Renzi a San Casciano durante l'inaugurazione del nuovo stabilimento Laika (foto LaPresse)

Anno III E.R. (èra Renzi)

Redazione
Cose impensabili eppure avvenute in 24 mesi di Renzi (nel bene e nel male). Riforme e non solo: perché dal Jobs act alle aggregazioni editoriali, ci sono cose che non si può fare finta di non vedere.

All’alba dell’anno III E.R. anche il più smemorato fra i nostalgici ancien régime si ferma un momento, pondera, fa due conti, e infine scopre o ammette che in ventiquattro mesi l’Italia è cambiata parecchio. Forse in meglio, forse no. Fatto sta che a quel senso d’impaludamento, a quell’impressione di una vita pubblica sospesa nel rallenty delle insondabili inadempienze italiane cui ci avevano consegnati la coda di cometa berlusconiana, la parentesi tecnocratica di Mario Monti e il grigiore inerte dell’enricolettismo, è subentrato un potente acceleratore di particelle politiche. Il governo Renzi ha riformato il mercato del lavoro, investendo una buona parte del proprio capitale di consenso nella liberazione dall’articolo 18, e sta progettando un secondo livello d’azione centrato sulla contrattazione aziendale con l’ancoraggio dei salari alla produttività. Il governo Renzi ha potentemente modificato la “Costituzione più bella del mondo”, inverando e aggiornando così un azzardo riformatore avviato con tremori e raffiche di veti fin dai tempi della commissione Bozzi (primi anni Ottanta del secolo scorso). L’esecutivo renziano è anche intervenuto nel riassetto della governance Rai, nella riformulazione del sistema scolastico nazionale e dei Beni culturali; ha scardinato l’antica gestione feudale delle banche popolari; si sta affacciando convintamente nel cuore dei privilegi e delle storture presenti nel sistema giudiziario. Ognuno di questi dossier, da quello costituzionale in giù, ha rappresentato nel tempo un tabù sul quale fior di aspiranti sbullonatori hanno misurato la dolorosa distanza tra le proprie friabili velleità e la caratteristica durezza del fatto compiuto, marmorizzato.

 

Forse sbagliamo, ma non sembra casuale che proprio in un simile contesto siano maturate altre due piccole rivoluzioni copernicane, il cui prologo sta anche e sopra tutto nell’irruzione dello strano capitalista (strano per l’Italia) Sergio Marchionne alla guida di Fca. Ci riferiamo alle aggregazioni editoriali che nel gergo comune, anche quello internazionale ormai, vengono chiamate Mondazzoli (Mondadori+Rizzoli) e Stampubblica (Repubblica+Stampa). Che le si osservi come idee geniali o come la sommatoria di bilanci che zoppicano, poco importa, conta che siano sfuggite alla gabbia mentale dell’impossibilità. Certo che non basta per gridare al miracolo italiano. Ci sono altre gattacce da pelare: le clausole di salvaguardia fiscale (rottamare Bruxelles), la questione migratoria (rottamare Dublino), l’incognita previdenziale (emendare Fornero), la revisione della spesa (rottamare gli italiani?) e, se vogliamo cavillare, perfino il conflitto d’interessi. Eppure, si può dire quel che si vuole sull’èra renziana, in bene o in male, ma non si può fare finta di niente.