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Il Movimento è No Tria

Redazione

L’opposizione alle infrastrutture non è solo simbologia, e va domata

Se c’è un professionismo riconoscibile nel Movimento 5 stelle quello è il professionismo del “no”. La negazione è affermazione identitaria, di certo effimera, ma essenziale a ricercare, ottenere e mantenere il consenso della “gggente”. Un atteggiamento che rappresenta un problema ridondante per l’alleato di governo, la Lega: gli industriali sono convinti che, mancando di fermare il “decreto dignità”, Matteo Salvini voglia contendere elettori al M5s più che tentare di mantenere il consenso degli imprenditori. E’ anche problematico per il ministro dell’Economia, Giovanni Tria.

 

Ieri Tria ha detto al Sole 24 Ore che nelle ultime due riunioni del Cdm per “due terzi del tempo si è parlato di investimenti pubblici”, per il resto di programmazione della legge di Stabilità. Il ministro ha derubricato l’ostilità al gasdotto Tap e alla Tav a una battaglia di simboli derivante “dalla fase delicata in cui si costruisce l’identità politica di un governo completamente nuovo”. La mitologia del “no” ha già fatto danni, lasciarla correre può colpire direttamente l’intento di Tria di sviluppare investimenti infrastrutturali, trasformandosi in un No Tria.

 

Roberto Fico, presidente della Camera del M5s, ha appunto risposto dicendo di “non dimenticare la battaglia per il no” alla Tav. Il premier Giuseppe Conte aveva l’opportunità di usare parole definitive ieri in conferenza stampa. Ma si è barcamenato parlando di “valutazioni” in corso sul gasdotto pugliese e sull’Alta velocità. E’ comprensibile la fiducia nell’impossibilità di arrestare per davvero opere transnazionali. Ma è preoccupante l’incapacità di fermare una deriva che, per quanto simbolica, va verso l’opposizione al progresso.

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