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La “mafia percepita” è una bufala

Redazione

Succede se i giornali bombardano il pubblico con notizie che non lo sono

Repubblica si è inventata una nuova categoria, la mafia “percepita”, e su questo ha costruito un lungo reportage e un’inchiesta dalla quale si deduce che gli italiani considerano la criminalità organizzata più forte e pericolosa ora che trent’anni fa. L’uso della categoria della percezione è di per sé scivolosa: si parla di temperatura “percepita” quando, per esempio, l’umidità fa sentire di più il freddo o il caldo, di inflazione “percepita” quando le oscillazioni dei prezzi di derrate usate quotidianamente fanno ritenere che sia in corso un rincaro generalizzato, poi smentito dai dati reali. Se però ci si occupa del prezzo delle zucchine non si fanno molti danni, se invece si specula sulla paura per la criminalità si rischia di stimolare reazioni, compresa la richiesta di abolire le garanzie o addirittura introdurre le pene più afflittive, che hanno un segno autoritario che a Repubblica non dovrebbe piacere.

 
In realtà, come è evidente, la mafia delle stragi è stata sconfitta, le cosche corleonesi stanno in galera, i dati sulla criminalità sono decrescenti. Da dove nasce dunque la “percezione” registrata da Repubblica? In sostanza da un bombardamento mediatico, neanche sempre basato su esasperazioni giudiziarie, che descrive come mafiosi molti comportamenti illeciti o disdicevoli che però non hanno collegamenti con la criminalità organizzata. Basta pensare alla colossale bufala di Mafia capitale, che ha trasformato episodi di corruzione in una narrazione della mafia che metteva le mani su Roma prendendone il controllo. Si è visto dall’evoluzione dell’inchiesta e dagli atti processuali che si trattava di un fraintendimento colossale, ma naturalmente i giornali continuano a usare quel titolo, anche quando devono dare conto di fatti che ne smentiscono il significato.

 
La lotta alla criminalità organizzata è un compito serio e complesso, in cui lo stato è impegnato con esiti alterni. Trasformarla in una specie di sagra del sospetto generalizzato non aiuta affatto a condurre la battaglia in modo efficace. Se tutto è mafia, alla fine niente è mafia, si perde la capacità di distinguere la specificità del fenomeno mafioso con l’effetto di indebolire anziché rafforzare le attività di contrasto reale alle mafie, magari per sostituirle con una generica “mobilitazione”, che per sua natura finisce con l’essere generica e ben che vada fuorviante.

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