Giannini e le piccolezze di noi battoni della stampa

Giuliano Ferrara
Vedi, caro Giannini, può essere che ti abbiano, come tu dici, “rottamato”. La controprova non l’avremo mai, perché alla fine, sebbene indirettamente, alla Rai comanda parecchio il governo, e tu eccitavi l’insofferenza politica del capo del governo, celebre rottamatore che non ha ancora rottamato il colosso dell’informazione di stato.

Vedi, caro Giannini, può essere che ti abbiano, come tu dici, “rottamato”. La controprova non l’avremo mai, perché alla fine, sebbene indirettamente, alla Rai comanda parecchio il governo, e tu eccitavi l’insofferenza politica del capo del governo, celebre rottamatore che non ha ancora rottamato il colosso dell’informazione di stato (ecco una novità che non arriverà forse mai). Quindi è possibile. La politica e il mercato hanno modi distinti ma analoghi di obliterare il già visto, quello che non funziona più o che semplicemente va contro gli interessi di chi dispone del gioco e dà le carte. Il mercato si libera degli arnesi che considera invecchiati e inservibili legittimandosi nell’interesse del pubblico, della creazione cosiddetta di valore, con un metro di misura apparentemente oggettivo (l’Auditel). La politica, che a volte opera anche con l’aiuto di un giudizio di mercato, è invece sempre esposta al sospetto di voler silenziare una voce critica per ragioni di parte, di autotutela.

 

Se non è possibile dimostrare che tu, come Porro e altri, sostituiti da Gad Lerner e da Michele Santoro e da un conduttore della scuola Sky tv, sei stato trattato in modo giusto, fair, dalla politica, è invece possibile suggerire che il tuo lavoro giornalistico, a parte le doti convenzionalmente definite professionali, alla tendenziosità o, se preferisci, alla passionalità politica ha sacrificato parecchio. Non è questione del tuo noto dalemismo, che non è un tratto di cui vergognarsi, o del tuo impegno nella stagione militante del debenedettismo editoriale al suo apogeo (dall’infezione di stato del bunga bunga all’accusa di epidemia programmata contro Ilaria Capua). Michele Serra, gruppo De Benedetti, osservava giusto mercoledì che se il Pd di Renzi, oggi molto meno portato di ieri nel salotto dell’informazione, avesse fatto al sindaco di Milano un decimo di quello che il partito di Grillo ha imposto alla “bambolina imbambolata” (giudizio politico, va da sé) che è stata plebiscitata a Roma, nomine eterodirette dal centro, commissariamento da una società privata di affari e comunicazione come la Casaleggio, eccetera, nei talk-show sarebbe esplosa l’atomica. Non ti ho visto, nel tuo ultimo martedì di battaglia, ma mi dicono che nel perimetro discutidor di Mieli, di Travaglio e tuo non era ovviamente compreso alcun particolare allarme per lo spettacolino politicamente osceno, bunga bunga, della giunta Raggi.

 

Chi sono io per giudicare? Giusto. Ho sempre troncato di netto, scelto, parteggiato cercando di argomentare trovate, passioncelle, disgusti e posizioni politiche a mio parere utili nella discussione e nella lotta politica e di costume che langue o incalza nella società italiana e nel mondo.

 

Ma l’ho sempre detto, riconosciuto, confessato pubblicamente come un dato di fatto soggettivo, non mi sono mai riparato dietro l’oggettività professionale, e non mi sarebbe mai venuto in mente di uscire da un ciclo di trasmissioni sventolando la bandiera di martirio che è ormai uno stigma ordinario, regolare, per chiunque venga non dico crocifisso ma sostituito, persona o format, nel ponte di comando di un vascello delle news. Considero la tv parte della vita e non la vita parte della tv. Non mi piace truffare il prossimo, al massimo manipolo quel che si vede per come lo vedo io. Mi sembra elementare, senso comune, atto modestamente veritativo, non un tratto particolarmente aristocratico, di sprezzatura.

 

Non per strafottenza né per disinteresse, ho visto, essendo Verdini mio amico e Travaglio un avversario accanito, solo il loro duello da te moderato, nell’ultimo anno televisivo tuo. E ti ho guardato perfino con simpatia ribalda, mentre tentavi in ogni minuto di fottere l’avversario “renziano” e promuovere l’amico antigovernativo. Puoi negarlo, puoi negare che il tutto si sia risolto in un agguato, con esito incerto ma nutrito di intenzioni evidentissime, e allora alzo le mani e mi arrendo. Ma ti conservo ancora, anche perché sei vittima di una durissima rottamazione, quel tanto di stima personale che mi porta a escludere tu non ti sia accorto di te stesso, Giannini in action rottamatore di Verdini in conto a Renzi. Con quello che succede, sono piccolezze, ma di queste piccolezze è fatto anche il mestiere di noi battoni della stampa e dello schermo, bellimbusti e mezzibusti. Tanto ti dovevo, aspettando Gaddino e Michele che ci rispiegheranno l’islam e la camorra. Un saluto.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.