A Torino c'è chi dice sì. E adesso scende anche in piazza

Redazione

Il 10 novembre manifestazione per chiedere “strumenti per lo sviluppo e non per la decrescita”. L'appello di organizzazioni imprenditoriali, di categoria e sindacati: “Siamo contro una politica che non tiene conto della realtà”

Il populismo potrà essere un buon vaccino per la nostra democrazia se saprà produrre gli anticorpi giusti per reagire ai professionisti dell’incompetenza, scriveva la settimana scorsa Claudio Cerasa. Il 10 novembre, sabato prossimo, a Torino, scenderanno in piazza alcune organizzazioni di categoria che chiedono al governo cittadino, guidato dalla grillina Chiara Appendino, di non fermare la costruzione dell'alta velocità Torino Lione. Dopo il voto espresso dal Consiglio comunale lunedì scorso, alcune delle realtà del tessuto produttivo della città si sono compattate per mandare il proprio messaggio all'amministrazione e il messaggio è questo: “Non siamo contro qualcuno, ma contro una politica che non tiene conto della realtà che tutti noi cittadini viviamo ogni giorno, una politica che non dà futuro alle nostre imprese, attività, al lavoro e ai nostri figli”. 

   

La Tav è attualmente oggetto della famosa valutazione costi benefici che il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sta conducendo su alcune grandi opere in corso di realizzazione. Ma in realtà la cornice in cui si inserisce il nulla osta del governo è più complessa di un semplice calcolo economico e riguarda equilibri interni alla maggioranza, al rapporto con gli elettori, con l'Europa e in particolare con la Francia. La Lega è favorevole al suo completamento ma per il M5s, dopo il sì al gasdotto Tap, sarebbe complicato infliggere un altro colpo al proprio elettorato. E mentre la Francia, da parte sua, sembra aver rallentato i lavori in attesa di capire cosa farà l'Italia, l'Europa insiste e ricorda che ci sarebbero alcune penalità economiche in caso di chiusura dei cantieri. Di fronte a tutto questo, il governo prende tempo. 

  

   

  

A scendere in piazza per chiedere “strumenti per lo sviluppo e non per la decrescita” sarà uno spaccato molto trasversale del tessuto produttivo torinese. Tra questi si scorgono anche alcuni dei protagonisti che durante la campagna elettorale per le elezioni politiche avevano accolto con entusiasmo Luigi Di Maio, e che oggi fanno un passo indietro (ops!). Dalle associazioni di categoria degli industriali alle diverse rappresentanze locali di Confindustria, gli edili, gli agricoltori, gli alberghieri, gli architetti, i commercialisti e i commercianti. Ma non solo. L'amministrazione di Torino è riuscita a fare quello che gli altri governi non sono riusciti ancora a fare e che probabilmente si potrà replicare anche su scala nazionale se alcuni degli stalli sulle infrastrutture non si sbloccheranno, e cioè riunire nelle stesse piazze sindacati e imprese. E infatti sabato prossimo ci saranno anche la Cisl, la Cgil e la Uil locali a chiedere di “lavorare tutti insieme per lo sviluppo la crescita di Torino, del suo territorio e dell’Italia”. A questo si aggiunge una prospettiva europeista. “Uniti per il bene della nostra comunità, per il suo benessere attuale e futuro in Europa”, si legge nelle poche righe del comunicato. E la prospettiva, come dice lo stesso comunicato, non è politica ma guidata dalla volontà di far crescere il paese. Un obiettivo che passa dalle infrastrutture, dagli accordi commerciali con i paesi esteri, da frontiere aperte e amiche, e non dall'isolamento.

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