Simone Uggetti, sindaco Pd di Lodi

Sinistra contro la sottomissione della politica alla giustizia interventista. Sorprese in rassegna stampa

Redazione
Cosa hanno scritto i giornali a proposito dell'arresto del sindaco di Lodi Simone Uggetti accusato di turbativa d'asta nella gara  appalto per la gestione delle due piscine comunali.

Francesco Merlo, in prima pagina su Repubblica, dopo aver parlato di "giustizialismo mesopotamico" a proposito dell'arresto del sindaco di Lodi:

 

La verità è che il sindaco di Lodi non dovrebbe stare in carcere. Se è colpevole sarà condannato ma non andava comunque arrestato, come ha già osservato ieri su questo giornale Gianluca Di Feo: bastava impedirgli di esercitare le funzioni, sequestrargli i computer, mettergli un braccialetto elettronico e, al massimo, costringerlo agli arresti domiciliari. E invece «la prigione è l’unica misura» perché — e di nuovo il linguaggio tradisce l’eccesso — «l’attuale progresso tecnologico impedisce di monitorare e controllare costantemente gli indagati...». E il ruolo politico «è conoscenza degli strumenti investigativi». E avanti così, con la psicanalisi in luogo delle prove, la semiologia in attesa dei riscontri, il tuono etico sul clic delle manette.
Nelle ultime righe dell’ordinanza il giudice rimprovera al sindaco di aver violato il patto con gli elettori, ed è un giudizio che davvero non compete a nessun magistrato. Il reato, ricordiamolo, è turbativa d’asta, per aver favorito nella gestione della piscina una società controllata a metà dal Comune. Prendeva i soldi per il Comune. La pena è da sei mesi a cinque anni. Il giudice invece lo vuole mandare all’Inferno.

 

Luciano Violante, già giudice, già presidente della Commissione Antimafia per il Pds e già presidente della Camera dei deputati, tratta così sul Corriere della Sera diretto da Luciano Fontana il rapporto tra giustizia e politica locale:

 

 

Si stanno intensificando le promesse di candidati sindaci alle elezioni romane di far controllare le proprie liste dalla Commissione antimafia o dal prefetto o dal presidente dell'autorità anticorruzione. Nessuna di queste autorità ha tra le proprie competenze il compito di attestare la legittimità delle candidature e sarebbe bene che tutti respingessero questi inviti, veri piatti avvelenati. Sono i partiti che scelgono e devono assumersi la responsabilità delle proprie scelte senza cercare scorciatoie o capri espiatori.

 

Emanuele Macaluso, già senatore e direttore dell'Unità, in una intervista al Messaggero si dice "colpito e preoccupato" per quanto avvenuto a Lodi:

 

A    Lodi    i    magistrati    hanno cambiato la legge e la Costituzione. Se quel sindaco ha commesso reato, la magistratura agisca, nessuno chiede impunità. Sono le motivazioni dell’arresto, che destano molte, molte perplessità, esulano dalla provincia lombarda e finiscono per investire i rapporti tra magistratura e politica e il modo stesso di procedere non di tutta la magistratura, ma di alcuni sicuramente sì". (…) Punto primo: il gip scrive che "la personalità negativa dei due imputati porta a ritenere con decisa verosimiglianza che gli stessi abbiano potuto sistematicamente gestire la cosa pubblica con modalità illecita”. Ma la Costituzione parla di presunzione di innocenza, qui siamo invece di fronte a presunzione di colpevolezza. O hai una prova di reato, e allora agisci, ma non puoi ”presumere” che sia stata tutta una gestione illegale. E’ inaudito.

 

Attilio Bolzoni, cronista d'assalto di Repubblica, che si occupa spesso di Sicilia e mafia, ecco cosa scrive infine in un commento sulla vicenda di Pino Maniaci:

 

Tutto questo deve far riflettere sulla strada che ha intrapreso negli ultimi anni l’Antimafia gridata, quella delle bandiere e della retorica, dei paroloni urlati nei cortei (o dagli schermi, nel caso di Maniaci) e degli accordi sottobanco stipulati in segreto, lontano da quelle migliaia e migliaia di ragazzi sparsi per l’Italia che continuano a credere alle invettive e ai sermoni dei tribuni di turno. Un’Antimafia dal doppio volto, che rischia di trascinare nel fango quel tanto di buono che si è riuscito a costruire dopo le stragi anche nell’antimafia sociale.

 

 

(a cura di Marco Valerio Lo Prete)

 

Di più su questi argomenti: