la nostra città ma non possono rilanciarla totalmente. Milano è perfetta per lavorarci ma non per viverci, ma io non mi sento in competizione. Non sono uno che ce l’ha con Milano”. Chessa preferisce piuttosto far crescere Torino. “Questa è una città che dovrebbe togliersi la maglia e inseguire un’idea buona quando c’è”. Quindi c’è troppa ideologia? “Guardi, l’ideologia è da tutte le parti, non solo nel M5s. Torino è una città che si divide e non condivide. Invece servirebbe unità”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.