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La mistica delle gente semplice è una turlupinatura

Giuliano Ferrara

Il popolo di cui parlano Bannon e Galli della Loggia, che strana coppia, è un’insopportabile caricatura. Ora l’apologia della rivolta della classe media contro le élite è diventata la nuova correttezza politica

La mistica della gente semplice, abbracciata da Bannon e da Galli della Loggia, che strana coppia, è una turlupinatura. Bannon vuole dare voce alle classi popolari americane e europee tradite dalla globalizzazione, bla bla bla, che fa gli interessi strategici del mostro cinese e avvilisce la middle class, senza peraltro proporsi il tema delle classi popolari cinesi, asiatiche, africane, sudamericane, piuttosto numerose: non hanno diritto anche loro, a parte la ciotola di riso fino a ieri mancante, di consistere in competizione con noi come gente semplice dotata di un’auto, di una casa, di una pensione, di infrastrutture, sanità, mobilità individuale e familiare, magari un piccolo patrimonio? Galli della Loggia dà la colpa come sempre ai comunisti, ai quali un tempo rimproverava di non essere abbastanza liberali e globalizzatori e modernizzatori. Oggi li rampogna perché non hanno mai creduto, vero, in una nozione di popolo come folla anonima destrutturata, piccolissima borghesia fiera delle sue incoerenze e volatilità, orgogliosa della sua ignoranza e pronta a cedere il passo a demagoghi privi del congiuntivo e di molte altre cosette come il senso della storia, dello stato e una infarinatura sulle leggi bronzee dell’economia finanziaria.

    

I due teorici sono membri illustri delle élite, accademia italiana e Harvard, ma la trahison des clercs è in agguato. “Il nostro è un tempo in cui uomini di pensiero o che si dicono tali affermano di non voler sottomettere il loro patriottismo a alcun controllo razionale, proclamano (come Maurice Barrès) che ‘se la patria avesse torto, bisognerebbe darle ragione’, dichiarano traditori della nazione i loro compatrioti che mantengono al riguardo la libertà dello spirito o almeno di parola” (Julien Benda, “La Trahison des clercs”, fine anni Venti). Insomma, se io dico che Soros è un capitalista e uno speculatore benemerito piuttosto che un nemico del popolo, perché arricchendo sé stesso ha arricchito il mondo, e i suoi soldi li ha anche spesi (o buttati, vista la replica ungherese di Orbàn) per la democrazia nell’est europeo, sono un disertore degli interessi elementari, giudeo-cristiani (oops!) delle classi popolari. E se insisto che il Truce e Giggino sono degli scappati di casa di successo, allora sono un elitario che non capisce la gente semplice e i suoi riflessi condizionati d’ordine e di autotutela, esplosi dopo la crisi dell’establishment e le turbolenze del 2008, il popolino che disprezzo perché privo dei partiti, della cultura, della disciplina e della razionalità borghese cosmopolita.

      

Ma non è così. Nel suo libro un po’ sulfureo ma divertente sul destino francese, il nazionalpopulista Eric Zemmour cita un vecchio libro del giurista e filosofo della storia Carl Schmitt, “Terra e mare”, in cui questo gigante intellettuale che si compromise col nazismo, ma ne conosceva bene le premesse, spiega che alla radice di tutto sta uno scontro tra concezioni del mondo. “Secondo la raffinata analisi di Carl Schmitt, c’è un legame logico tra il mare, il protestantesimo calvinista, il commercio e il libero scambio, il costituzionalismo e il parlamentarismo, il capitalismo e l’ideologia dei diritti dell’uomo. E a contrario lo stato, la terra e il cattolicesimo romano, la nazione e le frontiere stanno assieme”. Ora, io sono papista di condizione naturale, ma cristiano riformato per curiosità intellettuale, e alla fine un laico lettore di Karl Marx il quale crede che la libertà per tutti, e una compatibile misura di eguaglianza, viene dallo sviluppo mondiale delle forze produttive, non dall’ancoraggio alla terra e alla nazione: “Proletari di tutti i paesi, unitevi!” era un concetto diverso da “popolino ribellati in nome della nazione”.

  

Insomma, ognuno se la mena come può. Ma non venite a dirmi che i trionfi di Trump, di Putin, di Duterte e di Bolsonaro, legati come sono alla mistica della gente semplice, esprimono qualcosa di diverso e di più saliente della nevrastenia contemporanea, un’ondata schiumosa che porta come detrito non i popoli ma la loro insopportabile caricatura. Ci fu un’epoca intera in cui era felicemente scorretto parlare rapiti di popolo, di scontro di civiltà e di imperialismo democratico e liberale, si era come i pirati conquistatori del mare su mandato di Elisabetta I d’Inghilterra, ora l’apologia della rabbia, frustrazione e rivolta della classe media contro le élite internazionaliste è diventata una filastrocca sgradevolmente conformista, la nuova correttezza politica.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.