Abiti tradizionali ungheresi (XIX sec): Nobiluomo 2. Dama 3. Pastore di Symeg 6-7. Contadini, illustrazione del 1831 di Luigi Giarrè e Vincenzo Stanghi (Wikimedia)

L'insostenibile retorica del gentismo

Redazione

Pure Casellati scende dai voli di stato. Ma confondere status e casta è assurdo

Il virus del pauperismo non lascia scampo. D’altronde è questo lo spirito dei tempi, rappresentato dall’esaltazione del giornalista collettivo e del pubblico medio per la foto con Roberto Fico che prende l’autobus. Come se fosse normale per la Terza carica dello stato prendere i mezzi pubblici in un paese a rischio terrorismo. Ormai tutti ne sono contagiati, persino il centrodestra, che pure durante la scorsa legislatura si era opposto alle sortite demagogiche del Pd sul taglio dei “vitalizi”. Elisabetta Casellati, neo presidente del Senato, berlusconiana di ferro, in un’intervista al Corriere della Sera ha detto di aver rinunciato al volo di stato come “primo atto da presidente”. “E’ stato un gesto naturale perché ai rappresentanti della politica e delle istituzioni è chiesto di far proprio un concetto di sobrietà per l’utilizzo delle risorse”. Forza Italia vuole forse preparare così il suo appoggio al governo Lega-Cinque stelle? Chissà. Visto il risultato elettorale, è un momento impopolare per dirlo: ma la politica ha un costo ed è giusto sostenerlo. Non è con la decrescita (in)felice che le istituzioni possono recuperare credibilità nei confronti di un elettorato disilluso. I partiti anziché lisciare il pelo al presunto popolo dovrebbero selezionare una classe dirigente meritevole. Il sogno gentista è eliminare i “privilegi”, che invece vanno difesi, anche se forse usare questa parola è già un cedimento al lessico populista che scambia lo status, il quale non è solo questione di soldi, per una distinzione di casta. “Elite” è diventata una brutta parola, le istituzioni vanno decostruite, trasformate in macchietta; eppure soprattutto oggi dovrebbero essere un architrave di civiltà cui aggrapparsi.

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