Jair Bolsonaro (foto LaPresse)

In fuga dall'Europa eccoci in America Latina

Giuliano Ferrara

Ma non è quella dei sogni e del realismo magico: siamo in una specie di Bolsonaro mood. Procediamo di fallimento in fallimento. E il governo dei caudillos gode della legittimazione tipica di tutti i caudillos

Dobbiamo guardare, per capire, al modello che ci siamo scelti con le elezioni del 4 marzo e la formazione del governo gialloverde (dell’Europa “me ne frego”, come dice il Truce): l’America Latina. Pensate al Nicaragua, dove una coppia dinastica di rivoluzionari sandino-castristi di nome Ortega reprime il popolo affamato più o meno come faceva il dittatore Somoza. Pensate all’Argentina, dove i peronisti ai quali si ispirano Salvini e Di Maio hanno ridotto un’economia e un reddito pro capite un tempo ben messi, con la prospettiva di creare una classe media civilizzata, a un cesso. Pensate al Venezuela, dove il chavismo che ha tanto affascinato la gauche europea per quel misto di demagogia (tanta) e di petrolio (tantissimo) è finito con l’esodo disperato del popolo alla ricerca di pane, manna, una cosa che definirla biblica è solo un eufemistico luogo comune. Pensate al Brasile, dove a una dinastia trabajadora di inetti e corrotti buoni e pensosi del progresso popolare sta per sostituirsi un populista che vuole morto piuttosto che gay suo figlio, ha nostalgia per la dittatura militare, non crede nelle denunce di stupro se lei è brutta, e ha costruito sull’ideologia della sicurezza un impero di voti pescato a destra e a sinistra.

 

L’America Latina, e si potrebbero citare molti altri esempi della sua deliquescenza, è stata un mito del Novecento, sulla scia del modello Castro. Dove noi abbiamo una farsa molto pericolosa in atto, loro hanno avuto leggende, letterature, sensualità, ballo, ritmi, un’allegria che ha contagiato per decenni l’opinione mondiale carnevalesca, modello Copacabana, degli utopisti. In Italia la stessa dinamica, che ha portato miseria e disdetta a un continente sognatore in nome del popolo, si produce senza sensualità, a ritmo di selfie da balera, con un linguaggio e modi tristi, banali, inferiori al carattere, al temperamento, delle tempestose e fallimentari e sinistre ondate di irrazionalità autarchica, corporativa, plebea che ha travolto il continente della latinità più miserabile. Siamo incamminati verso una sfiga peggiore di quella di Caracas, Managua, Brasilia eccetera, ma l’incompetenza, la capacità di illusione, la mistica e propaganda miserabilista, queste ci uniscono al ciclo sudamericano. Siamo in fuga da un esperimento che per settant’anni ha garantito pace e sviluppo, cultura e reddito, scambio e saperi, welfare e istituzioni rappresentative liberali fortissime, e una moneta alla quale non vogliamo rinunciare ma che potrebbe presto rinunciare a noi, e ci ricolleghiamo a un passato ducistico, a una logica guerrafondaia di cartone, alla perfida Gallia al posto della perfida Albione, a slogan e tiritere di cui un antico paese di ottime e raffinate maniere, con tutta la sua ferocia machiavellica, dovrebbe vergognarsi.

 

Il governo dei caudillos gode della legittimazione tipica di tutti i caudillos, l’aspirazione ad arrangiarsi, a plaudire al potente che si costruisce la propria fortuna con le sue sparate, al posto di Evita abbiamo la Taverna o la Raggi, di fallimento in fallimento procediamo sicuri svendendo la credibilità di regioni operose e di aree tecnologiche e esportatrici famose nel mondo sull’altare di mezzi o tombali condoni, di feste dell’orgoglio grillino, di celebrazioni del debito proclamate da un balcone, di false lotte al privilegio, con l’assedio alle banche truffatrici, si dice, e alle assicurazioni da sempre, specie nel meridione, truffate dal popolo (a farla “equa”, cioè a eguagliarla per legge, la polizza diminuirebbe al sud, dove è una finzione o quasi, del 40 per cento, causa manipolazione dolosa e popolare sistematica, e per compensazione al nord, dove è una cosa seria, crescerebbe di altrettanto). 80 euro di aumento a chi lavora e decontribuzioni per creare nuova occupazione sono considerati una barbarie del passato riformista, si torna alla carta sociale allargata di Tremonti, che ha già fatto fallimento una volta, e si controllano le spese delle perdite di cittadinanza, il reddito gratis, se siano morali o immorali, intanto va avanti il progetto di infantilizzare e rendere sudditi i cittadini con le leve della pensione anticipata e ridotta, l’abolizione della giustizia fiscale con i complimenti dei sindacalisti peronisti alla Landini che un giorno tuonavano contro l’evasione, in un delirio di spese improduttive che sta già alimentando declassamenti, fughe di capitali, curiosità entomologica in Europa per questi parassiti di nuova specie che poi sono una vecchia figura storica e sociale. Siamo nell’America Latina, ma non quella dei sogni e del realismo magico, non quella piovosa e fangosa della saga di Macondo, siamo in una specie di Bolsonaro mood, ma senza García Márquez, al massimo con il commento letterario di Andrea Scanzi. Stiamo messi bene.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.