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Così il Pd va verso la piazza

Marianna Rizzini

Sperare o disperare? Il Partito democratico si prepara al 30 settembre con azione di auto incoraggiamento

Roma. Tra la cena naufragata di Carlo Calenda e le speranze di parziale resurrezione almeno mediatica (manifestazione di domenica 30 in Piazza del Popolo, alle 14, con scaletta libera e chiusura del segretario Maurizio Martina), c’è ora per il Pd, prima di tutto, l’urgenza di riempirla, quella piazza, specie in un momento in cui persino Roberto Giachetti, già vicepresidente della Camera e candidato a sindaco di Roma, con humour inglese dice quello che nessuno vorrebbe dirsi o sentirsi dire, nel partito che i dati Youtrend collocano due punti sotto i non vittoriosi numeri del 4 marzo: “Tra sei mesi rischiamo di fare un congresso senza elettori”. E insomma il tempo è poco, lo spostamento dell’evento alla domenica (causa derby del sabato) angoscia chi, da giorni, fa la conta preventiva dei treni, dei torpedoni, delle macchine e dei partecipanti a piedi – tutta gente con le migliori intenzioni che sa di doverci essere anche se i tempi non sono più quelli del Circo Massimo di Walter Veltroni (tornato sulla scena, via Repubblica, circa un mese fa con una lettera aperta in cui auspicava l’avvento di una “nuova sinistra”: “Non esiste evidentemente in Italia e altrove un pericolo nazista”, scriveva W., “anche perché la storia non si ripete mai nello stesso modo. Ma la mia angoscia, l’angoscia di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita a ideali di democrazia e progresso, è che non si abbia la ‘percezione’ di quello che sta accadendo. Che non ci si accorga che parole un tempo impronunciabili stanno diventando normali”). Due giorni fa, invece, sul Corriere della Sera, è intervenuto Francesco Rutelli, invitando il Pd al “cambiamento di stile” (raccoglieva il governatore del Lazio e candidato alla segreteria del partito Nicola Zingaretti: “Dobbiamo risultare più credibili nei confronti degli italiani”).

 

E però, prima degli italiani, bisogna convincere se stessi, visto il morale a terra nel Pd che Matteo Orfini, presidente del partito, vorrebbe ” sciogliere e rifondare”. Ed ecco che, dopo le feste dell’Unità in cui l’ex segretario ed ex premier Matteo Renzi si è sentito per così dire rincuorare da una parte della base (fermo restando il rebus della scelta del candidato renziano per il congresso suddetto), dal Nazareno mezzo silente si levano le voci della (sperata) riscossa. Il concetto è: anche se non suoniamo la stessa musica, basta che qualcuno suoni qualcosa. E non passa mattina, infatti, che non arrivi un nuovo appello, un nuovo tweet di incoraggiamento (e auto incoraggiamento), del tono di quello lanciato ieri dall’ex premier Paolo Gentiloni (“ogni giorno c’è un motivo in più per essere in piazza a Roma il 30 settembre… fiducia nell’Italia e forza nell’alternativa”) o dall’ex ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli (“è importantissimo essere in tanti e tante donne e uomini”, in nome della “convivenza civile e democratica” e contro “la politica dell’odio”, per dare un segnale di stop al governo gialloverde “reazionario ed estremista” che “ci sta facendo tornare indietro”). C’è chi, come il sindaco di Firenze Dario Nardella, punta sull’idea di riunire “l’Italia che non ha paura” e chi vorrebbe “riorganizzare il campo progressista” (ma il punto è: con chi, visto lo stato dei rapporti con gli ex fuoriusciti e con le sinistre-a sinistra del partito). E pazienza se, per ogni appello alla reazione (vedi il capogruppo al Senato Andrea Marcucci che invita il milite ignoto democratico a non rassegnarsi ai gialloverdi e a convergere nella capitale con “determinazione ed entusiasmo”), c’è sempre qualcuno che sottotraccia insiste: “Dovete parlare con i Cinque stelle”. Tantopiù che il candidato alla segreteria Zingaretti con i Cinque stelle per così dire “dialoga” in Regione, anche se in questi giorni, visto il decreto immigrazione, deve contemporaneamente attaccare in modo tranchant la Lega a livello nazionale. “L’anti-Salvini”, così è stato definito il candidato segretario a “Stasera Italia”, ospite di Barbara Palombelli, su Rete 4. E Zingaretti un po’ si schermiva un po’ no: “Io non so se sono l’anti-Salvini… certo i problemi dell’Italia Salvini non li risolverà mai perché ci campa… Sicuramente lui è stato popolare anche per questo motivo… ma il tema è la ricostruzione di un rapporto di fiducia tra le persone e chi si candida. Occorre un’azione politica che non cavalchi i problemi ma si sporchi le mani per risolverli”. Intanto l’avvilito popolo pd, in attesa della domenica di piazza, si dibatte tra due opzioni: sperare o disperare?

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.