Beppe Grillo (foto LaPresse)

Lì, fuori dal blog

Shit&blood. Cosa c'è dietro l'impossibile rapporto tra grillismo e realtà

Salvatore Merlo
Lì, fuori dal blog. La camorra infiltrata nel M5s, le alleanze a Livorno, le trivelle a Ragusa e quella sorpresa di scoprirsi “uguali agli altri”. Voglia di fuga e web stranezze.

Roma. Sempre la realtà sboccia portentosa e puntuale assieme alle batoste, ai guai, ai problemi pratici, dopo che si è un po’ troppo gonfiato il petto, quando prevalgono velleità e stranezze, istanze peracottare, inconcludenza e retorica. Prima del Movimento cinque stelle, il paesone di Quarto Flegreo, provincia di Napoli, quarantamila abitanti alle pendici del Vesuvio, era un comune a forte concentrazione camorristica che prefettura e ministero dell’Interno tenevano d’occhio con preoccupazione, ipotizzando lo scioglimento dell’amministrazione per infiltrazioni mafiose. Ora che c’è il Movimento cinque stelle, pure.
Liberato l’animo dalle catene dell’illusione, la sferza della realtà comincia a far sprizzare sangue, e sempre di più assale Grillo e Dibattista, Di Maio e Casaleggio, i sindaci e gli amministratori locali. Preso atto che l’olio della scatoletta di tonno gli si sta rovesciando addosso, scoprono lentamente la realtà, ma a fatica: “Non abbiamo nessun problema e il Pd pensi ai suoi condannati”, dice Roberto Fico. E davvero questi grillini un tantino fissati, un rien monomaniaci, sono sopraffatti da una constatazione ovvia per chiunque: al sud c’è la mafia, la mafia s’infiltra nei partiti, nei partiti esistono anche mariuoli e corrotti, e il M5s è un partito che governa, che deve insomma misurarsi con il mondo, quello vero e nero, niente a che fare col paesaggio bislacco dipinto da un blog millenarista. A Livorno il sindaco Nogarin vuole allargare la maggioranza ai partiti della sinistra. A Parma, Pizzarotti è riuscito a ben governare soltanto disubbidendo a Grillo. A Gela il sindaco ha scoperto che il petrolchimico non si poteva smantellare senza provocare un disastro sociale. Ma lo hanno espulso.

 

A febbraio del 2013, a Montecitorio, per dire, l’onorevole grillina Gessica Rostellato andò a sbattere su Rosy Bindi, che le sorrise, poco fuori dall’Aula: “Ma presentiamoci, così cominciamo a conoscerci”. E lei: “Ma ti pare che ti do la mano e ti dico pure ‘piacere’? No guarda, forse non hai capito. Non è un piacere”. E già occorreva superare l’impressione immediata di essere in presenza di una mente giunta alle frontiere del Cottolengo e cercare di capire che cosa ci fosse realmente dietro. Ma poi è finita che l’onorevole Rostellato, a maggio di quest’anno, è entrata nel Pd. E oggi infatti siede alla Camera non lontano da Rosy Bindi. Il punto è che la politica non ha niente di diverso dalla realtà: la esprime, la rappresenta perfettamente, inesorabilmente. Così l’orrore, il furore, persino la sorpresa e la voglia di fuga che la politica suscita nei 5 stelle nasconde ciò che per Schopenhauer si occulta dietro il rimorso: il sentimento represso e negato che quello di amministrare la realtà, di farci i conti, persino di stringergli la mano quando ci vai a sbattere a Montecitorio, sia inevitabile. Immerso in concretissime beghe da amministratore di città non piccola, il sindaco grillino di Parma, Federico Pizzarotti, scoprì prima degli altri che governare è una cosa diversa dal mandare a vaffa l’intero universo politico (e per fare cosa è da vedersi). Lo volevano obbligare a chiudere un inceneritore, e lui rispondeva: “Benissimo, ma poi la spazzatura dove la metto?”. Allora Casaleggio gli diceva: “Chiedi al web”. E lui: “Va bene, ma se ogni volta devo chiedere al web che ci sto a fare io?”. Anche Grillo, quando non voleva incontrare Renzi nei giorni in cui si formava il governo, interpellò il web che gli diede indicazione opposta: vai a sentire che ha da dirti. Allora lui partì da Sanremo, giunse a Roma dopo sei ore di automobile, si presentò da Renzi e gli disse: “Con te non ci parlo”. Ciao.

 

[**Video_box_2**]Il web, dunque. Un espediente comune alle tribù primitive è quello di ripetere infinitamente, ossessivamente, una parola per evocare, suscitare, rendere credibile, reale, ciò che non esiste. O che addirittura è l’opposto della realtà, tipo: “Non ci alleiamo con nessuno, la demolizione è cominciata”. E proprio ieri il sindaco grillino di Livorno, Filippo Nogarin, assediato com’è da una realtà fatta di buchi di bilancio, cassonetti stracolmi di monnezza, autobus in disfacimento e numeri ballerini in Consiglio comunale, ha rilasciato al Tirreno la seconda intervista consecutiva nella quale – tra cori e pernacchie del web – ammette con estremo realismo che “una forza di governo come la nostra deve prendere in esame la possibilità di aprire ad altre forze. Ritengo che l’allargamento della mia maggioranza sia un percorso praticabile”. Ecco. Quando il chiasso e la confusione sono al colmo, quando ingenuità e demagogia sono avvinghiate come figure del valzer, quando imprevidenza e incapacità organizzativa si scambiano effusioni come personaggi di una commedia romantica, è proprio qui che l’angelo della storia interviene a rimettere le cose a posto. Prendete per esempio il sindaco grillino di Ragusa, Federico Piccitto: ha detto sì alle contestatissime trivellazioni petrolifere. La sorpresa sta nel constatare che non c’è nessuna sorpresa: l’amministratore di un comune disastrato è favorevole al petrolio che, oltre a far andare avanti le automobili e le fabbriche, porta trenta milioni di euro all’anno nelle casse di un comune che prima non riusciva nemmeno a riparare le buche per strada.

 

Eppure tra i 5 stelle ancora si coglie una sfumatura di balzana superiorità, di alterità un po’ incongrua nei loro imperterriti accenti, nelle bislacche dichiarazioni di Casaleggio o del famoso Sibilia (quello che lo sbarco sulla luna non c’è mai stato e l’11 settembre è un complotto sionista), come se ci fosse del merito o dell’intelligenza, a ignorare quella parte della vita che si chiama realtà. C’era la camorra nel comune di Quarto Flegreo, avevano provato a infiltrarsi nel Movimento? Sì. Punto. Lasciamo ad altri il compito di scandalizzarsi. Fuori dal blog la vita è sangue e merda. Benvenuti.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.