Riccardo Molinari (foto Imagoeconomica)

L'imbarazzo della Lega a spiegare i provvedimenti voluti dal M5s

Annalisa Chirico

Parla il capogruppo alla Camera Molinari: “Ero scettico sull’alleanza, per ora funziona. Ma tutti si diano una calmata”

Roma. “La sciagura è che in tv ci andiamo noi, i grillini non ci vanno, e così tocca alla Lega difendere provvedimenti indefiniti e vaghi. Io sono un avvocato, non sono abituato a parlare per sentito dire”. A pochi passi dalla Camera c’è un desolato Riccardo Molinari, capogruppo leghista a Montecitorio, per metà alessandrino e per metà genovese. L’onorevole sembra un po’ demoralizzato. “Ormai ho paura di parlare, ogni frase viene gonfiata ad arte, invece in questo momento è bene darsi tutti una calmata”. In effetti, a voler fare un breve résumé, nel giro di poche ore lo stesso Molinari dichiara che “il caos sui mercati nasce dal reddito di cittadinanza”, il collega Claudio Borghi evoca l’Eden di una possibile Italexit e il vicepremier Matteo Salvini dà dell’ubriaco al numero uno della Commissione europea. Che si stia esagerando? “Tutti sappiamo come la pensa Borghi, di che stupirsi? Io ho semplicemente detto che i mercati sono agitati perché, allo stato attuale, non si conoscono le norme in dettaglio, discettiamo di misure che nessuno ha letto, io stesso in tv mi ritrovo a spiegare il reddito di cittadinanza per come lo raccontano i grillini, non ho un pezzo di carta in mano, niente”.

 

Da giorni, nonostante le rassicurazioni del premier Giuseppe Conte, lo spread va su e la Borsa va giù. Forse la strategia del governo è difettosa? “Lo spread riusciremo a tenerlo basso, ci stiamo impegnando”. A Molinari, che è anche segretario della Lega in Piemonte, dove i grillini si oppongono a Tav, Terzo valico e via discorrendo, il matrimonio con il M5s non convince granché. “Ammetto che all’inizio ero tra i più scettici, poi ho visto che Salvini e Luigi Di Maio hanno saldato un patto vero, leale, fondato su un contratto di governo che non contempla l’uscita dall’euro”. Con il deficit al 2,4 per cento l’Italia sfida i vincoli europei, gli investitori non si fidano e la spesa per gli interessi sul debito lievita. “Ho sentito le parole del ministro Giovanni Tria che punta a una riduzione strutturale del debito nel giro di un triennio. L’Europa non ha alcun interesse a spingere l’Italia verso l’uscita”. Dice che senza di noi l’Unione europea cade a pezzi? “Siamo un paese fondatore, la seconda manifattura del continente, per questo Juncker ha sbagliato a evocare uno scenario greco, ha lanciato una provocazione inaccettabile e Salvini gli ha risposto a brutto muso. Adesso però dico: diamoci una calmata tutti quanti”. Molinari sembra un po’ preoccupato, a dire il vero. “Sono sicuro che quando i mercati conosceranno la manovra in dettaglio, lo spread calerà”.

 

E’ il refrain di Conte, ancora. “Non so se ci sia un complotto ma i mercati agiscono anche su mandato di alcuni grandi finanziatori internazionali, è già accaduto nel 2011 quando si agitò lo spread per piazzare Mario Monti a Palazzo Chigi. Stavolta non accadrà: il governo tiene, basta democrazia sospesa”. L’euro è reversibile? “In una unione monetaria che non è mai diventata unione politica, priva di un bilancio comune e con una banca centrale che non è la Federal reserve statunitense, l’euro è certamente reversibile. Allo stato attuale, sul piano tecnico, esso è un mero accordo sul cambio”. Il ritorno a una moneta nazionale provocherebbe uno scenario-Argentina. “Non è così, e le dico che la fine dell’euro potrebbe avvenire non per volontà dell’Italia ma, per esempio, per decisione dei tedeschi. Io sono un convinto federalista europeo, e sposo in pieno il pensiero del ministro Paolo Savona”. Il piano B, la profezia che si autoavvera. “Ogni paese ha un piano B, del resto è inevitabile, persino Trump ha imposto i dazi all’Europa per difendersi dall’espansionismo commerciale tedesco. Se dipendesse dalla Lega, il quantitative easing di Mario Draghi diventerebbe una misura strutturale, non temporanea. Ci serve una Banca centrale dotata dei poteri dell’omologo statunitense, l’Europa va totalmente ripensata. Stavolta il popolo non cederà al ricatto di commissari e tecnocrati”.

 

Ci sono 400 miliardi di titoli da rinnovare il prossimo anno come quote del debito pubblico in scadenza. Fino a che punto possiamo tollerare l’aumento dello spread? “Non saprei indicare una soglia esatta, però stiamo lavorando per tenerlo basso”. Eppure sale. “Anche i governi passati hanno finanziato in deficit misure come bonus cultura e ottanta euro. Il reddito di cittadinanza non mi fa impazzire ma è previsto nel contratto di governo, vedrete che la riforma dei centri per l’impiego diventerà un assist per le politiche attive”. Il ministro Tria ha annunciato che farà ricorso alla Guardia di Finanza per prevenire gli abusi. “Dobbiamo evitare che s’incentivi il lavoro sommerso, io resto fiducioso. Alla fine contribuirà a creare lavoro”.

 

Come spiega la Lega al mondo produttivo del nord una manovra che prevede l’ennesimo trasferimento di ricchezza da chi lavora a chi non lavora? “C’è un primo passo di riduzione fiscale con un occhio alle imprese. Per esempio, le società che reinvestono gli utili in azienda, per nuovi macchinari o assunzioni stabili, beneficeranno di un calo dell’Ires dal 24 al 15 percento”. In questo clima di tensione alle elezioni europee sarà più facile gridare contro l’Europa matrigna. “La Lega non fa parte delle famiglie tradizionali, socialisti e popolari. Noi daremo vita a un nuovo raggruppamento transnazionale, di marca sovranista, e sfideremo il sistema che ha governato fino a oggi. Le reazioni di chi, dalla burocrazia alle élites finanziarie, si oppone al cambiamento non mi stupiscono”. Nella nuova famiglia sovranista lei vede bene pure il premier ungherese Orbàn? “Lui è nei popolari con Silvio Berlusconi. Condividiamo la sua critica alle politiche migratorie europee ma ciò non fa di Budapest il nostro modello di buon governo”.

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