Foto di Kateryna Klochko, AP Photo, via LaPresse 

piccola posta

Nella voce di una donna tutto il culto eroicista e virilista della guerra

Adriano Sofri

"Questa guerra mi ha preso l’anima, mi ha preso il cuore. Forse canterei in modo diverso se fossi a Bakhmut. Ma non sono lì, sto bene e mi piace tutto. E me ne vergogno". I paradossi contemporanei e lo spirito ucraino

Ho pubblicato ieri un resoconto dell’indignazione sollevata in Ucraina da un post sul Fb di una giovane donna, che deplorava il modo in cui il soldato ucraino del famigerato video aveva affrontato il supplizio. L’insopportabile post era tuttavia esemplare, perché toccava insieme due nervi scoperti dello spirito pubblico ucraino: l’impulso a un nazionalismo oltranzista, e il culto di un’abnegazione eroica e virilista. L’autrice del post denunciava l’uso della lingua russa nell’implorazione della vittima, sfidando oltretutto il buon senso, dal momento che il torturato parlava a carnefici russi e probabilmente era lui stesso russofono.

E l’autrice pretendeva di insegnargli come si muore, nella posa dei monumenti, o del film “Braveheart”… La valanga di reazioni indignate, offese, arrabbiate ha mostrato un sentimento largo di compassione e di apertura, un’affermazione del diritto a essere deboli e spaventati nel momento stesso in cui si paga con la vita la difesa della propria gente; e del diritto a parlare la propria lingua, senza doverla rinnegare in pro di un nemico che se ne fa lui indegno. Ho ritenuto rivelatrice questa testimonianza venuta da un episodio raccapricciante, preziosa a segnare il non facile confine fra un nazionalismo esoso e l’amor di patria. 

Sono le questioni che occupano i pensieri di chi abbia scelto nettamente da che parte stare nella barbarie dell’aggressione all’Ucraina. La guerra esalta nazionalismo ed eroicismo, nel linguaggio più ancora che nei fatti. Questa guerra in modo specialmente atroce, per la pretesa russa di decretare gli ucraini fratelli minori, poi fratelli imbastarditi, infine fratelli da castigare a morte per il sacrilegio della disobbedienza. La ferocia di questa guerra è arrivata non a caso a emulare, sia pur coi suoi dilettanti, l’efferatezza programmatica dello Stato islamico. Stupida sempre, la sentenza che vuole sentirsi morale ed equanime del “È la guerra, bellezza”, è solo vergognosa.

Vorrei darvi un campione del culto eroicista e virilista, e delle avventure del suo linguaggio, ancora una volta, per paradosso, con una voce di donna. Non ne faccio il nome, non importa: ha una notevolissima retorica, vasta notorietà e seguito. Suo padre, a lungo prigioniero nel Gulag, fu difensore dei diritti umani. Non la cito per disapprovare o approvare: aggiungo un esempio all’esperimento di mettersi nei panni degli altri.  

“Io sono immorale. La morale è che siamo in guerra per difendere il paese. Ma io sono immorale perché ammetto che mi piace la mia vita in guerra, cioè combattere... L’unica cosa che mi rende molto nervosa e mi fa arrabbiare è quando non riusciamo a sparare a nulla per molto tempo. La cosa peggiore è smontare e trascinare indietro 30 kg di un razzo non sparato… Amo il mio plotone, la nostra comunicazione, i nostri scherzi, la nostra ‘grotta’, il nostro speciale rapporto di fratellanza… Mi piace camminare per i campi sulle mine, anche se ho paura. Ma allora tutti i miei sensi sono attivati al massimo ed è uno stato speciale. Mi piace correre all’impazzata quando ci sono arrivi nelle vicinanze e un drone mi ronza sopra... fare dei passi attraverso la paura porta un piacere speciale quando si torna alla ‘caverna’… Mi piace cercare libri sopravvissuti in edifici e biblioteche bruciati e leggerli sepolti nel mio sacco a pelo alla luce di una torcia… Ricordo di aver letto, quando ero bambina, della genialità dell’igloo eschimese innevato, che la temperatura non scende sotto lo zero e si può viverci.

Ora so davvero che è possibile… Ho trovato un’intera attrezzatura sportiva nella scuola distrutta. Faceva molto freddo, ma ero lì come una capretta a saltellare per la palestra con una palla, spogliata fino alla biancheria intima termica, lanciando la palla nel canestro, e i vetri rotti scricchiolavano sotto i miei piedi, ed ero davvero in una specie di euforia, perché avevo caldo nel freddo, mi sentivo leggera ed energica, e avevo forza nei muscoli… Adoro la prima volta che accendo il monitor Stugna / lo Stugna è un missile guidato anticarro ucraino da 100 mm /, mi guardo attorno in quegli spazi come una regina da un’alta montagna: il mondo intero è alla mia mercé.

Ho sempre amato salire su una montagna per scrutare il mondo intero. E ora posso farlo 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Mi piace quando tutti i puzzle si compongono e sparo. Oh, sì, adoro sparare… E’ difficile da spiegare a parole. Amo la sensazione che si prova quando si è divisi a metà dal dubbio se sparare o non sparare. E poi l’impulso è ‘spara’, premi il pulsante rosso e non puoi più tornare indietro… Un secondo dopo il ‘click’, sento un ‘thud’, un lungo e potente ‘thud’, mentre il razzo viene lanciato. E’ il momento che amo di più. Si lancia come un razzo verso Marte, ovunque siamo seduti: uno accanto all’altro nella trincea, nel seminterrato, nella cantina, lo sentiamo con tutto il corpo, così potente come se fosse Guerre Stellari, e il mio sistema nervoso si connette con il razzo e il mio sangue esplode... E niente è paragonabile all’esplosione di un carro armato, quando la granata accelera nella corazza e l’esplosione è più alta dell’albero…

Mi piace la mia uniforme militare cucita, logora ma comoda, e il modo in cui la indosso. Mi piace la mia pelle e le mie unghie forti che non hanno bisogno di manicure. Mi piace che le mie mani siano coperte di graffi e sporcizia, che non debba nasconderle come facevo quando non avevo tempo di rinnovare la lacca. Ricordo che da bambina mi piaceva il mio aspetto quando indossavo una gonna e dei calzettoni bianchi e le mie ginocchia erano piene di lividi, con croste scure di sangue… Per qualche motivo, pensavo che fosse bello, che mostrasse carattere. Ora sono nel mio elemento… Spesso ringrazio Dio perché mi piace. Sono grata di avere ancora un po’ di giovinezza. Sono grata di avere un po’ di talento. Sono grata che mi abbia dato quasi un anno di questa vita.

Ma perché mi ha fatto femmina? Questa è l’unica cosa per cui non sono grata. Non si tratta di discriminazione, e nemmeno del fatto che da maschio avrei avuto più qualità necessarie, come la forza fisica… Si tratta del fatto che sembro ancora più immorale a me stessa, che mi piace tutto questo.

Ho una figlia che è il sole del mattino e un figlio che è un coniglietto luminoso. Li amo molto. E sono una mamma. Una mamma che ha tanto bisogno dei suoi figli… E questa guerra mi ha preso l’anima, mi ha preso il cuore. Forse canterei in modo diverso se fossi a Bakhmut. Ma non sono lì, sto bene e mi piace tutto. E me ne vergogno”.

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