La piazza Pd in cerca di narrazione si affida alle “nuove proposte”

Marianna Rizzini

Chi sono Federico Romeo e Bernard Dika, i due giovani dem applauditi in Piazza del Popolo il 30 settembre

Roma. Ricominciare, sì, ma da dove (e con chi), si è domandato a Roma il “popolo del Pd” rinfrancato, ma non tranquillizzato (mala tempora currunt) dalla piazza di domenica 30 settembre, piena il giusto e con parole giuste per i militanti che dall’inizio, fin dall’Inno di Mameli cantato in coro, intendono per “giusto” tutto ciò che va in direzione della svolta unitaria da imprimere (no liti, avanti insieme, è il concetto ripetuto praticamente da tutti gli oratori provenienti della “società civile” e non, dall’operaio Ilva all’operatore Ama al segretario Maurizio Martina). Poi arrivano sul palco i Giovani democratici Federico Romeo e Bernard Dika, due millennial che nell’ultimo mese non l’hanno mandata a dire al governo e ai dirigenti del partito (con “effetto Serracchiani”, hanno titolato siti e quotidiani). Ed ecco che l’idea e la tentazione si fanno strada come un “Eureka!” nella mente del militante di Bologna che sventola la bandiera del Pd vicino alle transenne (“non mi voglio vergognare di alzarla, fate parlare gente come questi”) e in quella del parlamentare pd che, prima di raggiungere il retropalco, un po’ serio e un po’ no, fendendo la folla, dice all’amico che cammina con lui che “la piazza ha appena applaudito i nuovi leader”. E insomma, tra il mesto passato recente e l’incerto prossimo futuro, si cerca conforto e ispirazione nelle facce e nelle voci dei non-inflazionati (con il sottotitolo: attenzione a non bruciarli), forse anche per volontà di conformarsi alla politica del “tornare per strada”, declinata pure quella in ogni angolo di Piazza del Popolo, a partire dal questionario distribuito dagli attivisti per cercare di capire e carpire la volontà della “base” persa nei meandri dei tempi populisti.

  

Chi viene applaudito e perché? è la domanda sottesa, e trovare la risposta è il compito di osservazione tacita che le prime linee del Pd tengono a mente fin dal vigilia e oltre il momento in cui la piazza si mostra colpita dal ventiseienne Federico Romeo, presidente del municipio genovese di Val Polcevera, zona tristemente nota per il crollo del ponte Morandi, quando dice la frase che dovrà essere (a furor di popolo democratico) la prima frase programmatica per chiunque si candidi alla segreteria (non per niente il candidato per ora quasi unico Nicola Zingaretti da tempo insiste sul concetto di “Piazza Grande”, nome dell’iniziativa di lancio congressuale del 13 e 14 ottobre).

 

“Ripartire dai millimetri”, dice il giovane Romeo, “ripartire dai millimetri” che devono costituire “la distanza massima tra noi e la gente”; ripartire nella difficoltà perché ” dalle difficoltà deve emergere il meglio di noi stessi”. Ripartire lavorando ma non come cane e gatto, aveva già detto Romeo a fine agosto, in un’intervista a La7 (da Genova), trasformatasi apertamente in appello alla dirigenza del partito: “La vostra missione”, diceva, è agire “come nel Dopoguerra”, “uniti” per dimostrare che l’Italia è in grado di rialzarsi”. “Torniamo a sporcarci le mani”, aveva poi detto in un’intervista a Democratica.com, raccontando di non riuscire a dimenticare le voci provenienti dalla macerie del ponte, poco dopo il crollo, e i volti degli sfollati con cui ha mangiato – pranzo e cena, per strada – nei giorni successivi. E insomma, a giudicare dagli applausi, la piazza Pd in cerca di nuova narrazione vede nel giovane Romeo la risorsa da tenersi buona (in panchina) per i lunghi mesi non soltanto precongressuali, ma anche pre-elettorali (Europee?).

 

“La politica deve sapere dove stare…viva il Pd e noi tutti”, dice infine il non più timido presidente di municipio, il cui successo, in piazza, non è secondo a quello dell’altra “nuova proposta” di cui nell’ultimo mese si è fatto il nome tra feste dell’Unità e bacheche speranzose di militanti traumatizzati dal 4 marzo: e infatti scrosciante è l’applauso per Bernard Dika da Larciano (Pistoia), Bernard il ventenne di origine albanese, già presidente del Parlamento toscano dei giovani e già noto nel partito come millennial scelto da Renzi per la segreteria nel 2017 e come Alfiere della Repubblica (nominato per meriti di studio dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella). Alla festa dell’Unità di Ravenna Dika è diventato virale con un intervento in cui, da figlio di genitori “arrivati in Italia col barcone” a metà degli anni Novanta, chiedeva al partito di smetterla col “buonismo sugli immigrati” (“Dika dà la linea”, è stata la sintesi sui social network): “Non lasciamo morire nessuno in mare, ma chi viene qui deve rispettare le regole come italiano”. Alla piazza di Roma il giovane postrenziano che non vorrebbe etichette (ma che conserva accento renziano almeno nel senso della comune parlata toscana) dice cose dal sapore veltroniano che, a questo punto, tutti i leader pd devono per forza farsi piacere (per esempio: “Riscopriamo la bellezza del camminare insieme”).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.