“Sì a Tav e Tap: i Cinque stelle non possono bloccare tutto”, dice Picchi (Lega)

David Allegranti

Sulle infrastrutture le distanze tra Carroccio e M5s sembrano enormi. Non esattamente un dettaglio per un governo che dice di essere “del cambiamento”

Roma. All’uscita dalle consultazioni al Quirinale, lunedì scorso, Matteo Salvini era parecchio accigliato per la piega presa dal confronto con i Cinque stelle. Sottolineava le differenze e le incompatibilità con il M5s su alcuni punti, tra cui giustizia, immigrazione e infrastrutture. Non esattamente dettagli, per un governo che dice di essere “del cambiamento” e che invece rischia di essere (almeno) a due velocità.

 

Prendiamo per esempio le infrastrutture. Nel M5s vige la “dottrina Bonafede” applicata alle grandi opere. “Il nostro programma resta quello di rivedere tutte le grandi opere pubbliche inutili. Anche quelle già decise: nei margini in cui si può fare”, ha detto qualche tempo fa Bonafede, che ha la sua constituency elettorale fra i No-Tav. Per Bonafede l’esempio è quello del nuovo stadio della Roma. “A fronte di un progetto folle, ma molto avanti nel procedimento, non avendo margine per tornare indietro, lo abbiamo migliorato. Abbiamo evitato un milione di metri cubi di cemento, ridotti a metà, con un progetto di altissimo livello ambientale”.

 

Nella Lega invece la linea è decisamente un’altra, come spiega al Foglio il deputato Guglielmo Picchi, advisor di Matteo Salvini sulla politica estera. “La trattativa è difficile ma io sono positivo. Per lavoro, ho seguito decine di mediazioni bancarie e c’è da dire che noi ci stiamo confrontando con il M5s solo da 6 giorni. C’è ancora tempo. In Germania hanno discusso del programma per 60 giorni”. Detto ciò, Picchi non nasconde le difficoltà e le incomprensioni fra due forze politiche che hanno profonde differenze. Per esempio sullo sviluppo infrastrutturale e urbanistico dell’Italia. “La Tav non si può bloccare. Così come il Tap: manca l’ultimo chilometro, hanno già depositato i tubi nelle acque territoriali, ci sono gli ulivi da spostare. Tutti i paesi hanno già speso 45 miliardi di dollari. Non è che possono arrivare i Cinque stelle e pensare di bloccare tutto”.

 

Certo, aggiunge Picchi, “si possono trovare dei compromessi. Su alcune opere che non sono ancora state finanziate si può riflettere. Penso a Firenze: il sindaco Dario Nardella dice che l’anno prossimo vuole iniziare a costruire la linea 4 della tramvia. Invece penso che sia giusto aspettare per valutare, per capire se il percorso giusto. Sei mesi in più non fanno male a nessuno, visto che ci sono voluti tanti anni per fare le prime linee”. Resta da capire però nel M5s quale sarà la linea prevalente: quella di Bonafede o quella di Di Maio, che in campagna elettorale diceva per esempio di non voler mettere un freno agli imprenditori? Il 30 aprile scorso, d’altronde, una delegazione del M5s era andata a rassicurare il Movimento No-Tav dopo l’avvio del dialogo, per la verità durato molto poco, con il Pd. I Cinque stelle avevano insomma sentito il bisogno di dare garanzie a quello che è un pezzo del loro elettorato.

 

“Ci hanno tranquillizzato, certo. Ci hanno garantito di essere rimasti sempre gli stessi, e che il dialogo col Pd era stato avviato solo in virtù della richiesta di Sergio Mattarella”, avevano raccontato al Foglio alcuni esponenti del Movimento No-Tav. Chissà se anche questa volta, dopo la trattativa con la Lega, il partito di Luigi Di Maio dovrà tornare in Piemonte per spiegare che è ancora colpa di Mattarella. La tenuta del Movimento è in effetti uno dei timori della Lega. Ci sarà da capire, in un governo come quello che si sta prefigurando, quanto reggerà il M5s, che a differenza della Lega ha almeno due correnti (chi sta con Di Maio e chi non sta con Di Maio). I leghisti invece hanno dimostrando una compattezza notevole. Mai una parola fuori posto rispetto alla linea ufficiale, comunicazione ben veicolata senza divergenze, militarizzazione delle posizioni politiche. Non è poco. Non c’è una fronda, al momento, nella Lega. Nel M5s invece i vari Nicola Morra sono pronti a denunciare gli sbilanciamenti ideologici verso terreni inesplorati. Sul tema dell’immigrazione, per esempio, le distanze sembrano essere ancora molto grandi.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.