Abbiamo immobilizzato il Pd e imbavagliato il suo leader. Ecco perché abbiamo perso

Davide Faraone

Se le sfide sono imponenti, la serenità non può bastare. Come non capirlo. Oggi è sereno chi sta bene, di certo non una generazione, soprattutto nel Mezzogiorno, senza lavoro e che non arriverà mai alla pensione

 

Letta, Renzi, Gentiloni. Cacciavite e Caterpillar, camomilla e Red Bull. In campagna elettorale, da un lato tutti ad elogiare la nostra tranquillità, la serenità, la calma, dall’altro i tranquillanti hanno narcotizzato il Pd facendo apparire la Lega ed i 5 stelle come le vere forze del cambiamento.

 

Si è immobilizzato il Pd e si è imbavagliato il suo leader, anestetizzandolo. Manovre ripetute nel tempo a dire il vero, ma finché le carte passavano ogni tentativo è risultato vano. Alle prime difficoltà i tentativi si sono fatti più intensi, fino a centrare l’obiettivo, il 4 dicembre 2016. 

 

La forza tranquilla. Quella che fu la carta vincente di Mitterand oggi appare un clamoroso ossimoro. Se le sfide sono imponenti, la serenità non può bastare. Come non capirlo. Oggi è sereno chi sta bene, di certo non una generazione, soprattutto nel Mezzogiorno, senza lavoro e che non arriverà mai alla pensione.

 

I nostri genitori? Fortunati, poca istruzione, tanto lavoro, pensione alta e certa. La mia generazione? Tanta istruzione, poco lavoro e la pensione un miraggio.

Di fronte a questo tempo cosa offri? La forza tranquilla? E ci stiamo ancora chiedendo come mai abbiano vinto Lega s M5S? Noi, Forza Italia, gli apparati di LeU, (tanti generali senza esercito), siamo apparsi come quelli che garantivano i “garantiti”, che parlavano una lingua incomprensibile. Tra l’altro i “garantiti”, si sa, più passa il tempo più si riducono e quello spazio elettorale si esaurisce, quel “blocco sociale” è inversamente proporzionale all’aumento di chi garantito-non-è e che oggi pesa sempre di più.

 

Chi garantito-non-è guarda all’Europa non come un’opportunità, la considera un problema, anzi, la principale causa del suo problema. Dalle mie parte i contadini hanno “gli occhi di fuori” quando il loro pomodorino o le arance rosse fanno la fine dei grandi prodotti di marca fregati dalle false griffe che vengono dall’estero e che inondano i mercati europei. Dalle mie parti i pescatori salvano vite umane in mare, donne e bambini, non girano le spalle alle tragedie, ma è una tragedia se l’Europa, al contrario, volta le spalle alla Sicilia.

 

Noi siamo per l’Europa, ma anche su questo fronte è stata messa la museruola a tutti quelli che sin dall’inizio hanno detto di non accettare “i compitini” impartiti dai burocrati di Bruxelles e di mettere mano ad un’Europa dei Popoli per costruire davvero gli Stati Uniti d’Europa. 

 

E poi i partiti, le comunità politiche… tutto ok, sono strumenti indispensabili. Ma quanto contano le leadership forti in questa società ce lo siamo chiesti? Ci siamo chiesti come mai hanno perso i partiti senza leader? Ha perso Forza Italia dell’incandidabile Berlusconi (a nulla è valso il nome sul simbolo, la gente non è scema). Ha perso il Pd di “Vota la squadra”. E come mai hanno vinto i partiti con leadership forti e riconoscibili? Di Maio diventa capo politico di un movimento che non doveva avere leader, Salvini si autoproclama leader della Lega e Premier. Lo sapevano tutti che aspiravano alla Presidenza del Consiglio e non importa se non è così per legge. Degli altri, ahimè, non si capiva un tubo. 

 

Il Pd è rimasto schiacciato da una certa idea di collegialità, di squadra, di partito pesante e non pensante, vittima di un’archeosinistra che considera tuttora reazionaria l'idea di avere una forte leadership che guida i processi e che si prende la responsabilità di decidere qui ed ora. Quella paura dell’uomo solo al comando che poi svanisce quando qualcuno ipotizza un’alleanza non con un uomo ma con una società sola al comando. La Casaleggio.

 

E così, mentre in tutte le democrazie normali gli elettori scelgono un leader - vincono Putin, Trump, Macron, Merkel, personalità politiche forti - noi abbiamo fatto una campagna elettorale senza leader e con un gruppo dirigente che invece di raccogliere voti poneva veti. Abbiamo affrontato una sfida senza capitano e con i difensori che mettevano la palla nella nostra rete.

 

Di tutto questo non si parla. Purtroppo. La normalizzazione e la collegialità hanno preso il sopravvento e la leadership è stata sostituita con la ben più rassicurante reggenza. Bella la squadra, bella la collegialità, bellissimi i circoli e gli iscritti. Bellissime le assemblee. Sono tutte cose da rafforzare, ma senza leadership e una visione non abbiamo dove andare. Noi siamo quelli che i leader li mastichiamo e li sputiamo. Noi siamo quelli che facciamo le riforme, quelle vere, per poi demolirle.

Non credo sia sufficiente essere quella “forza tranquilla”, così tranquilla che se non ci fosse, Salvini e Di Maio, dovrebbero inventarla. Non credo ci sia spazio per partecipare ad un governo insieme a forze distanti mille miglia dalla nostra cultura democratica e dalle nostre idee riformiste.

 

Non vorrei che si passasse dall'idea dell'opposizione come ragion d'essere (ricordate il manifesto del Pds “l'opposizione che costruisce”?) all'idea-manifesto del Pd-5-marzo “Costruiamo un governo comunque e con chiunque” con una tesi del tipo “o si va al governo o si muore”. L’accanimento terapeutico anche no. Gli elettori ci hanno assegnato il ruolo di opposizione, non un referendum tra gli iscritti. 

 

Inizia una traversata, non so quanto lunga. Siamo ad un bivio e davanti abbiamo due Pd. Ripartiamo da dove ci siamo lasciati: il 25 Maggio 2014, e il Pd alle elezioni europee.