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Non si possono cacciare i Salvini con un cinguettio

Giuliano Ferrara

A noi le istituzioni e le regole, a loro i fatti. Da dove nasce l’impotenza dell’alternativa all’internazionale dei truci

“Come facciamo a cacciare Salvini”: ecco un buon tema in classe, e Dio protegga l’insegnante che a tradimento lo ha assegnato agli alunni. Solo che lo svolgimento è difficile. Il problema sta nella nozione di “fatto” (le retoriche conseguenti seguiranno). Per cominciare il compito, non ha senso partire dalla legge italiana di Stabilità. Mussolini predicava Quota novanta, l’autarchia era un complemento dell’impero e di altre simboliche capaci di irregimentare/ci a certe altezze. Qui ci sono due partiti in tirocinio di successo che hanno dalla loro un “fatto”: uno è il partito dell’egoismo e del rigetto risentito, e gli danno il decreto sicurezza e le trappole della pomposa e miserabile campagna sui porti chiusi; l’altro è il partito dell’assistenzialismo, e per quanto non sappiano fare decreti e ponti, per quanto si scordino l’indicazione delle cifre di spesa, vedrete che alla fine la quota 1,8 o 1,9 di deficit sarà attinta, a forza di gridare e minacciare; e avendo giurato nell’interesse della nazione, il buon Tria qualche soddisfazione in termini di spesa pubblica demagogica ai nanetti 5 stelle gliela darà. L’alunno che parta di qui per fare il tema in classe si troverebbe a mal partito.

  

Partiamo invece dalla riunione dell’Onu di ieri, e dai discorsi incrociati di Trump e Macron sui quali provammo a scrivere una recensione a caldo. Dove stava la differenza? Nei fatti. Il presidente americano, che non ha troppi obblighi, non ha quote da rispettare, sta seduto sull’economia più grande e su un apparato della forza intimidente, esibiva fatti e produceva fatti. Kim l’ho domato perché ce l’ho più grosso, applauditemi (risate, ma con un gusto amarognolo sulle labbra). Con la Cina sto facendo i conti, e queste sono le percentuali dei nuovi confini tariffari. L’immigrazione, aspettiamo il muro nel Sahara, da me garbatamente proposto, e intanto godiamoci il muro col Messico, al quale ho peraltro dettato un nuovo Nafta che ha dovuto accettare (e poi al Messico per paradosso le tariffe import alte con la Cina convengono). L’Iran l’ho mandato a quel paese, e ora lo bistratto, mai più accordi alla Obama, leading from behind. Ho rimesso le sanzioni, punto. Gerusalemme è la capitale di Israele, un fatto che è un fatto, e l’ho riconosciuto. Ai palestinesi manco una lira, altro fatto, perché paghiamo solo chi ci è amico. Del clima me ne fotto, la gente ci crede e non ci crede, non è un fatto, il fatto semmai è che noi abbiamo il primato nell’energia del gas naturale, del petrolio e altre fonti, mentre la Germania è dipendente dalla Russia, un altro tremendo fatto. Gli europei benpensanti facciano un po’ quello che vogliono, tanto sono divisi e impotenti, a me piace il patriottismo polacco, e se se ne fosse ricordato avrebbe citato anche quello italiano di Giuseppi, due fatti nuovi emergenti. A proposito, in Corea del sud siamo forza occupante dagli anni Cinquanta, ho appena stipulato un trattato commerciale bilaterale, che me ne faccio del Trans Pacific eccetera? E così via, fatto dopo fatto.

  

Uno dice, bè, dall’altra parte è arrivata la risposta: fatti. Che so: ho visto la Merkel e abbiamo deciso di sostituire la Nato con un esercito europeo. Le merci americane, sappiatelo, senza regole internazionali del commercio faranno una brutta fine in Europa, e siamo cinquecento milioni, noi, la Cina e la Russia sono dietro l’angolo che aspettano abboccamenti: volete che da noi i vostri prodotti siano caricati tutti del 25 per cento? Accomodatevi. L’Italia la metteremo in riga, e la sbattiamo fuori dall’euro se continua a tenderci trappole e trappoline. L’Inghilterra il mercato unico in clima protezionista se lo scorda, pensateci voi. La finanza americana e i Gafa dovranno vedersela con un dumping fiscale a favore dei concorrenti europei. Volete il sovranismo e il patriottismo per distruggere l’ordine internazionale e fare i bulli? L’avrete. Volete la guerra tecnologica, Francoforte e Berlino contro la Silicon Valley? Eccoci all’appuntamento. E via dicendo. Invece niente. 

