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Elezioni, ecco chi ha preso un palo

Luciano Capone
Propaganda e svarioni, ma nelle urne il M5s arriva sempre tre. E' impossibile tirare un primo bilancio in attesa dei ballottaggi? In realtà no. Ecco come districarsi tra i dati ingannevoli di Ballarò e Istituto Cattaneo.

Roma. Dopo ogni elezione si fanno bilanci e conte dei voti, ma è difficile districarsi tra propaganda e realtà. Come al solito hanno vinto tutti. Per Matteo Renzi, il Pd ha conquistato “quasi mille sindaci”, che però diventano 800 nelle parole del vicesegretario Lorenzo Guerini. Dall’altro lato il Movimento 5 stelle sul sacro blog dice di essere “la forza politica più votata” e che “il Pd sta scomparendo”. Chi ha ragione? Non resta che sentire gli esperti, che però non sembrano tanto affidabili. Ballarò ha diffuso un’analisi di Euromedia research che confronta i risultati delle comunali con quelli delle europee del 2014. Risultato: nelle 24 città capoluogo al voto, dem e grillini sono appaiati al 20 per cento con il centrodestra poco più indietro al 18, ma rispetto alle europee di due anni fa il Pd perde addirittura il 23 per cento, il M5s l’1 per cento e il centrodestra il 3 per cento. Non serve essere politologi o statistici per intuire che si tratta di un confronto senza senso. E di certo non lo fa diventare più serio il fatto che vengano calcolate le variazioni percentuali fino alla seconda cifra decimale, anzi. Innanzitutto è azzardato confrontare elezioni così diverse come europee e comunali (per esempio il M5s alle amministrative raccoglie in genere meno consensi, quindi il meno 1 per cento rispetto alle europee potrebbe essere in realtà un aumento dei consensi). Inoltre Ballarò conta solo i voti direttamente assegnati ai partiti principali, ma se la cosa va bene per il M5s che non si allea con nessuno, non funziona per gli altri partiti che si presentano con tante liste civiche collegate. Un caso emblematico è quello di Salerno, la città di Vincenzo De Luca, dove il Pd ha vinto col 70 per cento pur non presentando il suo simbolo. Si può sostenere, come fa Ballarò, che a Salerno il Pd ha preso zero voti?

 

Così, se secondo Ballarò ed Euromedia il Pd ha preso circa 700 mila voti, in realtà i suoi candidati sindaco ne hanno raccolti circa 1 milione e 200 mila. Infine non si comprende perché Euromedia metta a confronto due partiti, il Pd e il M5s, con una coalizione, il centrodestra, che peraltro è andato diviso in 8 città su 24 (una su tre).

 

Un’altra analisi ripresa da diversi media è quella di un centro di ricerca storicamente legato alla sinistra, l’Istituto Cattaneo di Bologna. Secondo il Cattaneo, facendo un confronto nelle principali città con i risultati delle politiche del 2013, il centrodestra guadagna 4 punti, il centrosinistra 1 e i 5 stelle ne perdono quasi 4. Il confronto è più omogeneo: si considerano le tre coalizioni (e non i partiti) che compongono il nostro sistema politico e quindi anche le varie liste civiche collegate. Ma anche in questo caso non mancano problemi metodologici. L’istituto considera solo 18 città su 24, escludendone quindi una su quattro, “a causa della non disponibilità tempestiva dei dati”. Non si poteva attendere qualche ora per avere un quadro più robusto e meno distorto? Inoltre, anche in questa analisi si confronta un’elezione nazionale, le politiche del 2013, con le amministrative, con gli stessi problemi di cui sopra. E pur ammettendo questa forzatura, non si comprende perché il Cattaneo non abbia usato come pietra di paragone le più recenti elezioni europee, quelle del famoso 40 per cento di Renzi, che avrebbero mostrato un calo molto più consistente del partito Pd. Tra l’altro solo un anno fa il Cattaneo aveva usato proprio le europee – e i voti assoluti anziché le percentuali – come termine di paragone rispetto alle regionali. Come mai il cambio di metodologia?

 

La fluidità e la frammentazione del sistema politico, oltre alla difficoltà di fare confronti tra elezioni locali e nazionali, rendono impossibile tirare un primo bilancio in attesa dei ballottaggi? In realtà no. Un metodo per stabilire in una certa misura chi ha vinto e chi ha perso o chi ha maggior radicamento territoriale c’è. E’ quello usato dal Centro italiano studi elettorali (Cise) della Luiss, che calcola per ogni coalizione il numero di vittorie e ballottaggi nei 132 comuni superiori. Il centrosinistra ha vinto in 11 comuni e va al ballottaggio in altri 83, il centrodestra ha conquistato 8 città al primo turno e va al ballottaggio in 60, mentre il M5s non ha vinto nessun comune e va al ballottaggio in 20. Naturalmente non tutti i comuni hanno lo stesso peso, Roma non vale quanto Anguillara Sabazia, e molto verrà deciso al ballottaggio. E’ difficile stabilire chi ha vinto e chi ha perso, ma questi dati scattano una fotografia abbastanza definita. Il centrosinistra, nonostante il calo e diversi grandi flop, è ancora la forza principale e con maggiore radicamento territoriale. Il centrodestra è competitivo e a livello elettorale sta molto meglio di quanto le crisi di leadership e i litigi facciano immaginare. Il M5s, nonostante sia considerato da molti come il vincitore morale delle elezioni, resta sempre la terza forza del paese.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali