Il presidente russo Vladimir Putin (LaPresse)

Piccola posta

Il gioco delle parti nella Proxy War e la differenza fra gli umani dei due fronti

Adriano Sofri

Mentre gli invasori sono in fuga e la controffensiva ucraina avanza, vengono al pettine tutte le contraddizioni dei sostenitori della guerra per procura. Gli ucraini combattono per sé, mentre i russi combattono per Putin

La nozione di Proxy War, guerra per procura, ha trovato molti adepti, un po’ perché a volte ha qualcosa di attendibile, soprattutto perché esaudisce il desiderio di trattare tutto ciò che avviene come manovrato da lontano. E permette a ciascuno di collocare il suo “da lontano” dove preferisce. Nel caso dell’Ucraina, negli Stati Uniti (o nella Nato, intesa come sinonimo degli Stati Uniti). Effetto piuttosto ovvio, dal momento che la guerra di Putin non può chiamarsi per delega, mossa com’è direttamente e brutalmente da lui. (A parte il lapsus lessicale dell’operazione speciale). Gli Stati Uniti di Biden hanno senz’altro mostrato di avere un forte interesse alla resistenza ucraina, inimmaginabile certo per gli Stati Uniti di Trump.

Questo deve intanto far riconoscere come esistano almeno due Stati Uniti, due Case Bianche, capaci di comportamenti opposti su questioni decisamente grosse. Non è detto che le due versioni coincidano con la differenza fra repubblicani e democratici. E’ stato Obama a regalare la Siria a Putin, fornendo peraltro così una forte motivazione alla sua sicumera aggressiva. E’ stato Biden a sbrigare il vergognoso ritiro dall’Afghanistan, che ha peraltro fornito un’altra golosa motivazione alla sicumera aggressiva di Putin. Dunque sembrerebbe rimanere solo la versione della “guerra per procura” degli Usa di Biden e della Nato loro sinonimo. Dall’altro lato, per attribuire a Putin la guerra per procura bisognerebbe indicare come suoi “delegati” i soldati russi mandati a combattere in Ucraina, interpretazione che forzerebbe il concetto di guerra per procura, ma andrebbe vicinissima alla realtà. 

Ora, l’idea della guerra per procura che piace tanto e a tanti come un coltellino a serramanico svizzero, ha una complicazione, se si voglia sfuggire alla predilezione ideologica e misurarsi coi fatti: che il procuratore – nella ipotesi vigente gli Usa e la Nato – ha bisogno, per sbrigare la pratica, del procurato, o insomma di quello che la guerra per lui la combatte. Dei famosi stivali sul suolo. I procurati nel nostro caso sono gli ucraini, e precisamente: Zelensky, loro presidente, i volontari e i militari professionali che combattono, gli uomini che aspettano di essere mobilitati, la gente civile che li sostiene. Non solo non è gentile, ma è imbecille pretendere che tutte e tutti costoro – la gran maggioranza di un popolo grande di un grande paese – si facciano imbambolare dal desiderio di Biden eccetera di condurre una gran guerra per procura. Bisogna almeno assegnare a questo complesso, da Zelensky alla gran maggioranza degli ucraini, una quota societaria del 50 per cento nella guerra per procura. Biden vorrà speculare su una guerra che tenga in scacco la Russia e avverta la Cina, sulle elezioni di midterm, sul suono del necrologio che lo aspetta di qui a non moltissimo, ma gli ucraini vogliono altrettanto (molto di più in realtà) tenersi la propria libertà e indipendenza, cacciare dalla propria terra gli invasori armati e dalle proprie teste l’incubo di un padrone come Putin. Putin li ha invasi, dunque si sono trovati in una condizione di necessità estrema, e non potevano che fare ricorso all’aiuto internazionale – di Biden, degli Usa, della Nato, ma anche di parecchi altri supposti complici della guerra per procura, anch’io, per esempio, che non è molto, ma nemmeno poco. Potevano arrendersi, ma non l’hanno fatto, e hanno deciso di battersi “alla morte” in una guerra per procura che, dal loro punto di vista vuol dire che gli Usa, la Nato, la Ue, sono i loro “procurati”. Hanno accettato di usarli, e di usare il loro vero interesse (a non regalare a Putin qualcosa di molto più della Siria o della Crimea o della Georgia: a non regalarsi a Putin, come stavano già distrattamente facendo da tempo) per condurre la propria Guerra per procura. Se no, Zelensky se la sarebbe squagliata, com’è provato che i presunti “procuratori” americani gli chiedevano energicamente di fare. Anche gli insultatori di mestiere che vedono in lui solo un burattino devono pur riconoscere che si è trattato di un burattino capace di far ballare al proprio filo il presunto burattinaio. 

Tutto questo ragionamento è così evidente che l’ho riassunto senza la minima fiducia di indurre qualcuna o qualcuno a ripensarci su. Il pensiero è fuori luogo al giorno d’oggi, la pandemia l’ha mutilato, la guerra di Putin l’ha fatto stramazzare. L’ho riassunto per un’altra ragione. Gli ucraini hanno appena realizzato una controffensiva, come si chiama, di ingente portata. Decisiva, definitiva? Ma no, come si fa a dirlo, Putin è ancora là, i suoi magazzini sono ancora strapieni di proiettili imprecisi, cioè i proiettili più preziosi quando non si sa né contrattaccare né difendersi dignitosamente, e si deve soprattutto colpire nel mucchio, indiscriminatamente. Lo facevano già, figurarsi ora. La strada della liberazione è lunga, come sanno gli ucraini, e come dice Biden, al quale si può attribuire di volerla lunga per tenere Putin al guinzaglio della guerra infinita. Ma l’avanzata ucraina è avvenuta, e la fuga, la rotta di un buon numero di militari russi è avvenuta. Tra le reazioni stizzite – mi piace chiamarle così, è appropriata, la meschinità della stizza, agli inetti alla tragedia – una delle risorse cui appigliarsi è la diminuzione della portata del fatto: “Cento chilometri? Ma sapete quanto è grande l’Ucraina?”, o la sua riduzione alla merceologia: “E’ solo merito degli Himars, se i russi facessero altrettanto…”.

Ecco che la guerra per procura, dai suoi due lati, mostra bene la sua (almeno) reciprocità: perché è vero che gli armamenti e l’intelligence sofisticati forniti da Biden, la Nato eccetera sono determinanti, e gli ucraini sono i primi a sottolinearlo, a ringraziare e a chiederne di più, i procurati procuratori; ma è vero che senza di loro, i combattenti e la gente che sta loro dietro, gli Himars e il resto potrebbero arrugginire nei garage dell’occidente. Siamo al nocciolo della guerra per procura: la differenza fra gli umani dei due fronti. Gli ucraini, la loro avanzata. I russi, la loro fuga. Non sono coraggiosi i primi e codardi i secondi. Sanno per che cosa e per chi combattono i primi – per ciò che hanno di più caro, per sé – e sentono per che cosa dovrebbero combattere i secondi – per perdere ciò che hanno di più caro, e sé. I secondi stanno combattendo una guerra d’altri – per procura.  Quando ho cominciato a scrivere questa piccola posta da panchina non sapevo dove sarei arrivato, ma ho avuto fortuna. Sono arrivato a dimostrare, fosse pur solo a me stesso, che la guerra d’Ucraina è una Proxy War: una Guerra per procura.