  

Molti valori, importanti, commendevolissimi. La paura della guerra come precipitato della chiusura dei confini e del nuovo primato della legge del più forte. Molte cooperazioni rafforzate, molte espressioni e circonlocuzioni e formule di sapore burocratico, patti, forum, date per riconsiderare e riflettere insieme, appuntamenti fatali del tipo CO2, a partire da quello dell’indomani che a New York incorona Macron “champion de la Terre et du climat” (ma non si poteva rimandare, visto che la sfida è sull’essere campioni dell’interesse dei popoli, non del caldo e del freddo?). No, c’è tutta la spiega sulle ineguaglianze da sanare, sul #metoo come nuova frontiera di eguaglianza tra i sessi, tutta la complicata costruzione, persuasiva, forse senza alternative, della cooperazione multilaterale senza la quale non c’è soluzione solitaria e nazionale ai problemi del mondo e regionali. Io sarei anche d’accordo, ma la Francia è stata contro l’imperialismo liberale dei Bush, e ha avuto torto, ora è contro l’isolazionismo e il protezionismo e il bullismo sui mercati di Trump, e può certo avere ragione. Mancano però i fatti. Ecco. L’universalismo dei diritti è sacrosanto, ma non lo garantiscono le attività impersonali dei mercati, i quali per parte loro, per il posto che occupano in questa battaglia tra sovranisti e mondializzatori, non hanno dimostrato negli ultimi dieci anni di sapersi regolare e di saper corrispondere a vecchi e nuovi bisogni sociali, sebbene un’alternativa al loro dinamismo non sia alle viste. A noi le Banche centrali, le istituzioni e le regole, a loro i fatti. Questa era la drammatica, spettacolare impressione che davano i discorsi incrociati di Trump e Macron all’Assemblea generale.

  

Ma non andiamo fuori tema, sennò l’insegnante che ci ha proposto il suo “come cacciare Salvini”, se non l’hanno ancora licenziata, si dispiace. Anche qui, dove si gioca a Trump&Macron a nostro modo, il problema è quello dei fatti. Decreto sicurezza e porti chiusi, più distribuzione di quattrini sono fatti, anche quando sono annunci, ruspe e reddito appaiono come fatti, anche se sono avvolti nella nebbia della propaganda, e può essere che alla fine, essendo trumpisti-putiniani ma senza l’economia di Trump e la sua autonomia, senza il Kgb, faranno una brutta figura, e si cacceranno da soli. Può essere. Ma non ne sarei sicuro. Infatti dall’altra parte non si produce un fatto nemmeno a pagarlo oro. Chi si stupisce per il delirio delle cene delle beffe non tiene conto che l’invito a cena è l’unico fatto serio intervenuto da anni nel dibattito interno del Pd. La rivoluzione non è un pranzo di gala, d’accordo, ma in mancanza d’altro va bene anche un pranzo Calenda-Gentiloni. Voglio dire una cosa semplice. Una volta l’opposizione si faceva tirando le tavolette alla Camera, indicendo manifestazioni non per dire che non si ha paura ma per fare paura al governo, spingendo per lo sciopero generale, inondando di rivendicazioni negoziabili ma ponderose il potere, facendo il tesseramento: ora come si sa è tutto un cinguettio ma senza fatti. Nel luglio 1960 un governo Tambroni fu spazzato via dai ganci poderosi dei portuali genovesi e dai giovani con le magliette a strisce, leggendari, adesso con questa presa per il culo del ponte con le paninoteche e le piante e i biliardini, e intanto tutto è fermo, al massimo si potrebbe fare la rivolta dei vecchi con le magliette a strisce, e senza ganci. Insomma, “come cacciare Salvini” è un buon tema, ma senza fatti non ha svolgimento.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.