Luigi de Magistris. Foto LaPresse

A Napoli De Magistris ha "scassato tutto". Anche il bilancio

Luciano Capone

Il comune va verso il dissesto e il sindaco annuncia una "grande mobilitazione". “La situazione è molto grave”, dice l'ex assessore al bilancio 

Roma. “Abbiamo scassato tutto”, gridava Luigi de Magistris dopo l’elezione a sindaco di Napoli nel 2011. Ora ha scassato pure il bilancio. La Corte dei Conti ha respinto il ricorso del comune contro la violazione del saldo di finanza pubblica del 2016, una decisione che può portare il comune al dissesto. De Magistris si ribella e annuncia “la più grande mobilitazione  che Napoli dal dopoguerra in poi abbia conosciuto”. La manifestazione sotto Montecitorio contro i debiti di pochi giorni fa  “è stata solo un prosecco accompagnato da una tartare”. Ancora una volta, un po’ Masaniello e un po’ Che Guevara, rilancia l’idea della “città ribelle”, ma il problema della protesta quando non diventa  cambiamento concreto è che finisce per schiantarsi con la realtà.

 

“La situazione è grave – dice al Foglio Riccardo Realfonzo, economista dell’Università del Sannio – c’è un buco di bilancio drammatico”. Realfonzo è l’ex assessore al bilancio della prima giunta De Magistris, da cui se n’è andato a seguito di conflitti dopo un anno. Il sindaco dice che è colpa di chi l’ha preceduto. “Certamente De Magistris ha raccolto una eredità difficile, ma il buco nel 2011 era ancora arginabile. Su queste questioni  De Magistris alza sempre cortine fumogene. Il punto è che la delibera di ottobre della Corte dei Conti spiega che nel 2016 si è omesso di dichiarare circa 250 milioni di debiti fuori bilancio”. Il sindaco dice che è un vecchio debito che risale al  1981. “Guardi, intanto c’è il principio di continuità amministrativa.

 

E’ un po’ come se il prossimo Presidente del Consiglio volesse disconoscere il debito pubblico italiano. Inoltre, i debiti del consorzio Cr8 del post-terremoto, cui lui si riferisce, sono meno di 90 milioni, mentre oltre 100 milioni di debiti non riconosciuti risalgono al periodo attuale. E la mancata dichiarazione di quei debiti, sottolinea la Corte, ha permesso di incrementare la spesa attuale…”. Nel privato sarebbe una specie di falso in bilancio? “Sarà la magistratura a chiarirlo. Certo che la delibera della Corte campana non parla solo di errori, ma allude ripetutamente a gravi problemi di legalità e scarsa trasparenza dei bilanci”.

 
E adesso che succede? “Per cominciare ci sarà un taglio dei trasferimenti al Comune pari allo squilibrio registrato. Bisogna aspettare le motivazioni della sentenza per saperne la grandezza. Se il taglio fosse consistente il Comune avrebbe enormi difficoltà ad approvare il bilancio di previsione a fine mese. Poi si vedrà se la Corte approverà il nuovo Piano di riequilibrio…”.

   

Si va verso il dissesto? “Quando mi insediai come assessore al bilancio nel 2011 feci fare una due diligence che chiariva che o si mettevano in campo riforme radicali oppure il Comune sarebbe andato in dissesto. Spese troppo elevate, sprechi, società partecipate in ginocchio, incapacità di riscossione, grande evasione di tasse e tariffe. Ma c’erano difficoltà e resistenze e il sindaco preferì tenere le mie proposte di riforma nel cassetto. L’ultimo atto che disposi, prima di lasciare l’incarico nell’estate del 2012, fu una delibera che imponeva una ricognizione straordinaria del buco di bilancio, che fu poi quantificato in 850 milioni di euro. Già allora sarebbe stato opportuno e doveroso dichiarare il dissesto”.

   

Ma lei è un economista keynesiano, il suo sembra il piano di un falco dell’austerity. “Per carità, non confondiamo le cose. Gli strumenti di politica espansiva sono in mano agli stati, i comuni possono ben poco. E poi due più due deve fare quattro per un economista di qualunque formazione”. Il sindaco scelse di far saltare lei e affidarsi alla creatività più che all’aritmetica. “E così facendo il buco è passato da 850 milioni a oltre 2,5 miliardi, come precisa la Corte. In assenza di riforme e capacità amministrative non poteva che andare così. Poi alcuni decreti dei governi Pd, ultimo lo spalma-debiti, hanno permesso che l’agonia si prolungasse. Il dramma è che il conto non lo ripiana il governo, ma lo pagano i cittadini. E a Napoli le tasse e le tariffe già sono ai massimi, mentre i servizi locali, dal sociale ai trasporti, sono assenti”. 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali