Luigi Di Maio a Porta a Porta e sullo sfondo Matteo Salvini (foto LaPresse)

Perché un governo di scopo avrebbe senso solo cambiando la legge e votando il doppio turno

Claudio Cerasa

Le rigidità di Di Maio e le mosse di Salvini. Ma nell’Italia di oggi, forse lo sta scoprendo anche il M5s, le larghe intese sono necessarie

Almeno fino a Pasqua, dimenticatevi di dare un senso compiuto alle parole, alle dichiarazioni e alle interviste dei due vincitori della campagna elettorale: Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Dimenticatevi di cercare una traiettoria sicura delle prese di posizione del leader della Lega e del leader del Movimento 5 stelle. Dimenticatevelo non per snobberia ma perché fino a quando uno tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini non accetterà di fare un passo indietro dal ruolo di candidato premier, ogni parola, ogni dichiarazione e ogni affermazione saranno finalizzate non a dialogare con gli altri partiti ma a dialogare semplicemente con i propri elettori.

 

Ieri il primo, Di Maio, ha detto di non aver alcuna paura di tornare al voto e ha escluso un governo istituzionale. Mentre il secondo, Salvini, ha detto di non aver alcuna intenzione di fare un governo con Renzi. Il messaggio è chiaro: in attesa di capire se quella che si è aperta dopo il 4 marzo è una fase post elettorale o è nuovamente una fase pre elettorale meglio rimanere puri e meglio fare di tutto per non deludere i propri elettori. Se dopo Pasqua le posizioni di Lega e Movimento 5 stelle dovessero rimanere ancora molto rigide (ieri si sono irrigidite un pizzico in più), il presidente della Repubblica, come si sa, avrebbe un’arma difficilmente neutralizzabile da puntare contro le irresponsabilità dei vari partiti: proporre un governo di scopo finalizzato a traghettare il paese verso nuove elezioni, che potrebbero tenersi anche tra il 23 e il 26 maggio del 2019, quando si andrà cioè a votare per le Europee.

 

Nelle prossime settimane – in attesa di capire se i parlamentari del M5s e della Lega compiranno l’unica scelta naturale di questa legislatura, ovvero mettersi insieme per scegliere non solo i presidenti di Camera e Senato ma anche un coerente programma sovranista e populista per guidare l’Italia – la formula del governo di scopo verrà utilizzata con disinvoltura da molti osservatori. Ma in pochi forse si faranno una domanda che in fondo dovrebbe essere ovvia: che razza di scopo dovrebbe avere un governo di scopo? Di solito, in Italia, per dare uno scopo a una storia che uno scopo non ce l’ha si tende a evocare genericamente la necessità assoluta, impellente, inderogabile di essere responsabili e non andare alle elezioni senza avere prima una nuova legge elettorale da offrire al paese.

 

La storia della legge elettorale da fare a tutti i costi è però una fake news – i governi vengono fatti sempre dagli elettori non dalle leggi e il Rosatellum ha perfettamente fotografato l’Italia di oggi – a meno che non si voglia ragionare su una mossa che questa sì sarebbe davvero responsabile. Una mossa che forse sarebbe l’unica che potrebbe permettere al Pd di evitare che nasca un governo di scopo che in mancanza di un progetto avrebbe come unico scopo quello di decretare la morte del Partito democratico. Il 4 marzo 2018 in molti hanno capito – forse persino i grillini – che senza un sistema simile a quello bocciato il 4 dicembre 2016 l’Italia non ha possibilità di avere un governo stabile e di avere una maggioranza figlia più dei voti che dei veti. Per questo l’unico governo di scopo che potrebbe avere uno scopo non retorico dovrebbe essere quello finalizzato ad approvare un’unica riforma fatta di poche parole: “Introduzione del doppio turno per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.

 

In sintesi. Le liste che prendono più del 50 per cento al primo turno, ottengono il 54 per cento dei seggi. Le prime due liste che non arrivano al 50 per cento al primo turno, si sfidano al secondo turno. Collegi uninominali eliminati. Sistema proporzionale puro con stesso schema alla Camera e al Senato. Apparentamenti possibili tra il primo e il secondo turno. Maggioranza non certa ma potenzialmente meno incerta. Nell’Italia di oggi, forse lo sta scoprendo anche il Movimento 5 stelle, le larghe intese sono necessarie (deliziosi i grillini che definiscono “inciuci” solo gli accordi da cui sono esclusi i grillini). E per questo la domanda a cui forse si dovrebbe rispondere oggi, per dare un senso a questa legislatura, è prima di tutto questa: ma i compromessi è meglio farli fare ai partiti o è meglio farli fare agli elettori? L’unico governo naturale, lo abbiamo detto, è quello grillino-leghista. L’unico governo non naturale, lo abbiamo ripetuto, è quello di scopo, delle larghissime astensioni, con più partiti possibili dentro. L’unico scopo possibile di un governo di scopo è, infine, quello di provare a combattere il tripolarismo. Altrimenti saluti e grazie e si vada a rivotare subito.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.