L'ex ministro Carlo Calenda (foto LaPresse)

Da Padoan a Enrico Rossi, il manifesto di Calenda fa discutere

David Allegranti

Primi “sì” al fronte repubblicano lanciato dall’ex ministro sul Foglio. Ma c’è anche chi non è convinto che sia giusto superare il brand Pd

Carlo Calenda ha lanciato ieri sul Foglio il suo manifesto in cinque punti per rilanciare il centrosinistra. Serve uno stato “forte, ma non invasivo”, dice l’ex ministro. Un’“alleanza repubblicana che vada oltre gli attuali partiti”. Non sono mancate le reazioni. “Il manifesto di Carlo Calenda – dice l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – è un messaggio forte per il futuro dei progressisti: dare sicurezza all’Italia, proteggere i deboli, investire nelle trasformazioni, conoscere per crescere, modellare uno stato presente ma non invasivo”. Aggiunge l’ex ministro per la Coesione Claudio De Vincenti: “Il suo è un contributo importante a quel dibattito di cui c’è grande bisogno nel centrosinistra e tra tutte le forze democratiche per ridare un futuro al nostro paese e ai suoi giovani”. Dice ancora l’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti: il manifesto di Calenda è “una base di partenza importante per discutere di contenuti e rialzare la testa”. Un documento “importante”, dice l’europarlamentare Goffredo Bettini. “La prima parte, quella di analisi, è molto forte e ben orientata”. La seconda, quella delle proposte, “presenta spunti e suggestioni condivisibili e altre da discutere”, argomenta Bettini. “Ma nel complesso mi pare molto al di sotto della prima parte e, in qualche caso, contraddittoria rispetto a essa. La questione della giustizia, della divaricazione tra ricchi e poveri, della necessità di incominciare a chiudere la forbice sociale non sono il perno di tutto il ragionamento”. 

    

“Quando invece ogni competitività dell’Italia risiede proprio nell’accorciare le distanze tra nord e sud e tra chi, nei processi di globalizzazione, è stato colpito più duramente e chi invece ci ha guadagnato. Tale tema, pur presente nel testo di Calenda, non ne è il fulcro e non illumina l’insieme del discorso. Comunque è un contributo di alto livello che merita un approfondimento e un ampio dibattito”.

  

Dice il deputato Luigi Marattin: “Bene sull’analisi dei cambiamenti economici a cui la società deve orientarsi, meno bene la narrazione secondo cui la politica progressista degli ultimi due decenni si sarebbe rassegnata al predominio delle forze di mercato, con nessun ruolo per l’intervento pubblico (non è questa, ad esempio, la storia della stagione riformista degli Novanta con Clinton e Blair). Le proposte di merito sono tutte giuste, ma io ho più perplessità di Calenda sulla ‘protezione’ degli sconfitti. In un paese strutturalmente conservatore come l’Italia, ho paura che tale concetto venga usato nella pratica di governo come grimaldello per la tutela dello status quo. Io preferisco ‘accompagnare’ al cambiamento chi ha più difficoltà a farlo. E’ probabile che sia solo una ambiguità terminologica, e che stiamo dicendo la stessa cosa. Tuttavia meglio essere chiari fin dall’inizio: la missione di una nuova offerta politica è cambiare radicalmente l’Italia, accompagnando e tutelando i più esposti e i più deboli. Nessuno spazio per la conservazione”.

  

Con Enrico Rossi, presidente della Toscana, sono in corso contatti da tempo. Il governatore stima Calenda, c’è l’intenzione di organizzare qualche iniziativa insieme. Dice Rossi: “Calenda ha una visione. E già questo è un merito. Ho avuto modo di misurare in varie circostanze il valore dell’uomo di governo e trovo nel suo intervento sul Foglio corrispondenza con la persona che ho conosciuto. C’è un punto in particolare che Calenda mostra di sapere bene: se l’esercizio del governo richiede doti umane e intellettuali, l’opposizione ne richiede in dosi maggiori. Il pensiero di Calenda può essere discusso e criticato, proprio perché è chiaro, senza opportunismi. Calenda, da ministro, nella gestione delle varie vertenze ha mostrato anche una certa attenzione, non scontata, verso i lavoratori. Ed è questo punto che io vorrei consolidare, mettendo al centro la questione sociale e la lotta alla povertà. Sono molto d’accordo con l’idea di uno stato forte, in grado di tutelare tutti i cittadini, quelli che fanno impresa, quelli che lavorano e anche quelli che non hanno lavoro o che lo hanno perso, la cui paura non va né derisa né demonizzata. Oltre alla questione sociale, la scuola e la sanità pubbliche sono le voci che devono entrare con sempre più forza nel lessico della sinistra, anche in quello di Calenda. Siamo diversi però possiamo darci lo stesso obiettivo”.

 

Sprezzante invece il commento di Matteo Orfini, presidente del Pd, che su Instagram ironizza elogiando un altro manifesto, quello di Marx. Positivo invece il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che twitta: “Condivido, molto i cinque punti. Mi pare la miglior riflessione programmatica in circolazione”. Aggiunge l’ex ministra Valeria Fedeli: “Sono d’accordo sui contenuti. Bisogna rilanciare l’intreccio tra centralità del lavoro, sostegno all’innovazione e al cambiamento e investimenti in formazione, università e ricerca. E’ peraltro il nucleo che abbiamo portato avanti nelle scelte del governo precedente: se vuoi creare politiche di crescita e sviluppo devi puntare sulla società della conoscenza, applicando i princìpi dell’agenda 2030 dell’Onu. Calenda usa una parola che non mi convince: perdenti. Non mi piace. Quelle sono persone che non hanno strumenti, reddito, lavoro, non hanno formazione. Sono persone che hanno bisogno di uno studio e di una formazione costante. Nessuno va lasciato indietro”. C’è un’altra cosa che non convince l’ex ministra Fedeli: “Il superamento del brand Pd. Lo dico da progressista: discutiamo di contenuti prima dei contenitori”. Infine il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, che apprezza le proposte di Calenda: “Anche lì bisogna iniziare a parlare di contenuti. Calenda indica una strada”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.